Norme confuse e problemi con la rete, i maggiori ostacoli alla diffusione delle rinnovabili

I risultati di un rapporto della Commissione europea sui freni alla diffusione delle fonti rinnovabili negli Stati membri. Tra le barriere identificate dominano le questioni burocratiche-amministrative e i problemi legati alla rete. Le raccomandazioni.

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Le ragioni principali della ancora troppo scarsa diffusione delle energie rinnovabili in Europa sono dovute alle barriere non tecniche.

Fra queste, spiccano le lungaggini autorizzative e i problemi legati alla rete, seguiti dalla carenza di modelli di business adatti, dalla debolezza dei regimi di sostegno e dalle barriere all’ingresso nel mercato.

È quanto emerge da RES Simplify, il rapporto finale della Commissione europea sullo sviluppo di politiche per la semplificazione e l’implementazione delle procedure amministrative riguardanti gli impianti a fonti rinnovabili.

“Le questioni amministrative e i problemi della rete rappresentano circa il 46% di tutte le barriere identificate e si prevede che questa percentuale possa aumentare in futuro. Per alcune tecnologie, come l’eolico e il fotovoltaico, sta emergendo una tendenza per cui le barriere amministrative diventano ancora più cruciali di quelle politiche connesse ai meccanismi di sostegno”, si legge nel rapporto, consultabile dal link in fondo a questo articolo.

I modelli di business e la sostenibilità economica, per quanto importanti, pesano meno sulla rapidità di sviluppo delle rinnovabili, in quanto il business è oggi meno dipendente rispetto al passato dai regimi di sostegno, oltre al fatto che i costi di produzione delle tecnologie diminuiscono e le imprese trovano nuovi sbocchi di mercato nei contratti di compravendita di energia (PPA).

Quando si verificano questi cambiamenti di mercato, sono gli altri ostacoli, soprattutto quelli amministrativi, a diventare più visibili e rilevanti, secondo la Commissione.

Gli ostacoli principali

Gli ostacoli più comuni sono, come detto, sono le lungaggini burocratiche, i processi non trasparenti, la mancanza di coerenza giuridica, un quadro normativo incompleto e vago, che porta a interpretazioni diverse della legislazione da parte delle autorità competenti e degli operatori.

In alcuni Paesi, la mancanza di un’adeguata pianificazione territoriale è inoltre un problema particolarmente grave; si pensi alla questione ancora irrisolta in Italia delle aree idonee.

Ciò costringe a volte gli sviluppatori a richiedere la modifica della destinazione d’uso dei terreni, con notevoli perdite di tempo e risorse e grossi ritardi dei progetti.

Altro problema si verifica quando le autorità usano i piani territoriali per proibire la diffusione di alcune tecnologie, come l’eolico.

Le restrizioni sulla distanza sono una barriera particolarmente difficile da superare, che rende quasi impossibile la diffusione dell’energia eolica in alcune regioni, secondo la Commissione.

A volte i piani territoriali disegnati in maniera non chiara prestano il fianco a molteplici ricorsi da parte di soggetti o comitati locali che intendono impedire i progetti previsti.

C’è poi è la mancanza di personale amministrativo preparato per valutare i progetti, soprattutto nei Comuni, ma anche a livello regionale.

La maggior parte dei Paesi dell’Ue non ha inoltre ancora digitalizzato i processi autorizzativi e molte pratiche richiedono ancora una macchinosa documentazione cartacea.

La mancanza di procedure semplificate per il repowering è un ulteriore ostacolo, soprattutto nel caso di progetti eolici e idroelettrici onshore. Il repowering, anche con modifiche minime, è soggetto alle stesse lunghe procedure di approvazione tipiche dei nuovi impianti in quasi tutti gli Stati membri.

Beni pubblici in conflitto

Politiche pubbliche che remano in direzioni opposte, mettendo in conflitto le diverse priorità, sono il secondo principale ostacolo alla diffusione degli impianti rinnovabili, spiega la Commissione.

Ciò vale in particolare per l’energia eolica, geotermica, idroelettrica e per il fotovoltaico.

I problemi più importanti legati ai “beni pubblici in conflitto” sono rappresentati da normative ambientali contraddittorie e contrasti per l’uso del territorio, riferiti anche a questioni militari o di difesa aerea.

Bisognerebbe invece evitare conflitti fra legislazione climatico/energetica e legislazione sull’ambiente, riguardante, per esempio, la biodiversità, la protezione della fauna, delle risorse idriche, eccetera.

Le questioni militari e di difesa aerea sono rilevanti per i progetti eolici (sono un problema soprattutto nell’Europa nord-orientale). Nel caso dell’energia idroelettrica e geotermica, i problemi derivano dai conflitti con la Direttiva quadro sulle acque.

Gli stakeholder del settore riconoscono generalmente il valore dei beni pubblici citati, ma le loro critiche sono rivolte soprattutto ai processi che dovrebbero trovare un punto di equilibrio fra beni pubblici diversi.

Le terze parti

Le questioni delle terze parti, cioè dei terzi interessati al progetto e ai suoi impatti, si riferiscono agli ostacoli legati alla mancanza di sostegno da parte dei decisori politici, e all’opposizione strumentale da parte di istituzioni pubbliche o private, o degli stessi cittadini.

Le motivazioni di tale opposizione variano e, in linea di massima, si possono individuare tre tipi di resistenza:

  • individuale da parte di gruppi di persone particolarmente interessate (ad esempio i vicini o i gruppi ambientalisti con una preoccupazione specifica);
  • da parte di gruppi interessati dal punto di vista commerciale, le cui proteste sono legate principalmente alla volontà di ottenere guadagni finanziari;
  • da parte di gruppi organizzati che si oppongono a certe tecnologie o alle energie rinnovabili in generale; sono di solito gruppi piuttosto piccoli, ma spesso “rumorosi” e possono quindi, in una certa misura, orientare l’opinione pubblica.

Le questioni dei terzi possono portare a procedimenti civili in tribunale. In questi casi, il sovraccarico delle strutture giudiziarie può aggravare questi ostacoli, soprattutto perché l’articolo 16 della Direttiva RED II non tiene conto dei ritardi dovuti ai procedimenti giudiziari quando stabilisce scadenze specifiche per gli iter amministrativi.

I problemi della rete

I problemi legati alle connessioni alla rete sono meno diffusi rispetto alle questioni amministrative. Tuttavia, possono avere un forte impatto e bloccare la diffusione delle energie rinnovabili in alcuni Stati membri.

I principali problemi di connessione alla rete derivano molto spesso dall’inadeguatezza della capacità di rete, che porta a discussioni e trattative sulle modalità di connessione e sui costi, con ritardi nei progetti.

Un’altra fonte di lentezza per le rinnovabili deriva dai contrasti con i gestori delle reti di distribuzione e trasmissione per l’interpretazione dei regolamenti tecnici, l’accesso ai dati o la ripartizione dei costi di connessione.

Migliori pratiche e consigli

Il rapporto contiene un lungo elenco di raccomandazioni basate sulle migliori pratiche per cercare di risolvere i problemi identificati. Le raccomandazioni sono raggruppate in sette categorie:

  1. Comunicazione e processi amministrativi
  2. Guida e buone pratiche
  3. Fornitura centralizzata di informazioni
  4. Misure di partecipazione e accettazione
  5. Procedure semplificate
  6. Priorità chiarita per le FER nei processi amministrativi
  7. Infrastruttura IT

Per approfondire queste raccomandazioni e migliori pratiche, consigliamo di consultare il rapporto della Commisione (cap.6, da pag. 126).

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