Nel 2100 rischio di temperature e ondate di calore da record in più di mezzo mondo

Un nuovo studio prova a stimare gli effetti dei cambiamenti climatici sull’intensità e la frequenza dei picchi di calore in caso di un aumento continuo delle emissioni.

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Il caldo sarà sempre più da record in buona parte del mondo, se le concentrazioni di gas serra nell’atmosfera continueranno a crescere.

E più saranno intensi e frequenti gli eventi meteorologici estremi come le ondate di calore, “maggiore sarà la possibilità di spingere gli ecosistemi e le comunità oltre la loro capacità di resistere” (traduzione nostra dall’inglese), si legge nella presentazione di un nuovo studio sugli impatti dei cambiamenti climatici, Setting and smashing extreme temperature records over the coming century (qui un estratto).

Gli autori della ricerca hanno utilizzato differenti modelli climatici per stimare la probabilità che le temperature raggiungano dei picchi nelle varie regioni del mondo.

In particolare, hanno esaminato due possibili scenari futuri definiti dall’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change, l’organismo delle Nazioni Unite che studia l’evoluzione del clima): uno scenario presenta concentrazioni molto elevate di gas-serra entro la fine di questo secolo, l’altro invece presuppone di contenere il surriscaldamento globale sotto 2 gradi centigradi.

Ebbene, i risultati dei modelli mostrano che nello scenario che prevede un aumento continuo delle emissioni di gas climalteranti, il 58% del nostro Pianeta potrebbe essere interessato da un nuovo record di temperatura massima almeno una volta l’anno entro il 2100.

Ma se il global warming rimarrà sulla soglia dei 2 gradi, come previsto dagli accordi internazionali di Parigi, le zone esposte ogni anno alle ondate di calore fuori scala saranno molto più ristrette, perché si parla in questo caso del 14% del Pianeta.

E saranno le fasce tropicali quelle più colpite dalle temperature “estreme”, così come saranno i paesi più poveri quelli più colpiti in assoluto da queste impennate di caldo.

Inoltre, aggiunge la ricerca, lo scenario con elevate concentrazioni di gas-serra include una probabilità molto più alta per i cosiddetti “record-smashing”, cioè record di temperature che battono quelli precedenti con un ampio scarto (almeno mezzo grado in più).

La tendenza, insomma, è di un aumento delle temperature medie con una maggiore frequenza e intensità di ondate di caldo sempre più infuocato, soprattutto nei paesi in via di sviluppo nelle regioni tropicali.

Così non poteva mancare qualche incursione nel catastrofismo climatico, testimoniata da un recente studio dell’organizzazione australiana Breakthrough – National Centre for Climate Restoration, in cui si afferma addirittura che il cambiamento climatico rappresenta una minaccia alla stessa civiltà umana: si parla di “existential risk to civilisation” a causa delle conseguenze devastanti degli eventi estremi.

Tuttavia, gli scienziati di Climate Feedback che hanno esaminato e commentato quel documento (è un gruppo no-profit che accerta la fondatezza degli studi sul clima e del modo in cui vengono riportati dalla stampa), sostengono che bisogna essere molto cauti nel discutere la possibilità di un rapido collasso dell’intera popolazione umana, o quasi.

Il punto, infatti, secondo Climate Feedback, è che lo studio australiano è allarmista e fuorviante (alarmist, misleading) perché gli attuali modelli climatici non sono in grado di prevedere con esattezza quale sarà la “risposta” complessiva del Pianeta alle crescenti concentrazioni di gas-serra.

In particolare, nessuno è in grado di spiegare quanto incideranno sul global warming quei feedback naturali, come lo scioglimento dei ghiacci e la riduzione delle foreste, che rappresentano una notevole incognita per le analisi sull’evoluzione delle temperature medie terrestri (vedi qui).

Certo non ci sono dubbi, sotto il profilo scientifico, che il cambiamento climatico antropogenico stia accelerando, che il Pianeta si stia scaldando e che gli eventi estremi stiano diventando sempre più una “nuova normalità”.

Quindi il messaggio, proviamo così a riassumere l’attuale dibattito sui diversi scenari futuri, è che senza una rapida e drastica diminuzione delle emissioni di CO2, le conseguenze potranno essere catastrofiche per un numero elevato di persone (milioni, miliardi?) su scala globale: siccità, mancanza di cibo, devastazioni di interi ecosistemi, aree che diventeranno inabitabili, e così via.

Comunque la si metta, va applicato il principio di precauzione.

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