Sebbene il trasporto privato, pubblico e commerciale sia destinato a una progressiva elettrificazione, nell’opinione pubblica resta una diffusa perplessità nei confronti delle nuove tecnologie elettriche che spesso sfocia in un rifiuto totale.
Un atteggiamento alimentato anche da una campagna di disinformazione che vuole convincere gli utenti che i veicoli elettrici siano inutili, dannosi e persino pericolosi.
Ecco perché che l’Italia si ritrova a essere il fanalino di coda tra i paesi occidentali nella diffusione dei veicoli elettrici.
A chiarire questa, per certi versi, contrastata futura rivoluzione, ci viene in aiuto l’ultimo libro di Ugo Bardi, dal titolo “Il futuro del trasporto. Come la mobilità elettrica cambierà la nostra vita” (LuCe Edizione, pp. 298).
Chimico di formazione e docente presso l’Università di Firenze fino al 2022, Bardi pubblica un testo accessibile anche ai non addetti ai lavori, grazie alla capacità di collegare concetti tecnici alla sua esperienza diretta nel settore.
Il libro, articolato in dieci capitoli, traccia un percorso che analizza la mobilità elettrica in Italia, dalle tappe già compiute alle tecnologie attuali, fino alle prospettive future.
L’autore apre e chiude il testo smascherando alcune tra le più classiche fake news come ad esempio: “le auto elettriche prendono facilmente fuoco”, “le batterie sono inquinanti e difficili da smaltire”, “il cobalto necessario è estratto sfruttando bambini africani”, “le batterie non funzionano al freddo” e “i veicoli elettrici, essendo silenziosi, sono pericolosi per i pedoni”.
Tra i vari temi trattati, un capitolo è dedicato alla tecnologia e ai tipi di veicoli elettrici, dai monopattini alle biciclette, dagli scooter alle auto, fino ai mezzi di trasporto pubblico come gli autobus elettrici.
Tra questi mezzi spicca la microvettura elettrica, veicolo a quattro ruote generalmente a due posti, molto leggera, con un’autonomia tra 50 e 100 km. Un mercato in crescita che, secondo Bardi, si distingue per la praticità e il costo contenuto.
Questo veicolo può essere un’alternativa all’automobile tradizionale per una mobilità urbana silenziosa e a zero emissioni. Ma è proprio il suo basso costo che la rende poco appetibile ai costruttori che tendono a privilegiare veicoli più grandi e pesanti, capaci di garantire margini di profitto più elevati. Ma visto che alla fine il mercato è guidato dalle scelte dei consumatori, secondo Bardi, è probabile che in futuro le microvetture diventeranno una presenza sempre più comune nelle nostre città.
Non manca poi nel libro un approfondimento su ambiti più specifici, come le competizioni motoristiche, il trasporto marittimo e quello aereo.
Il testo si sofferma anche su settori meno tradizionali, come l’agricoltura, descritta da Bardi come una “tecnologia per trasformare combustibili fossili in cibo”, in riferimento al suo uso intensivo di combustibili fossili. E, sebbene non entri nel dettaglio dell’elettrificazione dei grandi macchinari agricoli, l’autore racconta la sua esperienza con il progetto europeo “Ramses”, che ha portato alla realizzazione di un prototipo di veicolo agricolo leggero alimentato interamente da energia solare.
Un altro tema di nicchia trattato è il retrofit elettrico, ossia la conversione di veicoli tradizionali in elettrici. Bardi racconta le difficoltà incontrate da questa soluzione in Italia, dove burocrazia e resistenze economiche ne ostacolano la diffusione (Retrofit elettrico: come le officine meccaniche diventano “meccatroniche”), nonostante alcuni esperimenti riusciti.
Un altro aspetto interessante è quello dedicato ai cosiddetti “pentiti dell’idrogeno“, termine coniato da Bardi per descrivere coloro che, come lui, hanno inizialmente creduto nel potenziale dell’idrogeno, per poi rendersi conto che la sua complessità lo rende irrilevante come soluzione ai problemi attuali.
Proprio su questi ultimi aspetti, ne abbiamo parlato direttamente con l’autore.
Professor Bardi, è possibile, e in che modo, accelerare la transizione energetica dei mezzi agricoli?
“È possibile, certamente, ed è vitale che lo si faccia il prima possibile come parte della generale elettrificazione della società. Purtroppo, in agricoltura ci si scontra spesso con atteggiamenti molto conservativi nel senso che “si è sempre fatto così, e non vogliamo cambiare. Ci si scontra anche con vari sussidi erogati alle tecniche tradizionali, che fanno sì che gli operatori agricoli rimangano ancora attaccati ai mezzi a motore termico.
Anni fa, insieme ad altri colleghi, avevamo sviluppato un trattore elettrico chiamato ‘Ramses’ che dimostrava che un’agricoltura non basata sui combustibili fossili era possibile. Ma era troppo presto. Però ora potrebbe essere il momento di ritornare su quell’idea”.
In Italia esistono le condizioni per rilanciare il retrofit elettrico e, soprattutto, per immettere sul mercato veicoli retrofittati?
“Il retrofit elettrico è un’idea che è nata in un momento in cui non c’erano molti veicoli elettrici disponibili sul mercato. Fatti i dovuti conti, era conveniente retrofittare i veicoli esistenti piuttosto che buttarli via. In Italia, l’idea era stata lanciata da Pietro Cambi e altri con il suo ‘cinquino elettrico’, un mezzo dimostrativo che funzionava molto bene e ha girato per le strade in Italia per qualche anno.
Purtroppo, l’idea di retrofittare si è scontrata sia contro la burocrazia ipertrofica italiana, sia contro il concetto che l’economia deve funzionare buttando via le cose vecchie e comprandone di nuove. È un’idea obsoleta, ma purtroppo è ancora parte del modo di pensare di molta gente. Quindi, il retrofit è stato osteggiato in tutti i modi possibili e, al momento, non trova molto interesse sul mercato. Pertanto, direi che è un’idea da tenere presente, ma per la quale bisogna aspettare una diversa situazione di mercato e di atteggiamento”.
Nei prossimi 20 anni saremo ancora “pentiti dell’idrogeno” o intravede scenari in cui questa tecnologia potrebbe affermarsi come una soluzione persino migliore rispetto ai veicoli elettrici a batteria?
L’idrogeno è utile ai politici per applicare la strategia di Bertoldo che, notoriamente, una volta condannato a morte per impiccagione aveva chiesto e ottenuto la grazia di poter scegliere l’albero al quale essere appeso. Ovviamente, aveva scelto quelli che crescono sulla Luna. L’idrogeno ha la stessa funzione politica: è l’equivalente degli alberi che crescono sulla luna, scelto come obiettivo, sapendo benissimo che non lo potremo mai ottenere.