Metanizzazione, l’Arera dice no ai rimborsi integrali e automatici a spese degli utenti

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L'Autorità contesta l'art. 114-ter del decreto 34/2020: dà per scontato che metanizzare sia la soluzione più conveniente e rischia di pesare sulle tasche dei consumatori e sulle future bollette.

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No ai rimborsi integrali e automatici, a carico degli utenti finali in bolletta e senza analisi preventive sui costi-benefici, per gli investimenti fatti dagli operatori sulle reti gas in alcune aree del Paese, ad esempio nei comuni montani.

Questa, in estrema sintesi, la posizione Arera sul decreto legge 34/2020 (art. 114-ter), poi modificato dalla legge di conversione 77/2020, in merito alle gare per il servizio gas e alla metanizzazione in determinate zone della Penisola. Posizione che non poteva essere più contraria agli orientamenti del legislatore nazionale.

Tanto che questo articolo è definito “manifestamente irragionevole” nel documento per la consultazione 337/2022 che affronta il tema e conferma la volontà di non applicare la norma.

Il regolatore, infatti, sottolinea che la norma contestata (neretti nostri in tutte le citazioni) “pone in capo all’Autorità un obbligo di riconoscere un’integrale copertura tariffaria degli investimenti relativi al potenziamento o alla nuova costruzione di reti e impianti in comuni metanizzati o da metanizzare in specifiche località del Paese [in particolare nei comuni in zona climatica F e classificati come montani, ndr]. A tal fine, la medesima legge introduce una presunzione assoluta che sancisce, come se fosse stata positivamente verificata, l’efficienza e la convenienza per i consumatori (in termini di costi-benefici) degli investimenti compiuti nelle predette località, superando la regola generale prevista per gli sviluppi infrastrutturale delle reti di distribuzione del gas naturale, che, come visto, richiede appunto lo svolgimento di analisi costi-benefici“.

In sostanza, la norma impedisce alla stessa Autorità di applicare i tetti agli investimenti, ai fini dei riconoscimenti tariffari agli operatori gas, mentre questi riconoscimenti dovrebbero essere subordinati agli esiti di specifiche analisi dei costi e benefici associati alle opere realizzate.

E ciò rischia di pesare parecchio sulle tasche dei consumatori e sulle future bollette, soprattutto nel quadro geopolitico attuale, con i prezzi del gas alle stelle e un generale ripensamento delle politiche di approvvigionamento energetico, che puntano sulle rinnovabili e mettono in dubbio ulteriori investimenti nella metanizzazione.

Difatti, evidenzia il documento Arera, la norma “crea un grave squilibrio nella disciplina regolatoria tariffaria, con un conseguente incremento delle tariffe e dei connessi oneri posti a carico dei clienti finali, chiamati a sostenere tariffariamente il costo di infrastrutture sviluppate nonostante comportino costi (per punto servito) ben al di sopra dei limiti previsti e potenzialmente ben superiori ai benefici attesi, e dunque (a dispetto di quanto affermato dalla legge) inefficienti“.

Inoltre, questi effetti distorsivi per la concorrenza “ricevono maggiore enfasi nell’attuale momento storico, connesso con la crisi dei prezzi del gas naturale, resa ancora più acuta dal conflitto russo-ucraino”, perché la norma in oggetto “incentiva la realizzazione di nuove metanizzazioni e sviluppi di rete, slegati da ogni reale valutazione in termini di costi-benefici, pure a fronte di uno scenario internazionale in cui il gas naturale diviene una risorsa potenzialmente scarsa, e sempre più forte è la spinta ad accedere e sviluppare fonti alternative“.

Secondo Arera, poi, la disposizione del decreto 34/2020 “realizza una inedita (e indebita) compressione delle prerogative e delle competenze proprie dell’Autorità, le quali, sebbene siano previste dal legislatore nazionale […] trovano il loro fondamento nel diritto dell’Unione europea, in particolare negli articolo 39 e 41 della direttiva 2009/73/CE”.

In sostanza, le norme Ue prevedono il divieto “di introdurre disposizioni che comprimano l’autonomia e l’indipendenza dell’autorità di regolamentazione nell’adozione di decisioni in tema di approvazione delle tariffe”, si ricorda.

Di conseguenza, il regolatore “ritiene doveroso disapplicare l’articolo 114-ter del decreto-legge 34/2020, con riferimento ai criteri di valutazione dei bandi di gara” e mantenere il tetto agli investimenti anche nelle zone contemplate dal medesimo articolo.

In particolare, “intende prevedere, anche con riferimento alle località contemplate dal citato articolo 114-ter, che gli investimenti che le imprese aggiudicatarie effettuano in esito alle offerte, per la parte che eccede il livello corrispondente alle condizioni minime di sviluppo, e che non sia quindi supportato da un’adeguata analisi costi-benefici, non potranno concorrere alla determinazione del livello del capitale investito rilevante ai fini tariffari (riconoscimento di ammortamento e remunerazione del capitale investito)”.

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