Ogni dollaro investito in decarbonizzazione ne renderà da 2 a 5,5

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L’Agenzia internazionale per le energie rinnovabili, IRENA, quantifica gli investimenti necessari per fermare il riscaldamento globale entro gli 1,5 °C.

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Spingere con più decisione su rinnovabili e decarbonizzzazione nel prossimo decennio può far accelerare la crescita dell’economia mondiale del 2,4% rispetto alla traiettoria prevista dai piani attuali.

A mostrarlo è il nuovo report World Energy Transitions Outlook dell’Irena, l’Agenzia internazionale per le energia rinnovabili (documento in basso).

Una transizione energetica basata sulle rinnovabili e sull’efficienza energetica, è la premessa di Irena, è “l’unico approccio percorribile per provare a limitare il riscaldamento globale a 1,5 °C entro il 2050”.

Per seguire questo percorso sono necessari forti aggiustamenti nei flussi di capitale e un riorientamento degli investimenti e il prossimo decennio – si spiega – sarà decisivo per raggiungere gli obiettivi di Parigi e di sviluppo sostenibile.

Entro il 2050, è richiesto un totale di 33mila miliardi di dollari di investimenti aggiuntivi in efficienza, energie rinnovabili, elettrificazione in impieghi finali, reti elettriche, flessibilità, idrogeno e innovazioni. L’investimento annuale necessario, pari in media a 4.400 mld di dollari, “è elevato ma è fattibile” ed equivale a circa il 5% del PIL globale nel 2019, si spiega.

E come anticipato le ricadute economiche stimate valgono il costo: per il 2050, lo scenario di transizione a 1,5 °C dell’Agenzia prevede la creazione di 122 milioni di posti di lavoro legati all’energia, vale a dire più del doppio degli attuali 58 milioni, di cui oltre un terzo, cioè 43 milioni, nelle rinnovabili.

Se si considerano l’inquinamento dell’aria, la salute umana e gli effetti indotti dal cambiamento climatico, il ritorno è ancora superiore, con ogni dollaro speso per la transizione energetica che aggiunge benefici valutati tra i 2 e i 5,5 dollari, che in termini cumulativi equivalgono a una cifra compresa tra i 61mila e i 164mila miliardi di $ entro la metà del secolo, stima Irena.

Il report individua la transizione energetica come una grande opportunità di business per più parti interessate, compreso il settore privato, spostando il finanziamento dal capitale azionario al capitale di debito privato. Quest’ultimo crescerà dal 44% nel 2019 al 57% nel 2050, un aumento di quasi il 20% rispetto alle politiche previste.

Per le tecnologie di transizione energetica – prevede l’Irena – nei prossimi anni sarà più facile ottenere un finanziamento accessibile del debito a lungo termine, mentre gli asset dei combustibili fossili saranno sempre più evitati dai finanziatori privati e, quindi, costretti a fare affidamento sul finanziamento di capitale proprio dagli utili non distribuiti e dalle nuove emissioni di azioni.

Il finanziamento pubblico – si precisa – rimarrà comunque cruciale per una transizione energetica rapida, giusta e inclusiva e per catalizzare i finanziamenti privati. Nel 2019, il settore pubblico ha fornito circa 450 miliardi di dollari attraverso capitale pubblico e prestiti delle istituzioni finanziarie per lo sviluppo. Nello scenario 1,5 °C di Irena, questi investimenti raddoppieranno quasi fino a circa 780 miliardi di dollari.

Il finanziamento pubblico sarà un importante facilitatore per altri prestatori, specialmente nei mercati in via di sviluppo. Poiché è improbabile che i mercati da soli si muovano alla velocità necessaria, i responsabili politici dovranno incentivare la transizione e intervenire per eliminare le distorsioni del mercato che favoriscono i combustibili fossili e far evolvere le strutture di finanziamento, raccomanda l’Agenzia.

Questo – sottolinea l’Irena – comprende la graduale eliminazione delle sovvenzioni alle fossili e l’aggiustamento dei sistemi fiscali per riflettere i costi ambientali, sanitari e sociali negativi dei combustibili fossili. Le politiche monetarie e fiscali, compreso il carbon pricing, miglioreranno la competitività e creeranno condizioni paritarie, si spiega.

Saranno fondamentali una maggiore collaborazione internazionale e un pacchetto completo di politiche per guidare il più ampio cambiamento strutturale verso economie e società resilienti.

Se mal gestita – si avverte – la transizione energetica rischia di tradursi in risultati iniqui, uno sviluppo a doppio binario e un rallentamento generale del progresso: per realizzare il pieno potenziale della transizione energetica sono fondamentali politiche eque e integrate.

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