Come calcolare la compensazione dei danni arrecati alle comunità locali impattate dalla realizzazione di infrastrutture energetiche, sia da fonti rinnovabili che fossili?
Una ricerca italiana appena pubblicata, “Compensation for Energy Infrastructures: Can a Capability Approach be More Equitable?”, indaga un nuovo approccio per affrontare questo aspetto, che abbiamo declinato con diverse accezioni (vedi articoli correlati in fondo).
Abbiamo scritto ad esempio della presenza di infrastrutture ad alta intensità di carbonio, come miniere o centrali a carbone, che ha determinato in alcune aree processi di de-territorializzazione, con comunità locali che perdono il legame con i luoghi in cui abitano dovendo poi rinunciare a svolgere determinate attività (Come uscire dal carbone e rigenerare i territori a 360 gradi).
Scrivono gli autori della ricerca: alle comunità locali interessate dalle nuove infrastrutture va il grande onere per il successo della transizione energetica, nell’interesse generale. Un esempio di grande attualità è l’impatto sul paesaggio dei campi eolici. Qui la questione urgente è come compensare gli effetti negativi subìti dai cittadini.
Sebbene si tratti di uno studio teorico e filosofico, abbiamo provato ad applicarlo a casi concreti nell’ipotesi che possa aprire a nuove e più eque forme di compensazione.
Compensazioni che considerino come baseline di riferimento per la valutazione del danno il potenziale del territorio, tenuto conto delle capacità degli attori coinvolti, e non della situazione in cui il territorio si trova nel momento storico dato.
L’approccio delle “capacità”, secondo gli autori, può dare risultati differenti rispetto ai tradizionali criteri di valutazione del danno, e quindi anche delle compensazioni, basati sui “funzionamenti”, che proviamo a spiegare chiedendo lumi a Fausto Corvino, co-autore dello studio insieme a Giuseppe Pellegrini-Masini, Alberto Pirni e Stefano Maran.
Dottor Corvino, ci spieghi meglio i concetti di “capacità” e di “funzionamenti”
«Le capacità di un individuo sono l’insieme delle cose che egli può essere o realizzare. Esistono capacità che potremmo indicare come fondamentali e altre meno, ma pur sempre determinanti per la qualità della vita. Se le capacità sono le cose che l’individuo può essere o fare, i funzionamenti sono le cose che l’individuo effettivamente sceglie di essere o fare. Con l’approccio delle capacità, nel caso ad esempio di persone cui è preclusa la possibilità di fare agricoltura a causa della contaminazione del terreno, ma che comunque non sono interessate a farla, è possibile giustificare una compensazione non inferiore a quella che si attribuirebbe a quelle stesse persone se fossero vissute di agricoltura o desiderassero continuare a dedicarvisi».
Prendiamo come esempio quello della vasta area limitrofa alla centrale a carbone Enel di Brindisi, un tempo zona agricola di pregio e da anni compromessa dall’inquinamento dei terreni provocato dal trasporto e dalla combustione del carbone. Immaginiamo che in questa area sia probabile che le persone avrebbero interesse a continuare o riprendere l’attività agricola.
«In un contesto come questo, dove l’agricoltura ha un ruolo importante nel sistema economico locale, è probabile che la capacità agricola sia considerata fondamentale. Per il caso classico dell’agricoltore che viene privato del suo campo a causa dell’inquinamento e vuole una compensazione, onestamente bastano gli approcci classici, quelli basati sui “funzionamenti”».
Quindi?
«Quindi, il discorso diventerebbe molto più interessante se si desse il caso che alcuni giovani di Brindisi non siano interessati all’agricoltura, perché nati e cresciuti in terreni inquinati e con carriere orientate in altro modo. In questo caso l’approccio delle capacità ci consentirebbe di vedere queste persone come vittime di danno, diversamente da approcci basati sui funzionamenti».
Certamente si tratta di ipotesi difficili da dimostrare e valorizzare; peraltro, applicabili solo in un’ottica di compensazione successiva al verificarsi del danno.
«Ci sono alcuni teorici delle capacità che stilano una lista di capacità di base, ritenute indispensabili per l’individuo per vivere una vita “fiorente”. Da una prospettiva come questa basta che la capacità di fare agricoltura rientri nella lista di capacità ritenute come universalmente fondamentali affinché sia riconosciuta come tale in ogni situazione. Nel nostro studio invece adottiamo una prospettiva differente, più pluralista se vogliamo. Non stiliamo liste, ma sosteniamo che ogni comunità locale ha diritto a deliberare pubblicamente quali capacità siano più o meno fondamentali per i suoi membri. Se la comunità di Brindisi ritenesse l’agricoltura una capacità fondamentale, non sarebbe complesso giustificare la compensazione. Questione differente, che richiederebbe ulteriori sviluppi applicativi, è quello di arrivare ad una quantificazione giusta di questo danno».
Allo stesso modo, quindi, nel caso della realizzazione di un parco eolico in una zona di pregio paesaggistico vocata o vocabile al turismo?
«Un approccio basato sui funzionamenti, quello oggi utilizzato, andrebbe a valutare soltanto l’effetto del parco eolico sulle attività turistiche esistenti. Un approccio basato sulle capacità valuterebbe, invece, l’impatto del parco eolico sulla capacità dei singoli di investire in turismo, indipendentemente dal fatto che poi lo abbiano fatto o prevedano di farlo. Si noti però che noi sosteniamo che la compensazione è dovuta solo rispetto alla perdita di capacità di base. Occorrerebbe allora chiedersi se nella zona esistano alternative economiche valide rispetto al turismo, che possano coesistere con l’infrastruttura energetica, oppure no. Se la risposta è negativa, gli abitanti della zona avrebbero diritto ad una compensazione che tenga conto non solo della svalutazione degli asset turistici già presenti, ma anche della perdita della possibilità, realizzata o meno, di fare turismo».
Il secondo argomento del vostro studio riguarda la baseline rispetto alla quale è calcolato il danno. Prendendo ad esempio sempre il caso di Brindisi, qual è la baseline di riferimento per valutare l’impatto della futura centrale a gas rispetto alla attuale a carbone?
«In casi come quello in cui una centrale a gas prende il posto di una a carbone, l’utilizzo di una baseline “ipotetico/morale”, quella considerata nel nostro studio, consente di valutare il danno subìto dalle persone nate dopo l’installazione della centrale a carbone in modo molto più ampio rispetto ad una valutazione basata su una baseline “storica”. E ci consente anche di vedere in modo diverso gli obblighi delle autorità pubbliche, che non sono semplicemente quelli di migliorare la situazione, ad esempio la salubrità dell’aria dal tempo t1 al tempo t2, ovvero dalla situazione della centrale a carbone rispetto a quella a gas, bensì quelli di garantire che tutti i cittadini della zona si vedano riconosciute una serie di capacità di base, come vivere in un territorio in cui la percentuale di tumori non è superiore ad altre zone d’Italia, avere accesso a spazi verdi e pubblici, potere investire in turismo, tassi di profitto non inferiori a zone simili, eccetera».
Alcune nostre conclusioni. Valorizzare equamente le compensazioni a fronte di una riduzione delle capacità delle comunità locali è utile per promuovere il raggiungimento di vantaggi universali, come una transizione energetica sostenibile.
Resta il fatto che le compensazioni sono l’ultimo livello del ciclo della riduzione del danno che prevede l’applicazione del principio di precauzione e prevenzione per evitare gli impatti gravi, e quello di mitigazione, per ridurre gli impatti inevitabili.