Il solare galleggiante può avere successo anche in mare?

Rischi e vantaggi di una soluzione ancora allo stadio sperimentale. Mentre il fotovoltaico sui laghi sta partendo.

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Gli impianti offshore potrebbero diventare una nuova frontiera del fotovoltaico, ma per ora ci sono così tante incognite su questa tecnologia, che è molto incerto prevedere se il solare “marino” avrà successo.

Questo, in sintesi, il giudizio di Molly Cox, analista di Wood Mackenzie Power & Renewables, citato da un breve articolo di approfondimento di GTM Research sul fotovoltaico galleggiante.

Intanto il floating PV sta iniziando a decollare per quanto riguarda le applicazioni sugli specchi d’acqua interni, come laghi e bacini idroelettrici: in particolare, la Corea del Sud ha approvato la realizzazione di un super-progetto da 2 GW sul lago di Saemangeum (a oggi l’installazione più grande del mondo prevista in questo segmento del solare), i cui lavori dovrebbero partire nella seconda metà del 2020.

Anche Eni punta a sviluppare un primo parco FV galleggiante utility-scale in Italia, in un bacino idrico dell’area industriale di Brindisi, con una potenza pari a 14 MW (vedi qui).

Ricordiamo che il potenziale del solare flottante (FPV: floating photovoltaic) su scala globale è enorme: si parla di 400 GW su laghi e riserve d’acqua nell’ultimo studio pubblicato dal Solar Energy Research Institute of Singapore (SERIS) in collaborazione con la Banca Mondiale.

Alla fine del 2018 si è arrivati a circa 1,3 GW di capacità cumulativa installata nei parchi galleggianti, con oltre 780 MW aggiunti proprio lo scorso anno.

Ma costruire grandi impianti fotovoltaici in mare aperto è tutta un’altra storia.

La salsedine e la forza delle onde sono due fattori da valutare con molta attenzione in fase di progetto, con la necessità di concepire strutture e ancoraggi capaci di sopportare le condizioni ambientali più avverse. Anche i moduli solari dovranno essere più resistenti alle intemperie e alla corrosione.

Nelle scorse settimane, un consorzio belga che riunisce diverse aziende e l’Università di Gand, ha annunciato di voler realizzare il primo parco solare nel Mare del Nord, in un’area marina che vedrà anche una centrale eolica offshore e un impianto per l’acquacoltura.

In una nota del consorzio si parla di sperimentare soluzioni/tecnologie innovative per questo tipo di installazioni marine.

C’è anche un consorzio olandese, guidato dalla società Oceans of Energy, che sta lavorando al fotovoltaico offshore al largo di Scheveningen, in Olanda (qui un nostro articolo sull’iniziativa); e alle Maldive sono operativi alcuni piccoli impianti-pilota galleggianti realizzati da Swimsol.

Tra i principali vantaggi delle installazioni in mare, per tornare ai commenti dell’esperta di Wood Mackenzie, Molly Cox, c’è il rendimento più elevato dei pannelli fotovoltaici rispetto ai progetti a terra, grazie al raffreddamento prodotto dall’acqua.

Lo stesso vale per gli impianti su specchi d’acqua interni. Le stime riportate sono intorno al 10% di produzione aggiuntiva dei sistemi FPV ma è ancora difficile, osserva Cox, stabilire esattamente quanto le installazioni offshore siano più efficienti in confronto a quelle sulla terraferma e soprattutto quelle sui laghi, perché manca una base consolidata di progetti con relativi dati sulla generazione di energia.

Il fotovoltaico offshore condivide alcuni vantaggi con gli impianti galleggianti su laghi e riserve d’acqua: oltre alle migliori prestazioni (almeno sulla carta) bisogna ricordare il consumo-zero di suolo e la possibilità dell’integrazione con altre fonti rinnovabili, con l’eolico offshore nel primo caso e con i bacini idroelettrici nel secondo.

E gli impianti marini potrebbero contribuire all’indipendenza energetica delle isole remote, senza dimenticare che ci sono paesi, come l’Olanda, con ampie aree marine relativamente tranquille che potrebbero essere sfruttate con zattere riempite di pannelli solari.

Infine, chiarisce Cox, un sistema FV galleggiante su un bacino interno costa mediamente già un 10-15% in più di un parco sulla terraferma, quindi un progetto in mare aperto, con le sue incognite e i maggiori requisiti di affidabilità e resistenza, con ogni probabilità sarebbe ancora più costoso (oltre che rischioso per gli investitori).

Insomma, la sfida per sviluppare il primo impianto fotovoltaico galleggiante offshore utility-scale di taglia commerciale è appena agli inizi.

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