L’influenza dei Verdi sulle inadeguate politiche ambientali e climatiche europee

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Il raggruppamento dei Verdi aumenta del 36% i seggi nel Parlamento Europeo. Riusciranno a incidere su fiscalità ambientale, politiche industriali e agricole, e anche sulla riduzione delle diseguaglianze?

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Sono molte le analisi che si stanno facendo sull’onda dei risultati delle elezioni che hanno consentito al raggruppamento dei Verdi di aumentare del 36% i seggi nel Parlamento Europeo.

Si riflette sulla marcata differenziazione territoriale, con un radicamento sempre più forte nel centro e nord Europa che contrasta con la debole incisività nei paesi del sud e dell’est.

E si sottolinea la sensibilità dei giovanissimi, alimentata anche dalla partecipazione alle manifestazioni per il clima. In Germania il 36% dei voti di chi si affacciava per la prima volta alle urne è andato ai Grünen. L’effetto Greta dunque si è visto e non scompartirà.

L’importanza delle tematiche ambientali è infatti destinata a rafforzarsi nei prossimi anni, ed è quindi possibile che la presenza dei Verdi si affermi anche nelle aree ora meno reattive. Naturalmente non sarà un processo di “diffusione naturale”. In Italia, ad esempio, sarà necessaria un’autocritica profonda delle attuali forze e delle esperienze passate che consenta di ripartire da nuove basi.

Vorrei però soffermare l’attenzione su un altro aspetto legato al nuovo peso dei Verdi europei. Mi riferisco alla futura evoluzione delle politiche ambientali e climatiche della Commissione e del Parlamento europeo.

Dopo essere stata per tre decenni all’avanguardia su queste tematiche, ultimamente l’Europa ha infatti perso di incisività rimanendo in ritardo su alcuni temi centrali, sotto il condizionamento di forti interessi industriali. Ne è un esempio il ritardo nello sviluppo della mobilità elettrica e delle batterie.

Ma consideriamo, più in generale, l’ambiziosità degli obbiettivi climatici. Il taglio delle emissioni climalteranti al 2030 è rimasto al 40%, malgrado le sollecitazioni provenienti da più parti, Parlamento europeo incluso, affinché dopo l’Accordo di Parigi il target venisse alzato.  Anche sulla fiscalità ambientale ci vorrebbe più coraggio, come pure sulle politiche industriali, e su quelle agricole.

Ecco, su questi e su molti altri temi penso che una presenza incisiva dei Verdi potrà orientare scelte importanti nei prossimi anni.

Non da ultimo sulla necessità di ripensare questo modello economico e di ridurre le diseguaglianze sociali. Il Papa ha promosso il prossimo marzo ad Assisi un confronto, tra giovani studiosi e operatori dell’economia, volto a riflettere su questo sistema economico sempre più inadeguato.

Indubbiamente una sfida ambiziosa, ma in tempi come questi occorre avere il coraggio di rimettere in discussione modelli palesemente insufficienti. E i Verdi possono dare un contributo prezioso in questa direzione.

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