La moratoria sulle Fer dal punto di vista di chi sostiene la maggioranza Todde

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Un ritardo di oltre 18 mesi per le nuove rinnovabili in Sardegna è proponibile in vista degli obiettivi 2030 e non stride con l'opportuna decarbonizzazione dell'isola? Ne abbiamo parlato con un consigliere regionale della maggioranza, ingegnere e imprenditore nel settore delle rinnovabili.

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Al centro del dibattito energetico di queste ultime settimane c’è la Sardegna.

Nell’isola si stanno aprendo aspri conflitti con un’opposizione durissima alle turbine eoliche e ai grandi impianti fotovoltaici che stanno sfociando anche in episodi da codice penale.

L’isola nei prossimi anni potrebbe coprire al 100% almeno il suo attuale fabbisogno elettrico (meno di 9 TWh/anno) grazie a rinnovabili, reti e accumuli, ma c’è il rischio che vada in controtendenza rispetto alle indicazioni cogenti di decarbonizzazione definite a livello internazionale, europeo e nazionale.

Infatti, uno scenario di metanizzazione dell’isola stride con un processo di sviluppo energetico basato sulle fonti rinnovabili che dovrebbe invece seguire la regione, parallelamente al phase-out del carbone, al momento rimandato al gennaio 2029.

Già diverse analisi di Rse e poi dell’Università di Padova e del Politecnico di Milano, ma anche di Enel, hanno dimostrato che la strada della metanizzazione non è quella corretta e che potrà solo far decuplicare i costi a livello di paese e soprattutto sulle bollette dei cittadini sardi.

Ad inasprire tutto il dibattitto incorso ad aprile è arrivata la moratoria di 18 mesi ai nuovi impianti a fonti rinnovabili, approvata con un disegno di legge dalla Giunta regionale sarda guidata da Alessandra Todde. Una moratoria considerata da molti operatori e associazioni ambientaliste “anacronistica”, “un grave passo falso”, “figlia di un accanimento verso le fonti pulite”, come si legge in una nota di Greenpeace Italia, Legambiente, Kyoto Club e WWF Italia.

Nel frattempo, in Sardegna lo scontro ha raggiunto in molti casi vette di irrazionalità e di asprezza mai riscontrati prima per altre e più concrete devastazioni di una terra davvero bellissima, come la speculazione edilizie e le servitù militari, solo per citarne due.

Ne abbiamo parlato con Gianluca Mandas, consigliere regionale M5S, quindi in sostegno all’attuale giunta regionale.

Mandas è ingegnere e imprenditore nel settore energetico e delle rinnovabili, e nei giorni scorsi in suo post su facebook ha voluto dare un quadro concreto della situazione energetica in Sardegna, contestando chi afferma che una potenza di 6,2 GW di rinnovabili al 2030 sia eccessiva per le necessità dell’isola.

Peraltro dai nostri calcoli sappiamo che ne mancherebbero circa 5,5 GW a fine decennio e che da gennaio 2021 a luglio 2024 sono stati installati in Sardegna appena 701 MW di Fer (Regioni e target rinnovabili 2030, ecco quanto c’è ancora da fare).

Mandas spiega che, considerando tutta l’energia richiesta dalla Sardegna (sommando quella elettrica, termica e per il trasporto), oggi solo il 23% è soddisfatto con le fonti rinnovabili, mentre il restante 77% proviene da fonti fossili, e in particolare da carbone.

Per questo, dice, pur sostenendo le scelte della presidente, che “la Sardegna deve puntare alla propria indipendenza energetica, in modo programmato e progressivo, nel totale rispetto dei propri beni paesaggistici e identitari, favorendo la partecipazione delle comunità locali e garantendo una democratica distribuzione dei benefici dei sardi e il tessuto produttivo isolano”.

Con lui partiamo condividendo un dato spesso trascurato: le emissioni CO2 pro-capite in Sardegna, secondo Italy for Climate sono di 9 tonnellate di CO2 per abitante (tCO2/ab), mentre la media nazionale nel 2020 era di 4,9 tonnellate tCO2/ab.

Mandas, alla luce di questo dato, le strategie energetiche non dovrebbero essere ben più incisive in ottica di decarbonizzazione e senza questo drastico stop? Cosa si sta mettendo in campo su aree idonee, piano energetico regionale, agenzia regionale per l’energia e con quali tempistiche?

La Regione sta lavorando intensamente alla definizione della Legge sulle Aree Idonee, con tutte le parti interessate, a partire dalla IV Commissione, i Comuni della Sardegna e tutti i portatori di interesse. Per questo autunno saremo in grado di portare il documento in Consiglio Regionale. Parallelamente è in fase di revisione il PEARS e stiamo in effetti avviando lo studio di fattibilità per la nascita della Agenzia Energetica Regionale. Tutto ciò sarà completato entro 18 mesi come previsto dalla legge n.5/2024.

Per i nuovi impianti a fonti rinnovabili però uno slittamento di 18-24 mesi, come è probabile che ci sia, significa accumulare un ritardo notevole sugli obiettivi regionali al 2030 per le Fer elettriche. Come si giustificherà la giunta Todde?

La nostra priorità è dotarci di tutti gli strumenti legislativi, pianificatori e amministrativi per governare il fenomeno della transizione energetica. Dobbiamo garantire alla Sardegna e i sardi i giusti ritorni economici e sociali, nel totale rispetto del nostro paesaggio e dei nostri beni paesaggistici. Sono certo che il settore delle rinnovabili ha la giusta sensibilità per comprendere queste nostre esigenze.

Quale ruolo possono avere nuove infrastrutture per la metanizzazione nella visione della maggioranza che sostiene la giunta Todde? La bozza di dcpm circolata prima del cambio di giunta va considerata stralciata o potrà essere riproposta con modifiche?

Il metano in Sardegna è utilizzato da oltre 2 anni in forma puntuale e secondo specifiche esigenze, impiegando dei rigassificatori e importando Gnl. Ritengo che oggi investire in reti o dorsali per la metanizzazione, oltre che anacronistico, è in contrasto con la strategia per la decarbonizzazione al 2027.

Secondo lei quali sono i reali impatti paesaggistici e di occupazione di suolo di fotovoltaico ed eolico in Sardegna. E qual è il suo parere sulla crescente opposizione dell’opinione pubblica sarda contro queste tecnologie che sta montando nelle ultime settimane?

Ogni manifestazione di confronto, se democratica, va preservata. Vero è che in questa opposizione alle rinnovabili si scorda che la Sardegna è la prima regione d’Italia per immissione di CO2 in atmosfera e produce oltre il 70% del proprio fabbisogno energetico da combustibili fossili. Occorre affrontare la questione con lucidità ed equilibrio poiché i temi in discussione sono non solo quello paesaggistico, ma anche ambientale, energetico e sociale. Sono convinto che la transizione energetica sia un’occasione storica per la Sardegna solo se sapremo fare una giusta sintesi tra tutti i temi che la coinvolgono.

Ci sono strategie specifiche che volete mettere in campo per creare occupazione nel settore dell’efficienza energetica e delle rinnovabili in Sardegna?

La Sardegna è tra le regioni d’Italia con il Pil procapite più basso, le iniziative orientate alla transizione energetica garantirebbero nuove figure occupazionali, come tecnici, professionisti e operai specializzati di alto valore formativo e, quindi, retributivo. Un’opportunità per il futuro benessere del popolo sardo che dobbiamo saper cogliere, basato sul rispetto dell’ambiente e per la sostenibilità. È anche su questo che vogliamo lavorare.

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