Domani, 29 febbraio, dalle ore 15 all 16 presso il Workshop Arena Pad. C1 della fiera KEY di Rimini, GB Zorzoli presenterà il suo libro “Gli errori fecondi – Come gli sbagli possono contribuire al progresso” che sarà disponibile già in fiera da venerdì 1 marzo.
Le strade dell’innovazione non sono lineari e spesso degli errori si sono rivelati molto più produttivi del previsto. G.B. Zorzoli grande esperto energetico, di processi industriali e soprattutto appassionato di scienza e tecnologia ha realizzato un volume, edito da Il Mulino, dal titolo “Gli errori fecondi”. Gli abbiamo chiesto un assaggio del libro senza svelarlo troppo.
Già dal titolo notiamo che si tratta di un volume un po’ fuori dalle righe, perché errare in questo periodo, in questa epoca, è considerato un disvalore. Ci chiarisce perché gli errori sono fecondi e perché se ne è occupato?
«L’ispirazione per il libro è nata dalla lettura di un articolo di un quotidiano che parlava di un saggio intitolato “Gli errori fecondi”, che mi ha suscitato il ricordo di episodi storici dove gli errori hanno involontariamente favorito il progresso della conoscenza e della cultura. Questa riflessione mi ha portato alla scrittura di dieci capitoli, ognuno dedicato a un errore specifico che ha prodotto risultati positivi, nonostante l’autore dell’errore abbia cercato di nasconderlo.
La mia esperienza come ricercatore scientifco conferma che il progresso scientifico avanza attraverso tentativi ed errori. Il libro inizia osservando che l’evoluzione, dalla vita monocellulare all’Homo sapiens, è stata possibile grazie alla correzione di errori, sfatando l’idea dell’Intelligent Design e sottolineando come siamo il risultato di una serie di errori e correzioni».
Inizia il volume con la scoperta dell’America di Cristoforo Colombo. Colombo pensava di aver trovato una nuova rotta verso le Indie quando è incappato nel continente americano. Perché questo errore è stato fecondo?
«La scoperta dell’America da parte di Cristoforo Colombo, ispirata dall’errore di sottostimare la dimensione della Terra, ha rivoluzionato la geopolitica mondiale. Colombo, convinto di raggiungere l’Asia navigando verso Ovest, ha invece incontrato un nuovo continente. Questo evento, nonostante fosse un errore basato su un equivoco, ha avuto conseguenze enormemente positive, aprendo la via a esplorazioni che hanno cambiato la concezione del mondo.
Gli Stati Uniti hanno trasformato Colombo in un mito fondativo per l’America, grazie a molte fake news circolate su di lui, come la falsa credenza che fosse l’unico a pensare che la Terra fosse rotonda. Ma la storia ha rimesso le cose a posto. Il nome “America” deriva da Amerigo Vespucci, che ha riconosciuto le terre scoperte da Colombo come un nuovo continente, mentre Colombo stesso ha dato il nome solo alla Colombia.
Anche nei capitoli successivi il libro esplora come gli errori possano portare a progressi signifcativi, sottolineando l’importanza di riconoscere e imparare da questi eventi Alexander Fleming, trascurando una coltura batterica, ha notato la comparsa di muffa sulla sua superfce alla quale ha dato il nome di penicillina isolata qualche anno dopo da due ricercatori di Oxford. L’ultimo capitolo, di cui mi limito a dire il titolo “La pillola che non curava l’angina pectoris”, parla di un altro errore clamoroso che ha prodotto enormi profitti per la Pfizer. Ma non dico altro, voglio lasciare la sorpresa ai lettori. Alcuni altri errori nel libro riguardano persone ancora viventi; sono in attesa, curioso di vedere se dopo averlo letto si comporteranno diversamente dai predecessori che, malgrado il successo, hanno sempre cercato di nasconderlo».
Il secondo capitolo è sul petrolio e parte con un incipit un po’ sconcertante. Ossia sul fatto che il petrolio, quando nell’800 veniva casualmente scoperto negli Stati Uniti, era considerato una iattura. Come mai si trasforma da iattura a una fortuna?
«L’espansione verso l’Ovest degli Stati Uniti, spin ta dall’eccesso di popolazione immigrata dall’Europa, ha portato alla scoperta accidentale del pe trolio, inizialmente considerato un ostacolo per l’agricoltura, perché inquinava l’acqua. Questi eventi, interpretati come negativi dai pionieri, che erano per lo più persone di scarsa istruzione e perspicacia, hanno invece gettato le basi per la futura industria petrolifera. Anche John D. Rockefeller, che ha capitalizzato sul petrolio, ha rischiato il fallimento per aver prodotto idrocarburi senza mercato, fino a essere salvato da un evento imprevisto: il terremoto di San Francisco. Esempi che dimostrano come errori e incidenti possano trasformarsi in opportunità significative, cambiando il corso della storia e dell’industria».
Lasciamo un attimo da parte il libro perché vorrei condurla ai giorni nostri approfittando dei suoi spunti. Oggi c’è un grande progresso dovuto alle applicazioni tecnologiche, soprattutto si fnanzia quasi solo ed esclusivamente la ricerca applicata che, se non arriva a risultati quasi immediati, viene interrotta. Non c’è il rischio in questo contesto che l’errore, in quanto viene stigmatizzato e non applicabile al mercato, non possa più essere sviluppato, perdendo così tutto il patrimonio di fecondità?
«Il Dopoguerra ha segnato un cambio di paradigma nella ricerca, passando da singoli ricercatori a grandi strutture organizzate come il CERN per la fisica delle particelle e il Progetto Manhattan per lo sviluppo della bomba atomica. Durante la guerra fredda, sia l’Occidente sia l’Unione Sovietica finanziavano generosamente la ricerca di base, perché dal punto di vista dell’immagine era considerata un fatto estremamente propagandistico. Con la fine della Guerra fredda, c’è stato un calo degli investimenti nella ricerca pura, orientandosi verso applicazioni più immediate. Questo cambio di paradigma ha avuto implicazioni anche sul welfare e sul divario retributivo, che si era ridotto durante la Guerra fredda, per poi allargarsi nuovamente. La ricerca di base ora prospera in campi meno costosi e complessi, come la biologia».
Clima. È auspicabile che arrivi un qualche errore fecondo anche in questo campo?
«È una domanda a cui non so rispondere. Posso citare, senza fare nomi, il colloquio con una persona che rimproverava la mia posizione molto critica sul CCS (cattura e sequestro dell’anidride carbonica), come soluzione al problema del cambiamento climatico, durante il quale alla sua affermazione «ma sei sicuro che il CSS non sia un errore fecondo? risposi «A me sembra di no, ma non posso escluderlo, perché gli errori fecondi lo diventano solo alla fine».
L’articolo è stato pubblicato sul n.1/2024 della rivista bimestrale QualEnergia