I piccoli che libereranno l’energia rinnovabile

Vendere senza intermediari l’energia verde autoprodotta, associarsi nella generazione, nello stoccaggio e nel consumo di elettricità su scala locale. Diffondere prosumer, comunità energetiche e reti private è una battaglia che potrebbe essere vinta a breve, spingendo dall'alto e soprattutto dal basso.

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Dare a ogni cittadino il diritto di produrre, vendere direttamente e stoccare l’energia rinnovabile autoprodotta, senza tasse, oneri e altri balzelli.

Questo principio, ancora da applicare nel concreto in Europa e in Italia ma che trova consensi in modo trasversale, è stato oggetto di una petizione lanciata su change.org oltre un anno fa da diversi operatori del settore delle rinnovabili e del mondo ambientalista.

C’era allora il governo Gentiloni, ma la tematica fu ampiamente trascurata dal suo esecutivo.

A distanza di più di dodici mesi le firme sono arrivate a oltre 33.500 e ieri pomeriggio sono state consegnate simbolicamente dai promotori al presidente della Commissione Industria del Senato, Gianni Girotto.

Vendere senza intermediari l’elettricità autoprodotta, associarsi nella produzione, nello stoccaggio e nel consumo su scala locale, formando una comunità dell’energia rinnovabile, pagare oneri di rete equi e, inoltre, vendere alla rete a un prezzo equo i surplus di energia, sono tutte deroghe al mercato elettrico convenzionale, che sebbene siano state osteggiate dai grandi produttori (e dalla nostra Autorità per l’Energia), per molti addetti ai lavori delle tecnologie pulite sarebbero un passaggio obbligato per una vera liberalizzazione dell’energia.

Il prezzo di questa elettricità green dovrà essere come minimo pari a quello di mercato, con l’eventualità anche di un prezzo più alto per tener conto del valore aggiunto che i piccoli produttori offrono alla società e all’ambiente.

Gli Stati dell’Unione dovranno offrire incentivi su misura all’elettricità rinnovabile prodotta da singoli cittadini e da comunità dell’energia, evitando loro il meccanismo dell’asta introdotto dalle regole comunitarie.

Sulla valorizzazione di prosumer e comunità energetiche è improntata anche la direttiva sulle rinnovabili in discussione a Bruxelles. Un fatto completamente nuovo nella legislazione Ue, anche se si parla ormai da anni della figura di produttore-consumatore di energia elettrica. Ma fino a poco tempo fa non c’era stata ancora una vera definizione e il riconoscimento di specifici diritti per questo nuovo attore del mercato, che può essere un semplice cittadino, una cooperativa o anche un’impresa.

“Pensiamo solamente ai 1.200.000 condomini italiani in cui vivono oltre 20 milioni di persone e che oggi non hanno nessuna convenienza a installare un impianto fotovoltaico sul tetto, visto che in Italia è ancora vietata la possibilità di costituire reti private in modo che un singolo impianto possa servire più utenze, in questo caso tutti gli appartamenti. Il potenziale di sviluppo delle rinnovabili sarebbe immenso”, ha detto in apertura dell’incontro il senatore Girotto.

Secondo i promotori della petizione oggi però sono molto più concrete le condizioni normative, oltre che tecnologiche, per fare questa svolta attesa da tempo.

“C’è una comunità foltissima di operatori che attende questa evoluzione del mercato”, ha detto Dario Tamburrano, europarlamentare M5S che si sta battendo a livello continentale per questi nuovi modelli di organizzazione del sistema elettrico.

“Con i prezzi dell’energia attuali e con la competitività che ha raggiunto il solare, basterebbe che in ogni condominio ci sia una sola persona che abbia la capacità finanziaria di fare un investimento in un impianto e sia in grado di fornire agli altri condomini i kWh puliti richiesti e a un prezzo competitivo. Si verrebbero ad ampliare in modo esponenziale i cosiddetti sistemi di distribuzione chiusa, dando anche un benefico impatto alla rete”, ha detto Fabio Roggiolani, uno dei principali promotori della petizione.

I vantaggi per il sistema elettrico vanno visti nel fatto che creare molte piccole reti private può renderlo più programmabile; inoltre si andrebbe a produrre vicino al consumo con un miglioramento significativo in termini di efficienza, visto che la rete perde in trasmissione almeno il 10% dell’elettricità immessa.

Tamburrano ha fornito il polso della situazione nell’Ue, ricordando che nella nuova direttiva europea sulle rinnovabili e in quella sul mercato elettrico in discussione ci sono già molti punti che vanno in questa direzione.

In particolare – ha spiegato – si dovrebbero riuscire a confermare nella direttiva del mercato elettrico le regole già presenti nella direttiva rinnovabili in favore dell’autoconsumo, dei prosumer e delle comunità energetiche, così da evitare che nella prima possano subentrare successive restrizioni. Ad esempio verrebbe garantita sempre e in ogni Stato membro il diritto della condivisione dell’energia generata dalle comunità energetiche.

Sarà poi compito di ciascun Stato membro recepire queste indicazioni all’interno della propria legislazione.

Sempre in sede europea, un’altra possibilità che si sta aprendo è quella dello “scambio sul posto altrove”, cioè di rendere fattibile per i soci delle comunità energetiche rinnovabili di generare elettricità per autoconsumo non sul sito di consumo, quindi non necessariamente sul proprio tetto. Questo potrebbe aprire ulteriori opportunità per lo sviluppo delle rinnovabili, oggi non immaginabili.

Altre sperimentazioni finanziate dall’Ue, ha detto Tamburrano, potranno portare presto a progetti pionieristici di vendita e consumo di energia decentralizzata attraverso la tecnologia DLT, Distributed Ledger Technologies, come i blockchain. Ma qui siamo ancora agli albori.

La svolta epocale deve avvenire tra pochissimo. Possiamo anche chiamarla la svolta democratica dell’energia: i cittadini e le comunità che producono energia da rinnovabili potranno essere in grado di condividerla e competere con i grandi produttori.

Poi, come al solito, sarà il passa-parola a fare i numeri e la differenza. A quel punto, forse, se ne accorgeranno anche i media mainstream.

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