I freni del Governo all’auto elettrica: biocarburanti “all’olio di ricino” e incentivi al diesel

Come potrebbe evolversi la politica italiana nel settore automotive alla luce degli ultimi provvedimenti.

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Il Governo italiano trova sempre nuovi paletti con cui frenare le auto elettriche, dai biocarburanti (olio di ricino compreso, Roberto Cingolani dixit) ai probabili nuovi incentivi per modelli diesel Euro 6.

Partiamo dai biocarburanti.

Un regalo alla lobby dei combustibili, presunti, “green” arriva con gli emendamenti approvati al decreto Milleproroghe, che modificano le tempistiche indicate dal decreto legislativo 199/2021 di recepimento della direttiva Red II sulle fonti rinnovabili.

Questo decreto prevede che dal 2023 per il raggiungimento degli obiettivi sulle energie rinnovabili, non sia conteggiata la quota di biocarburanti, bioliquidi e combustibili di biomassa prodotti a partire da olio di palma, salvo che gli stessi siano certificati come biofuel “a basso rischio di cambiamento indiretto della destinazione d’uso dei terreni”, cioè a basso rischio di deforestazione, nel rispetto dei criteri dettati da specifiche norme Ue.

Tuttavia, il testo del Milleproroghe (corsivo e neretti nostri) stabilisce che: “alla lettera c) del comma 1 dell’articolo 40 del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, dopo la parola: ‘2023’ sono inserite le seguenti: ‘…, e comunque non prima di un anno dalla data di entrata in vigore del regolamento delegato di cui all’articolo 30, paragrafo 8, della direttiva (UE) 2018/2001′”.

Il punto, sottolinea una nota di Transport & Environment (TE), è che il regolamento delegato europeo può considerare rinnovabile (e quindi incentivabile) olio di palma coltivato in particolari tipi di terreni o da piccoli produttori, certificato come tale da specifiche norme di attuazione, che però non sono ancora state emanate dalla Commissione Ue.

In sostanza, scrive TE, grazie al testo inserito nel Milleproroghe, “i distruttori di foreste conquistano da qualche mese ad un anno in più di lucroso commercio di olio di palma in Italia (il cui valore stimato è di 1 milione di euro di falso carburante rinnovabile)”.

I biocarburanti di prima generazione ricavati da colture alimentari sono una cura peggiore della malattia, secondo le associazioni ambientaliste, perché emettono fino a 3 volte più CO2 nel ciclo di vita rispetto al diesel di origine fossile che vanno a sostituire.

Una vasta parte di emissioni, ad esempio, è da attribuire alla deforestazione dei terreni dove si producono biocarburanti.

Quindi il biofuel tradizionale, come appunto quello derivato da olio di palma, è una falsa soluzione per ridurre le emissioni inquinanti complessive.

Ricordiamo che a novembre 2021, il Tar Lazio ha confermato la condanna a Eni a pagare 5 milioni di multa per la pubblicità ingannevole del suo Diesel+ (con 15% di componente biodiesel), dal momento che questo carburante non è realmente ecologico come lasciava intendere Eni.

Nonostante tutti questi problemi che circondano le filiere del biofuel, il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, parlando a Radio 24 sulle misure per contrastare il caro energia, ha spiegato che occorre “potenziare l’utilizzo dei biocarburanti” perché “non emettono anidride carbonica o ne emettono pochissima e sono compatibili con i motori che abbiamo adesso” e inoltre “vengono prodotti con tecnologie molto innovative“.

Ad esempio, ha chiarito il ministro, “l’olio di ricino può essere trasformato con processi molto innovativi in una sorta di diesel sintetico che produce sul ciclo di vita dal 60 al 90% in meno di anidride carbonica ed è perfettamente compatibile con i motori attuali”.

Proprio Eni già nel 2019 ha avviato in Tunisia la coltivazione sperimentale di ricino, nella zona di Gafsa, finalizzata alla produzione di biocarburanti sostenibili.

Altro tema che fa discutere è il fondo automotive previsto dal decreto sul caro energia.

Il fondo, che dovrebbe avere una dotazione di 800 milioni per il 2022 e poi di circa un miliardo di €/anno fino al 2030, servirà per finanziare la riconversione delle industrie del settore automobilistico e anche per riconoscere incentivi per acquistare “veicoli non inquinanti”.

E in questa definizione potrebbero rientrare in parte le vetture benzina-diesel Euro 6.

Come ha dichiarato il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, al Sole 24 Ore del 17 febbraio (quindi prima del Consiglio dei ministri che avrebbe discusso il decreto): “Supportare solo l’elettrico significa fare un favore solo a produttori stranieri. […] Penso che non dobbiamo fermarci all’elettrico anche per favorire l’acquisto di vetture più economiche a favore di classi meno abbienti. Dobbiamo discuterne anche con il ministero della Transizione ecologica, ma la nostra proposta arriva fino a 135 grammi di CO2 per km perché abbiamo la responsabilità di incentivare anche una quota di produzione nazionale“.

Resta insomma da vedere come saranno indirizzati i nuovi incentivi, se “a pioggia” per diverse fasce di emissione con dentro anche motori termici Euro 6, ipotesi più probabile, o se saranno tarati esclusivamente sulle vetture elettriche e ibride plug-in.

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