Fotovoltaico in Superbonus e obbligo fuel mix: una guida per il proprietario dell’impianto

In attesa che si sanino le insensate normative che obbligano alla comunicazione del mix energetico i titolari dei piccoli impianti FV in ritiro dedicato, ecco cosa può fare il proprietario per affrontare questo ulteriore onere.

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Nel settore delle rinnovabili si è spesso alle prese con leggi che fanno fatica a stare al passo con la realtà e con legislatori che, pur accorgendosi di essere stati superati dagli eventi, continuano a far finta di niente per troppo tempo.

Questa volta è il caso delle comunicazioni obbligatorie del fuel mix al Gestore dei servizi energetici (Gse), da cui sono esclusi gli impianti incentivati e quelli in scambio sul posto e che riguarda invece gli impianti a energie rinnovabili in ritiro dedicato.

L’ambito in cui è regolato il fuel mix è il decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 31 luglio 2009, volto a monitorare il mix energetico usato dalle grandi imprese di generazione e vendita dell’energia elettrica, che tradizionalmente hanno un portafoglio variegato di impianti a carbone, a gas, a energie rinnovabili o ibridi. Si tratta di una norma giusta, attenta all’evoluzione della generazione elettrica, pensata per i “pesci grossi” del settore.

Il problema è sorto quando la formulazione molto generica della norma, risalente a quando ancora non esistevano i piccoli impianti fotovoltaici in regime di vendita dell’energia, ha automaticamente e forzatamente ricompreso nella sua rete una miriade di pesci piccoli, cioè di impianti fotovoltaici anche residenziali.

Questi si sono moltiplicati ultimamente con l’avvento del Superbonus, che per legge obbliga i titolari a vendere al Gse con il ritiro dedicato l’energia elettrica non immediatamente autoconsumata, rendendo i proprietari di impiantini casalinghi da pochi kWp “produttori” di energia, di fatto e di diritto, alla stregua di utility con molti GW di centrali elettriche.

I proprietari di questi piccoli impianti continuano così ad essere sottoposti all’obbligo, almeno sulla carta, di comunicare il proprio mix di produzione energetica, un adempimento per loro spesso complesso od oneroso, oltre che inutile.

Il Gse, da parte sua, deputato all’attuazione della legge, deve scegliere se voltarsi dall’altra parte facendo finta di niente, nei casi diffusi in cui i proprietari di questi piccoli impianti non rispettino l’obbligo di comunicare il fuel mix, o segnalare le violazioni di una legge che in questo particolare ambito è insensata, oltre che difficilmente applicabile.

L’applicazione della norma è insensata perché è chiaro che i titolari di questi impianti fotovoltaici residenziali, anche se vendono energia alla rete, non sono certo proprietari anche di centrali a gas o a carbone di cui comunicare un eventuale mix.

Ed è insensata soprattutto perché il Gse ha già in casa tutti i dati di produzione e vendita di tale energia e perché la natura rinnovabile dell’energia prodotta da questi impianti è definitivamente e assolutamente acclarata ab origine nel momento in cui il Gse stipula con il cliente la convenzione di ritiro dedicato.

Non c’è insomma niente da dichiarare che il Gse non sappia già in questi casi.

Organizzazioni di settore, come l’Associazione Tecnici Energie Rinnovabili (Ater), hanno sollevato il problema fin dalla messa a terra del Superbonus, cioè fra la fine del 2020 e l’inizio del 2021, ci ha detto il presidente di Ater, Simone Bonacini. Ma ancora il legislatore e le istituzioni deputate non hanno aggiornato le norme per metterle al passo con la realtà.

Guida per gli utenti

Sulla carta, quindi, i proprietari di piccoli impianti domestici in ritiro dedicato che non rispettino l’obbligo annuale di comunicazione del fuel mix rimangono inadempienti e quindi esposti a possibili sanzioni.

In realtà non è neppure chiaro chi eventualmente dovrebbe emettere la sanzione, ci ha detto Bonacini. Né esiste una commisurazione certa di un’eventuale multa, visto che le sanzioni previste dal decreto fanno riferimento a mancati adempimenti sulle garanzie di origine che non sembrano applicabili in questo ambito.

Il Gse, da parte sua, non ha potere sanzionatorio, e secondo il decreto dovrebbe fare semplicemente delle segnalazioni per i seguiti di competenza dell’Autorità per l’energia. Ad oggi, le attività di verifica del Gse sono state svolte sulle comunicazioni fuel mix delle imprese di vendita e in particolare sulla verifica dei contratti di vendita di energia rinnovabile di cui alla delibera Arera ARG/elt 104/11.

Per quanto insensata sembri la norma in riferimento agli impianti domestici, e per quanto non ci risulti che finora sia stata comminata alcuna sanzione a nessuno dei piccoli proprietari inadempienti, cosa deve fare un titolare d’impianto per rispettare in pieno la lettera della legge e comunicare il proprio fuel mix?

Tempi e costi

Il fuel mix per un dato anno deve essere comunicato al Gse in via telematica entro il 31 marzo dell’anno successivo.

I proprietari di impianti fotovoltaici commerciali in ritiro dedicato, anche non grandissimi, cioè di poche decine o centinaia di kWp, spesso fanno rientrare la comunicazione del fuel mix nel contratto di manutenzione ordinaria che hanno sottoscritto con aziende del settore.

Chi non abbia uno di questi contratti può richiedere comunque lo svolgimento di un servizio ad hoc alla propria azienda di fiducia, ad un costo che, generalmente, per impianti di pochi kWp, sarà di almeno 50-100 euro + Iva + contributo per la cassa previdenziale.

Tale costo potrà essere anche maggiore se un tecnico deve venire fisicamente a leggere il contatore di immissione nel periodo predisposto, cioè entro il mese di gennaio dell’anno successivo a quello di riferimento, perché dopo il primo mese del nuovo anno i dati dell’anno precedente non saranno più leggibili dal contatore.

Ricordiamo, infatti, che per queste comunicazioni fanno testo solo i dati del contatore e non quelli di eventuali sistemi di monitoraggio del proprietario.

L’onere per la comunicazione del fuel mix è quindi trascurabile se compreso in un pacchetto di servizi di manutenzione e pratiche amministrative, come la comunicazione annuale all’Agenzia delle dogane per gli impianti sopra i 20 kWp. Se, invece, non si ha un contratto di manutenzione, quei 50-100 euro che si pagano in questi casi avranno un “peso specifico” sempre maggiore via via che cala la taglia dell’impianto.

Il problema è che sottoscrivere contratti di manutenzione per i titolari di centinaia di migliaia di impianti fotovoltaici domestici, a prescindere dal tipo di convenzione col Gse, è anti-economico. Almeno dal punto di vista del portafoglio, infatti, è difficile giustificare per un impianto da 3 kWp una spesa che può facilmente raggiungere qualche centinaio di euro l’anno (si veda Fotovoltaico e manutenzione degli impianti domestici: prima di tutto il monitoraggio).

Anche volendo pagare solo per il servizio di comunicazione del fuel mix, un proprietario che immette in rete, per esempio, 2000 kWh l’anno, remunerati a 6 centesimi al kWh, ricaverà 120 euro, su cui deve pagare le imposte sul reddito. Se poi si decurtano i 50-100 euro + Iva della pratica fuel mix, il titolare è destinato a rimetterci o nella migliore delle ipotesi a ritrovarsi in tasca ben pochi euro.

Volendo attenersi alla legge, rimane quindi un’unica soluzione.

Il fai da te

Per comunicare il tipo di fonte energetica usata dalla propria unità di produzione (Up) bisogna registrarsi online sul portale Fuel Mix del Gse e completare la procedura dedicata. Come spesso succede, l’interfaccia del portale non è particolarmente semplice e intuitiva al primo impatto.

In realtà, per chi ha un minimo di dimestichezza con l’e-commerce e i portali online, una volta compresi i menù e le schermate del portale, nonostante la sua pessima interfaccia, dovrebbe risultare piuttosto semplice, nel giro di una mezz’ora circa, completare le varie fasi.

Oltre al manuale utente (pdf) del Gse, sono disponibili online vari video esplicativi, che si potranno trovare inserendo diciture tipo “fuel mix Gse tutorial” nei motori di ricerca.

L’utente solitamente sarà già registrato sul portale generale del Gse. Nel caso in cui non lo fosse, dovrà prima registrarsi e poi scegliere la sezione “fuel mix”. Dopodiché dovrà popolare una serie di schermate che vanno dalla scelta del profilo all’anagrafica dell’impianto, dal caricamento dei dati in due possibili formati al loro salvataggio e invio.

È importante ricordarsi di fare da soli entro il mese di gennaio quanto accennato sopra, e cioè andare a leggere il contatore di immissione (non quello di produzione), cioè il contatore standard che si aveva anche prima di installare l’impianto fotovoltaico oppure il nuovo contatore bidirezionale se il vecchio è stato già cambiato.

Si dovrà premere il pulsante a disposizione per passare in rassegna le varie voci A1, A2 e A3 e trascriverne i valori, da indicare poi sul portale del Gse. Anche in questo caso sono facilmente reperibili online dei tutorial su come leggere i contatori.

Un’altra cosa importante da sapere è che il caricamento dei dati sul portale del Gse si può fare esclusivamente durante una finestra temporale di un solo mese, solitamente a marzo, con scadenza quindi il 31 marzo, salvo deroghe che vengono comunicate di anno in anno.

Se si manca quella finestra, non si potranno più caricare i dati per quell’anno in una finestra successiva, anche perché ormai il Gse avrà già comunicato ad Arera i dati sul fuel mix e non si andrà a fare correzioni successive di quel dato.

Per completare tutti i passaggi è necessario avere sottomano alcuni dati obbligatori, e cioè il codice Censimp, il codice Ric Censimp, il codice Rup/Sapr e la potenza esatta in kWp dell’unità di produzione – tutte informazioni che l’utente dovrebbe avere già nelle certificazioni dell’impianto. Una volta inseriti i dati obbligatori, il portale recupererà automaticamente gli altri dati dal sistema Gaudì di Terna.

Conclusioni

È auspicabile che le istituzioni tolgano gli utenti e sé stesse d’impaccio il prima possibile, aggiornando norme e regolamenti in modo da stabilire almeno una potenza minima d’impianto, sotto la quale esentare i titolari dall’obbligo di comunicare il fuel mix, demandando al Gse il computo delle loro immissioni in rete.

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