Una falsa idea di transizione energetica: l’Italia guida la corsa europea per nuove centrali a gas

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Nel nostro Paese ci sono 14 GW in corso di sviluppo (pre-costruzione e costruzione), la potenza più elevata nell'Ue. Dati e analisi del Global Energy Monitor.

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Cosa si fa per la transizione energetica in Italia? Pare investire in centrali alimenatate a gas.

Un dato ci conferma questa afffermazione: in Italia ci sono più di 14 GW di nuove centrali a gas in corso di sviluppo attivo (pre-costruzione e costruzione), più che in ogni altro singolo paese dell’Unione europea.

Mentre su scala globale, se tutti i progetti di impianti a gas in fase di valutazione fossero costruiti, si aggiungerebbero oltre 615 GW di nuova potenza alimentata da questo combustibile fossile, con investimenti per quasi 509 miliardi di dollari.

Il gas, insomma, potrebbe battere il carbone quanto a nuovi impianti, perché nel mondo le centrali a carbone in cantiere ammontano a 456 GW.

Sono i dati più rilevanti che emergono dal rapporto “Boom and Bust Gas 2022″ del Global Energy Monitor (link in basso).

In Europa solo la Gran Bretagna è davanti al nostro Paese su questo fronte, con quasi 17 GW di unità a gas in vari stadi di sviluppo.

Più in dettaglio, in Italia ci sono 13,8 GW di gas in fase di pre-costruzione e 780 MW in costruzione, a fronte di 44 GW di impianti già operativi nello Stivale.

In totale in Europa (Ue più Gran Bretagna), le nuove centrali a gas che potrebbero vedere la luce ammontano a 65 GW, per investimenti complessivi di circa 61 miliardi di $.

In sostanza, in Italia e Gran Bretagna si concentrerebbe quasi metà del previsto incremento totale di potenza a gas in Europa, come riassume la mappa sotto, tratta dal rapporto.

Guardando alla scala globale, gli analisti evidenziano che il boom del gas coinvolgerà un ampio numero di Paesi: la Cina è al primo posto con 77 GW in corso di “Active development”, poi Vietnam (56 GW), Brasile (49 GW), Stati Uniti (34 GW) e altre Nazioni con 18-23 GW a testa, tra cui Bangladesh, Iran, Kuwait.

Diversi Paesi, infatti, soprattutto in Asia, puntano a uscire gradualmente dal carbone sostituendolo con il gas.

Anche in Europa, Italia in primis, il concetto di transizione energetica resta troppo agganciato al ruolo “ponte” del gas verso le rinnovabili, come ha confermato la decisione della Commissione Ue di includere il gas (insieme con il nucleare) nella tassonomia degli investimenti sostenibili, dietro le pressioni di alcuni Stati membri.

La guerra di Putin in Ucraina ha sparigliato alcune carte, perché i Paesi Ue si sono resi conto improvvisamente che la Russia non può essere più considerato un fornitore affidabile di gas e stanno cercando nuove rotte di approvvigionamento.

Almeno nel breve termine, però, le soluzioni proposte sono legate soprattutto a come rimpiazzare il combustibile russo con altro gas, mentre occorre accelerare la diffusione delle tecnologie pulite, altrimenti il rischio è di sostituire una dipendenza energetica (da Mosca) con una nuova dipendenza energetica da altri fornitori, che potrebbero rivelarsi altrettanto poco affidabili.

Eppure, secondo un documento congiunto pubblicato da alcuni think tank sui cambiamenti climatici e la transizione energetica, tra cui E3G ed Ember, fonti rinnovabili ed efficienza potrebbero sostituire il 66% del gas proveniente dalla Russia, per un totale di 101 miliardi di metri cubi/anno.

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