L’evoluzione del ruolo dell’Energy Manager in Italia

L’ultima indagine della FIRE sul profilo dell'energy manager: attività, percezioni e aspettative per comprendere il livello di maturità di questa figura e individuarne esigenze e nuove opportunità.

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L’Energy Efficiency First è un principio fondante della politica energetica dell’Ue.

Significa che l’efficienza energetica deve essere presa in considerazione dai Paesi dell’Ue in tutte le decisioni politiche e di investimento prese nei settori energetici e non energetici.

Dal 1991 c’è una figura in Italia, voluta per legge, che è una opportunità per l’efficienza energetica: l’energy manager. Ha il compito di gestire ciò che riguarda l’energia all’interno di un’azienda, un ente pubblico, o più in generale una struttura, verificando i consumi, ottimizzandoli e promuovendo interventi mirati all’efficienza energetica e all’uso di fonti rinnovabili.

FIRE ne gestisce le nomine, su incarico del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, e annualmente stila un rapporto evidenziando le evoluzioni della figura sotto diversi punti di vista.

L’ultima indagine della Federazione, presentata nei giorni scorsi, ha permesso di scattare una fotografia del profilo, delle attività, delle percezioni e delle aspettative degli energy manager per comprendere il livello di maturità di questa figura e individuarne esigenze e opportunità di evoluzione.

Si tratta di una fotografia che FIRE realizza usualmente ogni cinque anni per cogliere i cambiamenti del ruolo dell’energy manager, anticipata quest’anno per meglio verificare l’impatto successivo della pandemia e della crisi dei prezzi energetici, per cui la confronteremo con quella 2020.

Il ruolo dell’energy manager all’interno delle organizzazioni private

Il sondaggio tra gli energy manager nominati tra il personale interno alle organizzazioni ha consentito di ottenere dati in merito ai profili che vengono scelti per ricoprire tale ruolo nei contesti aziendali.

Dai risultati è emerso che il 70% degli energy manager interni sondati ha un profilo di alto livello (quadro, dirigente), contro il 64% delle statistiche generali.

In merito all’inquadramento, che si rivela molto vario, segnaliamo che il 37% del campione è responsabile del sistema di gestione dell’energia o di un altro sistema di gestione, il 27% appartiene all’area servizi e manutenzione, l’8% alla direzione generale o in staff all’amministratore delegato.

La presenza di un energy manager interno all’organizzazione si rivela particolarmente utile proprio nel momento in cui l’organizzazione commissiona a un terzo (EGE o ESCo) lo svolgimento della diagnosi energetica.

Il compito dei consulenti esterni è facilitato se all’interno dell’azienda è presente una persona che segue le tematiche energetiche con continuità. Rispetto all’indagine 2020, la percentuale di energy manager che hanno partecipato all’attività di diagnosi in collaborazione con soggetti terzi è aumentata, così come anche quella di energy manager coinvolti nella diagnosi realizzata internamente.

La difficoltà principale nel rendere il proprio ruolo incisivo e determinante sull’operato dell’organizzazione è legata essenzialmente alla mancanza di un budget per gli interventi di efficientamento.

Solo una minoranza degli energy manager interni gestisce effettivamente una somma di denaro da dedicare all’efficienza energetica.

Se l’alta direzione non ripone fiducia nell’operato dell’energy manager, assegnandogli la gestione di un budget da investire nei progetti di miglioramento dell’efficienza energetica, l’azione della persona nominata risulta meno efficace. Va a tale proposito segnalato che la percentuale degli energy manager che non gestiscono un budget è inferiore rispetto a quella emersa dall’indagine 2020 (il 62% risponde infatti di gestirne uno).

Il 62% degli energy manager interni ritiene che il suo impatto sulle scelte aziendali sia buono o discreto (solo il 16% lo ritiene insufficiente) e il 61% vede il suo ruolo in crescita rispetto agli anni precedenti.

Gli Energy Manager nella PA

Nel contesto pubblico, l’azione dell’energy manager si articola su attività di diverso genere.

Dall’indagine è emerso che il grosso dell’attenzione e dell’impegno è stato rivolto agli investimenti in interventi di efficienza energetica nei servizi e verso l’eliminazione degli sprechi, confermando quanto emerso nell’indagine del 2020.

Resta invece ancora sullo sfondo l’attività di verifica e validazione delle relazioni sulle prestazioni energetiche degli edifici, malgrado l’efficientamento degli edifici sia una priorità per le amministrazioni pubbliche sia locali che centrali, come ribadito anche nella recente rifusione della Direttiva Efficienza Energetica.

La disamina delle risposte alla domanda “Quali interventi di efficienza energetica sono stati realizzati nell’ultimo triennio?restituisce informazioni utili a comprendere come nella PA l’azione degli energy manager si sia focalizzata sull’installazione di impianti fotovoltaici, la coibentazione degli edifici e la sostituzione dei vecchi corpi illuminanti con i LED.

Non trascurabili le percentuali relative alle pompe di calore e alle caldaie a condensazione. Si sottolineano, a tal proposito, le differenze rispetto ai risultati della precedente indagine (2020) nella quale era emersa la prevalenza degli interventi sulle caldaie a condensazione e la percentuale di interventi realizzati sulle pompe di calore era meno del 6%.

Energy manager consulenti: diagnosi energetiche, incentivi e benefici multipli

Gli energy manager possono anche essere nominati all’esterno delle organizzazioni, come consulenti.

Si tratta di una scelta tipica dei soggetti medio-piccoli. Gli energy manager esterni, che sono in prevalenza EGE certificati, giocano un ruolo forte nello svolgimento delle diagnosi energetiche presso i soggetti nominanti.

A tal proposito, la maggioranza assoluta degli energy manager esterni sondati ha risposto di aver partecipato all’attività di diagnosi, condotta, nella maggior parte dei casi, per proprio conto. Tale tendenza conferma quanto emerso nell’indagine del 2020.

Alla richiesta di descrivere in sintesi le azioni intraprese nel periodo di nomina, la maggioranza dei partecipanti ha indicato attività relative all’acquisto di vettori energetici e a investimenti in interventi di efficienza energetica nei servizi. Si segnalano le differenze con i risultati dell’indagine 2020 in cui, al contrario, la percentuale maggiore era stata riscontrata sull’eliminazione degli sprechi.

Il 35% degli energy manager esterni interpellati ha confermato di aver usufruito di incentivi per l’efficienza energetica negli ultimi 12 mesi (in prevalenza certificati bianchi).

L’accesso ai meccanismi incentivanti può essere difficoltoso a causa di alcuni ostacoli come la richiesta di integrazioni o la mancanza di chiarezza delle procedure, anche se la maggioranza degli energy manager esterni contattati ha affermato di non aver riscontrato problemi, un’indicazione in linea con i passi avanti fatti in particolare per il meccanismo dei certificati bianchi, come emerso dagli eventi e dalle indagini FIRE dedicate al tema e confermato dalla crescita dei titoli emessi nel 2023 e all’inizio del 2024.

Recentemente, il tema dei benefici non energetici indirettamente connessi agli interventi di efficientamento ha assunto un’importanza crescente. Pertanto, l’indagine ha inteso approfondire anche tale aspetto.

È emerso che solo una minoranza degli energy manager esterni non mostra interesse verso tale tematica (vedi grafico).

Il tema dei benefici multipli è ormai sufficientemente noto e l’attenzione degli addetti ai lavori è progressivamente in crescita.

Comunità energetiche, sistemi di gestione dell’energia ed EGE

FIRE ha analizzato anche il rapporto tra energy manager e comunità energetiche rinnovabili.

Nel prossimo futuro la figura assumerà un’importanza chiave nell’implementazione delle CER. Interrogati sull’argomento, il 43% dei rispondenti ha affermato di aver avviato le valutazioni per la costituzione di una comunità energetica (vedi grafico).

Altro dato rilevante: sono in aumento gli energy manager che lavorano all’interno di un sistema di gestione dell’energia (SGE).

Nel 2022 erano 334 le organizzazioni certificate ISO 50001 con un energy manager (+79% rispetto al 2016). Questo è importante perché rafforza il ruolo dell’energy manager e ne potenzia l’azione, a tutto beneficio dell’organizzazione che lo nomina.

Cresce, infine, il numero degli EGE certificati tra gli Energy Manager: 21% per i dipendenti e 71% per i consulenti.

Questa differenza è dovuta principalmente al diverso lavoro svolto – un energy manager dirigente o quadro spesso smette di lavorare direttamente su diagnosi energetiche e altri compiti obbligatori per mantenere la qualifica di EGE, pur seguendoli e avendo maturato nel tempo le competenze richieste – e allo scarso interesse da parte di molte aziende a certificare i propri energy manager.

Molto importante la crescita degli EGE fra i consulenti, perché in tal caso si cerca proprio un profilo esperto nell’energy management.

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