Eolico offshore, altro che i no italiani: in UK via libera a nuovo parco da 1,8 GW

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La Gran Bretagna punta a 40 GW di turbine in mare nel 2030. In Italia invece fa discutere il progetto da 330 MW a Rimini.

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Ci sono paesi, come la Gran Bretagna, che già da anni scommettono con successo sull’eolico offshore come ingrediente essenziale di un mix elettrico de-carbonizzato (certo favoriti dalle condizioni dei loro mari: bassi fondali, venti forti e costanti).

E proprio la Gran Bretagna vedrà aggiungersi un nuovo super-parco da 1.800 MW quasi 50 km al largo di Norfolk: le autorità inglesi, infatti, hanno appena approvato il progetto Norfolk Vanguard di Vattenfall, il colosso elettrico svedese che costruirà l’impianto da 90-180 aerogeneratori (il numero finale dipenderà dal modello di turbina selezionato e dalla sua capacità nominale).

Dovrà attendere ancora un po’, invece, il progetto presentato dalla società danese Ørsted, che intende realizzare il parco eolico Hornsea 3 da 2.400 MW, al largo delle coste orientali dell’Inghilterra.

Ricordiamo che la Gran Bretagna punta a 40 GW di eolico offshore nel 2030 (oggi: circa 10 GW) e per riuscirci dovrà installare in media 3 GW ogni anno di nuove turbine in mare, mentre negli ultimi tre anni si è rimasti sempre sotto 2 GW.

Insomma il governo inglese dovrà accelerare i procedimenti per le autorizzazioni che in parecchi casi sono ancora troppo lunghi; e anche pochi mesi possono fare la differenza quando ci sono in ballo progetti da centinaia di MW.

E di fronte a numeri e prospettive di questo genere, emerge con sempre più evidente chiarezza l’enorme lacuna culturale che l’Italia ha da colmare quando si parla di eolico in mare.

La vicenda del parco da 330 MW a Rimini ha già fatto fiorire i commenti anacronistici di esponenti della Lega, secondo cui un’installazione del genere sarebbe “un grave danno per tutti” con particolare riferimento al turismo e alla pesca.

E pure la posizione della Regione Emilia Romagna ha suscitato le perplessità di Legambiente.

L’associazione ambientalista, favorevole al progetto riminese, ha richiamato un intervento sulla stampa locale dell’assessore regionale al Turismo, Andrea Corsini, dove secondo Legambiente (neretti nostri) si liquida l’eolico offshore – una delle tecnologie mondiali più importanti per combattere il cambiamento climatico – con frasi infondate come quella che ‘Nel Nord Europa le pale eoliche sono state superate’, con una priorità al fossile ‘In Adriatico abbiamo già le piattaforme petrolifere’ o banalizzando il tema del paesaggio, in una riviera continuamente assaltata dal cemento”.

Tra l’altro, sottolinea Legambiente, lo stesso presidente della regione, Stefano Bonaccini, ha sostenuto la posizione sostanzialmente contraria di Corsini in un botta-risposta affidato a dei tweet.

Insomma la sindrome Nimby (Not in my backyard, cioè “non nel mio cortile”) sta colpendo anche l’eolico offshore, una tecnologia che invece potrebbe aiutare l’Italia a raggiungere più rapidamente i suoi obiettivi su energia e clima al 2030.

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