Eni, scarso impegno nelle rinnovabili e il palliativo degli alberi in Africa

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Solo il 4 % degli investimenti al 2022 andranno alle rinnovabili. Si continua a investire nelle fossili, che cresceranno del 3,5% l’anno. La posizione della Fondazione Finanza Etica sul piano decarbonizzazione della partecipata statale nell'assemblea degli azionisti.

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Nel piano strategico Eni 2019-2022 alle rinnovabili andrà solo il 4,24% degli investimenti totali (1,5 mld di euro).

Si punta invece a far crescere, del 3,5% ogni anno, la produzione di combustibili fossili, sostenuta da investimenti pari a circa 26 mld di euro, il 77% del totale stanziato (33 mld). In questi quattro anni la partecipata statale produrrà 2,5 miliardi di barili di nuove risorse, ottenuti perforando 140 pozzi esplorativi in tutto il mondo.

Eni, inoltre, prevede uno “sviluppo accelerato” del portafoglio GNL (gas naturale liquefatto) che raggiungerà 14 milioni di tonnellate/anno di volumi contrattualizzati nel 2022 e 16 milioni nel 2025, come evidenzia il piano.

Questi alcuni dati, che avevamo già commentato su queste pagine, e che sono stati evidenziati in una nota stampa da Fondazione Finanza Etica (FFE), che ha partecipato ieri, 14 maggio, all’assemblea degli azionisti di Eni.

“Non è questo il piano B che vorremmo vedere realizzato da Eni”, ha commentato la Fondazione, che aggiunge: “Compensare le emissioni piantando alberi è un palliativo, serve più impegno nelle rinnovabili”.

Per compensare le emissioni di gas serra infatti l’Eni, come spiega sul proprio sito, vuole puntare su “conservazione delle foreste ed economia circolare“, prevedendo la riforestazione di 8,1 milioni di ettari di terreni in Africa, un quarto della superficie dell’Italia. Entro il 2030, secondo la società, gli alberi dovrebbero riuscire a compensare tutte le emissioni dirette legate alle attività di esplorazione ed estrazione di petrolio.

Ma “si tratta di una minima parte delle emissioni totali – commenta FFE – perché non si tiene conto di quelle indirette, generate dall’utilizzo del petrolio e del gas che Eni commercializza, per esempio quelle prodotte dalle automobili o dalle centrali termoelettriche. Piantare alberi è solo un palliativo: da una parte si continua a espandere la produzione di combustibili fossili, come e più di prima, e dall’altra parte si cerca di rimediare, molto parzialmente, ai maggiori danni creati al clima. Ma i danni dovrebbero essere ridotti in partenza riducendo seriamente la produzione di petrolio a favore delle rinnovabili”.

Sull’impatto ambientale delle attività Eni in Italia ricordiamo anche gli sversamenti in Val D’Agri, in Basilicata, che ha avuto però una limitata copertura giornalistica.

Fondazione Finanza Etica è intervuta a nome della rete europea di investitori istituzionali SfC – Shareholders for Change, di cui è socia fondatrice e ha votato in accordo con i membri francesi Meeschaert Asset Management e Ecofi Investissement, che detengono circa 100.000 azioni di Eni.

Aggiornamento del 16 maggio: L’Ad Descalzi smentisce, con colpevole ritardo, l’annuncio della riforestazione di 8,1 milioni ha in Africa (cosa peraltro detta dalla presidente Emma Marcegaglia in apertura di assemblea degli azionisti) e parla invece di mera conservazione delle foreste.

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