Elogio del solare termico come altra soluzione per tagliare i consumi europei di gas

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Perché il solare termico deve avere la stessa attenzione delle altre tecnologie da parte di progettisti e decision maker. Vantaggi di una tecnologia matura ma troppo poco considerata.

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In Europa stiamo cercando, confusamente, più strade per affrancarci dalle fonti fossili e soprattutto dalla dipendenza dal gas russo.

Puntiamo sull’elettrificazione dei consumi (pompe di calore), sulle rinnovabili come il FV e l’eolico, sugli accumuli, sull’efficienza energetica e il risparmio. Tutto bene, anche se dovremmo fare meglio, di più e presto.

Allo stesso tempo, purtroppo, programmiamo nuove risorse fossili da estrarre dai nostri territori o cerchiamo quelle provenienti da altri paesi lontani, quasi mai esempi di stabilità e democrazia. Poi c’è chi dibatte ancora della “magica” opzione del nucleare, che però ha dietro un’industria che arranca da un paio di decenni.

Eppure, un altro tassello per tagliare la richiesta di fonti fossili, e per niente così marginale come molti credono, ce lo abbiamo in casa, ci fornisce da tempo calore pulito, non ha presenza di carbonio come nell’offerta elettrica con un mix energetico ancora non del tutto green e, cosa di non poco conto, le industrie europee sono pure leader mondiali nel campo.

Stiamo parlando del solare termico. Alzi la mano chi a casa ha dei pannelli solari termici e se ne lamenta per la loro scarsa efficienza! Scommettiamo che siano pochissimi. Tanti si sono persino scordati di averlo sul tetto, da anni affidabile, silenzioso, produttivo, e taglia-bolletta energetica.

Una tecnologia matura che negli ultimi anni è messa ingiustamente in contrapposizione, anche dal punto di vista del sostegno pubblico, con il fotovoltaico e con le pompe di calore elettriche, sottovalutandone spesso i suoi vantaggi economici ed energetici.

Pochi sanno, infatti, che il solare termico ha un’efficienza migliore rispetto ad altre tecnologie solari, essendo in grado di fornire un’energia 3 volte superiore rispetto al fotovoltaico e al solare a concentrazione (CSP).

La giusta disponibilità di terreno o superfici sul tetto è un vincolo per il solare termico, che richiede di spazi importanti, ma considerando che può produrre la stessa energia con circa un terzo della superficie necessaria ad un impianto fotovoltaico, può rappresentare nelle aree urbane un’altra ottima soluzione di decrabonizzazione dei consumi.

Ad esempio, i collettori solari possono produrre calore superiore a 3 MWh all’anno con una superficie captante inferiore a 6,5 m2 (2/3 pannelli), mentre a un impianto fotovoltaico servirebbero circa 15-16 m2 per la stessa produzione di energia.

L’idea corretta di elettrificare il settore del riscaldamento deve però fare i conti con il fatto che questi interventi dovrebbero essere realizzati se è disponibile un’elevata quantità di energia da rinnovabili e/o quando si utilizzano soluzioni di riscaldamento efficienti, come pompe di calore di qualità e in abitazioni con un involucro ben isolato.

Dovremmo ricordarci che l’energia termica rappresenta il 50% dei consumi energetici finali, mentre l’elettricità è solo il 20% e i trasporti sono pari al 30%.

Perché allora il solare termico non può avere la stessa priorità nella progettazione di sistemi di produzione di calore, nell’attenzione nei regolamenti edilizi e dei decisori politici?

Anche in termini di costi è spesso più competitivo per diverse applicazioni. Ad esempio, un piccolo impianto “a termosifone”, un sistema a basso costo (2,8 kW termici) che ha il classico serbatoio in alto per l’accumulo termico diurno (12,7 kWh termici), può fornire acqua calda sanitaria in un paese mediterraneo a meno di 2 centesimi di euro per kWh.

Se poi parliamo di un grande sistema di teleriscaldamento solare (35 MW termici) con accumulo termico stagionale (142 MWh termici) perfino in Danimarca, dove sono impianti più diffusi, potrebbe portare a costi di generazione di soli 3,5 centesimi di euro per kWh.

Risparmio di CO2? Un impianto solare termico per acqua calda sanitaria e riscaldamento degli ambienti per una famiglia di 4 persone in Austria (ad esempio con 4 pannelli per circa 10 mq di superficie totale) consente di risparmiare circa 2 tonnellate di CO2 all’anno quando va a sostituire una caldaia alimentata a gasolio o gpl. Si tratta dell’equivalente di un anno di guida (14mila km) con una piccola (100 g CO2/km) e richiede, ovviamente, un investimento molto ridotto rispetto al veicolo. Nel centro sud Italia i risultati sarebbero ancora migliori.

Come abbiamo accennato l’industria europea, soprattutto quella dei collettori piani, è consolidata ed è leader tecnologico a livello mondiale, con buone capacità di export. Ha anche il vantaggio che non richiede minerali e materiali critici e dispone di una ampia gamma di canali di approvvigionamento per i suoi componenti principali (rame, alluminio, vetro).

Con barriere di ingresso nella tecnologia piuttosto basse, sia dal punto di vista tecnico che a livello di investimento, sarebbe un’industria pronta a creare numerosi nuovi posti di lavoro locali non solo nel comparto manifatturiero, ma anche in altri settori, dalla commercializzazione all’installazione.

Da parte degli operatori serve comunque una buona conoscenza della tecnologia e un’ottima esperienza nella termoidraulica solare per realizzare impianti di qualità. La formazione resta fondamentale, soprattutto se consideriamo la predisposizione naturale del solare termico ad essere integrato con altri impianti energetici come quelli a biomasse.

Il solare termico ha tutto il potenziale per aumentare la sua capacità installata nel segmento degli edifici, che resta finora il più importante: oltre 10 milioni di case europee sono dotate già di impianti solari termici. Entro il 2030, il calore solare può raggiungere nell’Ue i 140 GW termici nel settore edilizio, che corrisponderebbe a 0,3 kWt per cittadino, l’equivalente dell’attuale capacità installata pro capite solare termica in Austria.

Ma la tecnologia potrebbe fare un ulteriore salto con lo sviluppo di sistemi su larga scala per il teleriscaldamento o per la produzione di calore di processo industriale.

Secondo i dati delle agenzie energetiche Iea e Irena per il teleriscaldamento, potrebbe raggiungere i 140 GWt entro il 2030, e coprire così il 75% del calore generato in Europa (dato 2019) dai combustibili fossili solidi.

La generazione di calore di processo industriale può fare anche di più e raggiungere i 280 GWt entro il 2030, pari all’attuale consumo di un settore industriale come quello alimentare, delle bevande e del tabacco, che utilizza prevalentemente calore a bassa e media temperatura.

Questo comparto ha comunque una crescita importante. Nel 2019 l’impianto più grande in Europa (da 4 MWt) ha iniziato a operare in una cartiera in Francia e da allora sono stati installati impianti solari per le industrie sempre più grandi (in Croazia è in costruzione un sistema da 20 MWth).

Secondo un calcolo di Solar Heat Europe investire 200 miliardi di euro nel settore solare termico porterebbe ad un guadagno per industria, cittadini e imprese di 500 miliardi di euro. Un calcolo peraltro fatto su basi che oggi considereremo conservative: prezzo medio del gas degli ultimi tre anni, CO2 a 100 €/ton CO2, inflazione al 2%.

L’industria europea del solare termico si impegna a produrre 500 TWh di calore pulito in meno di 10 anni (un obiettivo secondo Irena e Iea previsto invece per il 2050). Parleremo di questa possibile roadmap in un altro articolo: un obiettivo che significherebbe produrre la stessa quantità di gas fossile prodotta annualmente nell’Unione europea o comunque una forte riduzione dell’import di metano.

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