Il nuovo ecobonus auto dovrebbe incentivare solo i modelli “non inquinanti” e invece comprende anche veicoli tradizionali benzina e diesel.
A sottolineare questa incongruenza sono alcuni deputati M5S in una recente interrogazione (primo firmatario Giuseppe Chiazzese), illustrata nel question time alla Camera di ieri, mercoledì 13 aprile, dal cofirmatario Luca Sut.
Si fa riferimento al decreto Energia (art. 22) e relativo Dpcm firmato da Mario Draghi che ridisegna e finanzia gli incentivi per acquistare veicoli elettrici, ibridi plug-in e con motori endotermici “a basse emissioni” che però possono arrivare fino a 135 grammi di CO2 per chilometro.
Altra incongruenza evidenziata è che si incentivano auto elettriche con un prezzo di listino massimo pari a 35.000 euro, Iva esclusa: spesso queste vetture non sono idonee alla ricarica con le colonnine veloci e ultra-veloci, che sono proprio le tipologie di colonnine che si installeranno grazie ai fondi del Pnrr.
Nella sua risposta, il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, ha spiegato che la finalità di tutte queste misure è “incentivare un settore in forte crisi, dando incentivi alla domanda e promuovendo il rinnovamento dell’attuale parco circolante tramite la sostituzione delle autovetture più inquinanti con mezzi caratterizzati da minore impatto ambientale”.
Il ministro ha ribadito il principio della “neutralità tecnologica” e della “transizione graduale” verso le nuove tecnologie, sostenendo che “anche i mezzi con motore endotermico di ultima generazione, prossimamente Euro 7, danno un effettivo e tangibile contributo all’attenuazione dell’impatto ambientale” e che si tratta “di misure chiaramente pensate per spingere l’acquisto dell’elettrico, ma senza che nella fase iniziale tale tecnologia sia l’unica a poter beneficiare degli aiuti”, perché questa scelta avrebbe portato “una vasta platea di utenti a non optare per il cambio di autovettura”.
Per quanto riguarda il limite di 35.000 euro per le elettriche, secondo Giorgetti “ha lo scopo di ampliare quanto più possibile la platea degli acquirenti, nella consapevolezza che le risorse limitate impongono un loro utilizzo in via prioritaria per utenti che altrimenti non potrebbero accedere, per motivi economici, all’acquisto di questa tipologia di veicoli; utenti che sono i tipici acquirenti di vetture di classe media”.
In futuro però “potranno essere opportunamente rivalutate le soglie di accesso alle singole misure, sia dal punto di vista dei parametri di impatto ambientale sia in merito all’ammontare dei tetti massimi di spesa dei singoli contributi”, ha chiuso Giorgetti.
Anche Motus-E, associazione che promuove la mobilità elettrica in Italia, nel commentare i dati sul mercato auto di marzo, aveva giudicato “inspiegabile” la decisione presa dal governo di aumentare ulteriormente il bonus per le auto ibride plug-in fino a 4.000 euro (a fronte dei 2.500 euro dello scorso anno) e di ridurlo invece per i modelli 100% elettrici.
Così come appare poco comprensibile il cap di prezzo a 35.000 € per le elettriche pure, contro i 45.000 € previsto per le ibride ricaricabili.
Questa impostazione degli incentivi, secondo Motus-E, “risulta ulteriormente incoerente con gli sviluppi attuali delle infrastrutture di ricarica ad uso pubblico, con i fondi stanziati nel Pnrr (focalizzati sulle ricariche veloci e ultraveloci) e gli importanti investimenti privati che sono già stati pianificati per questo e i prossimi anni. Infatti, con il tetto massimo degli incentivi a 35.000 € si escludono quasi del tutto le auto che ricaricano a potenze superiori ai 100 kW” (neretti nostri).