La crisi energetica e il rischio di una transizione “a due velocità”

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Aumento dei prezzi e ricerca della sicurezza energetica possono allargare il divario tra Paesi ricchi e in via di sviluppo in termini di capacità di investimento in tecnologie pulite. Dati e analisi nel rapporto annuale di DNV.

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La maggiore attenzione alla sicurezza energetica e l’aumento dei prezzi esasperano il divario tra l’Europa e il resto del mondo, in termini di decarbonizzazione e capacità di investire nelle tecnologie pulite.

Le emissioni di gas serra, ai massimi storici, fanno sì che il mondo si stia incamminando verso un aumento delle temperature globali di 2,2 °C per il fine secolo.

Le tendenze a lungo termine della transizione energetica rimangono comunque invariate: un rapido aumento delle rinnovabili e la crescita dell’elettrificazione sono necessari per controbilanciare gli shock a breve termine legati alle fonti fossili.

In questo quadro, la crescita della produzione di elettricità pulita rimane la forza trainante della transizione energetica, con le rinnovabili che rappresenteranno l’83% della produzione di elettricità entro il 2050.

Sono questi i punti principali del rapporto annuale di DNV Energy, intitolato “Transition Outlook”, consultabile dal link in fondo a questo articolo. Vediamone di seguito alcuni punti.

In Europa, gas in discesa

L’Europa, che può essere considerata l’area leader della transizione verde, punterà con decisione sulle rinnovabili e sulle misure di efficienza per aumentare la propria indipendenza energetica, mentre il consumo di metano è destinato a diminuire drasticamente a causa della guerra in Ucraina.

DNV ritiene che il vecchio continente consumerà quasi la metà del gas naturale nel 2050 rispetto alle previsioni dello scorso anno. A metà secolo il gas dovrebbe coprire solo il 10% della domanda energetica europea, rispetto all’attuale 25%.

Nei Paesi a basso reddito aumenterà il carbone

Nei Paesi a basso reddito, dove il costo è il principale motore della politica energetica, si assiste a una tendenza diversa.

I prezzi elevati dell’energia e dei generi alimentari stanno invertendo il passaggio dal carbone al gas e frenando gli investimenti nella decarbonizzazione.

La quota del gas nel mix energetico del subcontinente indiano, per esempio, si ridurrà dall’11 al 7% nei prossimi cinque anni, mentre la quota del carbone aumenterà.

Dinamiche di medio e lungo periodo

Più in generale, le pressioni inflazionistiche rappresentano un ostacolo a breve termine per la crescita delle rinnovabili. Secondo il rapporto, il momento in cui la quota di veicoli elettrici supererà il 50% delle vendite di veicoli nuovi, considerato come il punto di svolta nella storia della mobilità a livello globale, sarà posticipato di un anno, cioè al 2033.

Tuttavia, l’impatto dell’attuale crisi sulla transizione energetica globale è compensato dal crollo dei costi delle rinnovabili e dall’aumento dei costi del carbonio nel più lungo periodo.

“Le turbolenze del mercato energetico non andranno ad alterare in modo drammatico il percorso di decarbonizzazione verso la metà del secolo”, ha dichiarato Remi Eriksen, presidente del gruppo DNV. “Il motore più forte della transizione energetica globale sarà la rapida riduzione dei costi dell’energia fotovoltaica ed eolica, che attenuerà gli shock a breve termine a cui è attualmente sottoposto il sistema energetico”, ha spiegato.

Rinnovabili e altre fonti

Per la prima volta DNV prevede che l’energia non fossile si spingerà leggermente al di sopra del 50% del mix energetico globale entro il 2050, grazie alla crescita e all’ecologizzazione della produzione elettrica.

Il fotovoltaico e l’eolico sono già la forma di elettricità più economica nella maggior parte delle circostanze ed entro il 2050 cresceranno, rispettivamente, di 20 e 10 volte e domineranno la produzione di elettricità con una quota, rispettivamente, del 38% e del 31%.

Si prevede poi che la spesa per le rinnovabili raddoppierà nei prossimi dieci anni, superando i 1.400 miliardi di dollari all’anno, mentre la spesa per le reti supererà probabilmente i 1.000 miliardi di dollari all’anno nel 2030.

Il nucleare si limiterà a mantenere gli attuali livelli di produzione, a causa degli alti costi e dei lunghi tempi di sviluppo e realizzazione; la sua quota nel mix elettrico si ridurrà quindi dall’attuale 10% al 5% entro metà secolo.

L’aumento a breve termine del consumo di carbone non impedirà la sua rapida uscita dal mix energetico dopo il picco raggiunto nel 2014. Il consumo di petrolio, ormai stabile da alcuni anni, inizierà a diminuire bruscamente a partire dal 2030.

A causa della guerra in Ucraina, il consumo mondiale di gas sarà inferiore alle precedenti previsioni. Prima della guerra, DNV aveva previsto che il gas naturale sarebbe diventato la principale fonte di energia entro la fine di questo decennio, ma la data è stata posticipata al 2048.

Il percorso verso la neutralità carbonica

Il rapporto di quest’anno include anche il “Pathway to Net Zero”, ovvero il percorso più fattibile secondo DNV per raggiungere le zero emissioni entro il 2050 e limitare il riscaldamento globale a 1,5 °C.

Nonostante in occasione della CoP 26 il Segretario Generale delle Nazioni Unite, António Guterres, abbia definito la situazione come un autentico “codice rosso per l’umanità”, DNV prevede che il pianeta si riscalderà di 2,2 °C entro il 2100.

Nel 2021, le emissioni sono risultate in forte aumento, avvicinandosi ai massimi storici pre-pandemia, e il 2022 potrebbe registrare solo un calo dell’1% delle emissioni globali. Si tratta di due annipersi” nella lotta al cambiamento climatico, secondo il rapporto.

Per raggiungere lo zero netto a livello globale nel 2050 sarà necessario che alcune regioni e settori lo facciano molto più velocemente.

Le regioni Ocse devono raggiungere lo zero netto entro il 2043 e successivamente scendere al di sotto di tale livello, puntando sulla cattura e sulla rimozione del carbonio quali strategie per ottenere delle emissioni negative, anche se su questa tecnologia pesano fortissimi dubbi di fattibilità tecnica ed economica. La Cina dovrà ridurre le emissioni a zero entro il 2050, cioè dieci anni prima dell’attuale obiettivo del 2060.

Alcuni settori, come la produzione di energia elettrica, dovranno raggiungere il traguardo net-zero prima di metà del secolo, mentre altri comparti, come il cemento e l’aviazione, avranno ancora emissioni residue. Nel percorso tracciato da DNV, inoltre, il settore marittimo dovrà abbattere i gas serra del 95% entro il 2050.

Secondo l’analisi, non saranno necessari nuovi giacimenti di gas e petrolio dopo il 2024 nei Paesi ad alto reddito, e dopo il 2028 nei Paesi a medio e basso reddito, mentre gli investimenti nelle energie rinnovabili e nelle reti dovranno aumentare molto più velocemente. Nello specifico, i primi dovranno triplicare e i secondi crescere di oltre il 50% nei prossimi 10 anni.

DNV richiede, infine, un intervento politico molto più incisivo e ampio di quello attuale. La politica deve sfoderare tutte le sue armi, tra cui tasse e sussidi più elevati sul carbonio, oltre a requisiti, divieti e incentivi finanziari più forti per incoraggiare la sostituzione dei fossili con le rinnovabili, nonché regolamentazioni e normative più abilitanti.

“Con l’avvicinarsi del summit CoP 27, è importante che i responsabili politici riconoscano le enormi opportunità insite nella decarbonizzazione del mix energetico alla luce dei costi crescenti dell’impatto del cambiamento climatico. Le tecnologie necessarie per raggiungere l’obiettivo delle emissioni zero entro il 2050 già esistono, ma questo obiettivo non potrà essere rrraggiunto se non si mettono in atto anche tutte le necessarie misure di policy”, ha dichiarato Eriksen.

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