Comunità energetiche, perché le regole Gse escludono il terzo settore e tanti enti pubblici?

L’interpretazione restrittiva del Gse circa i soggetti che possono aderire alle comunità dell’energia rinnovabile lascia a desiderare. Va invece riallineata alle indicazioni della direttiva europea. Ecco cosa ci dice uno dei padri della normativa nazionale.

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articolo pubblicato il 28 gennaio 2020

La partecipazione ai progetti di energia rinnovabile dovrebbe essere aperta a tutti i potenziali membri locali sulla base di criteri oggettivi, trasparenti e non discriminatori”, recita la direttiva europea “sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili”, il cui recepimento è stato anticipato in Italia dal recente decreto Milleproroghe.

Ma le regole attuative del decreto sulle comunità dell’energia rinnovabile, pubblicate questa settimana dal Gestore dei Servizi Energetici (Gse), hanno interpretato in maniera restrittiva lo spirito della norma europea, lasciando “non del tutto soddisfatti” vari esponenti del settore rinnovabile italiano (Regole Gse).

Fra questi c’è Emilio Sani, consigliere di Italia Solare e partner dello studio legale Sani Zangrando, nonché tra i padri della norma italiana attuata, nata ricordiamo soprattutto grazie all’iniziativa del senatore Gianni Girotto recependo molte idee proposte proprio da Italia Solare e Legambiente.

Il cuore della critica di Sani è che la direttiva, quando fa riferimento alle comunità dell’energia rinnovabile, dice che bisogna assicurare la più ampia partecipazione di tutti i clienti finali che sono nell’area.

E invece, nelle regole attuative del Gse, si limita la possibilità di partecipare alle persone fisiche, alle piccole e medie imprese non energetiche, e ai comuni con le altre amministrazioni locali, escludendo di fatto tutti gli enti pubblici diversi dai comuni e soprattutto gli enti no-profit.

“Sembra abbastanza incoerente che una norma che nasce proprio per combattere la povertà energetica e sostenere l’uso solidale dell’energia escluda queste tipologie di soggetti”, commenta Sani a QualEnergia.it.

Avere adottato un’interpretazione eccessivamente restrittiva della norma, che non tenga conto che nella direttiva si fa riferimento alla più ampia partecipazione dei clienti finali, lascia qualche perplessità, secondo Sani.

Anche “perché i soggetti che si vanno a escludere non sono soggetti speculativi, che hanno finalità non congruenti con quelli delle comunità, ma proprio i soggetti no profit ed enti pubblici diversi dai comuni che invece sono soggetti che dovrebbero essere pienamente fra quelli cui si rivolge la normativa”, ha dichiarato il consigliere di Italia Solare.

“Personalmente mi aspettavo che ci fosse una interpretazione che non fosse restrittiva, perché ci sono questi elementi della direttiva comunitaria che dicono chiaramente che bisogna assicurare la più ampia partecipazione ai clienti finali che sono nella stessa area”, ha dichiarato Sani.

“Ci si aspetterebbero interpretazioni più di sostanza, più che sul tenore letterale delle norme, anche perché le norme di legge poi non fanno altro che riprendere quello che è scritto nelle direttive comunitarie, e le direttive comunitarie vanno interpretate sulla base dell’insieme delle loro previsioni e fra le previsioni c’è anche questa che dice che bisogna assicurare la più ampia partecipazione dei clienti finali”.

“Visto che questa è una disciplina sperimentale, spero che ci sia la possibilità di trovare delle soluzioni per allargare la partecipazione alle comunità dell’energia rinnovabile anche alle organizzazioni senza scopi di lucro e agli enti diversi dai comuni, ha aggiunto Sani.

Oltre alla questione della insufficiente inclusività delle regole attuative del Gse, si pone anche una questione tecnica-regolamentare legata all’individuazione del perimetro territoriale servito dalla stessa cabina di trasformazione, entro il quale devono rientrare i partecipanti ad una stessa comunità dell’energia rinnovabile, secondo la norma.

Tale questione, che non riguarda il Gse, ma Arera e i vari distributori elettrici, rende molto difficile la pianificazione autorizzativa e la progettazione tecnica delle comunità, come vi abbiamo illustrato in un precedente articolo.

Enel e gli altri distributori, per ragioni di riservatezza e sicurezza determinate dalle regole in vigore, non rendono pubblici i perimetri territoriali serviti dalle varie cabine di trasformazione. Ciò vuol dire che chi promuove e progetta una comunità dell’energia rinnovabile non può andare a colpo sicuro a proporla solo ai soggetti presenti nello stesso perimetro, perché appunto non si sa quali siano tali soggetti serviti dalla stessa cabina. Attualmente, è possibile verificare solo ex post se i punti di connessione siano effettivamente abbinabili sotto la stessa cabina.

“Si dice, cioè, tu dammi i numeri dei punti di connessione che vuoi far aderire alla comunità e io ti dico se sono sotto la stessa cabina secondaria”, ha fatto notare Sani.

“Questo rende tutto molto aleatorio, perché bisogna raccogliere le adesioni per la comunità a caso, nel senso che vai a farti firmare dei fogli di consenso della privacy e interesse alla partecipazione alla comunità da persone che non sai assolutamente se poi potrebbero o meno essere parte della comunità”.

Questo è un tema su cui sia Arera che i distributori dovrebbero trovare una soluzione più semplice, secondo Sani.

“Prendere a caso le adesioni delle persone e poi vedere se si abbinano rischia di far fare degli sforzi in termini organizzativi e di raccolta di adesioni che portano via molto tempo e denaro, per niente, perché poi magari viene fuori che la cabina secondaria è orientata in un modo per cui nessuna delle persone è tra loro abbinabile”, ha detto Sani.

Una questione collegata molto importante è il fatto che anche il dimensionamento, la progettazione preliminare di un impianto, necessari per avviare gli atti propedeutici alla richiesta di connessione, rischiano di essere un lavoro inutile, se non si sa qual è il perimetro della cabina.

“Se quando chiedi la connessione te la danno sotto una cabina che è diversa da quella dove hai raccolto le adesioni, quell’impianto che hai progettato non lo puoi usare per la comunità che stai facendo”, ha fatto notare Sani. “Bisogna trovare una soluzione che sia più ragionevole rispetto al semplice abbinamento dei numeri dei punti di connessione” ex post.

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