Comunità energetiche, un motore di innovazione economica e sociale. Ma come farle?

Un documento della Regione Emilia Romagna propone delle raccomandazioni per superare alcuni ostacoli che impediscono alle CER di svilupparsi sul territorio e di essere una leva per l'innovazione sociale e l'economia circolare e condivisa.

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La Regione Emilia Romagna vuole attivare 41 comunità energetiche entro il 2027.

Per facilitare la loro costituzione aveva anche promulgato la legge regionale 27 maggio 2022, n.5, ma al 30 settembre 2022, delle 54 Comunità totali presenti in Italia (37 di Autoconsumo Collettivo e 17 Comunità energetiche rinnovabili) solo 3 si trovano in Emilia Romagna.

Per questo, il Clust-ER Greentech della Regione Emilia Romagna, con il supporto di ENEA, ha condotto 24 interviste, coinvolgendo rappresentanti della ricerca, dell’impresa, della pubblica amministrazione e del terzo settore, per capire quali sono le principali criticità che si stanno incontrando per lo sviluppo delle CER nel territorio regionale.

I risultati dell’indagine – raccolti nel white paper “Criticità e potenzialità delle Comunità Energetiche Rinnovabili in Emilia‑Romagna” (allegato in basso) – ci dicono che si tratta soprattutto di difficoltà gestionali e tecnico-normative. Vediamole in dettaglio.

Difficoltà gestionali

Secondo l’indagine, la gestione della comunità è il tema più critico per tre motivi principali: culturale, temporale e per il ruolo della Pubblica Amministrazione.

L’ostacolo culturale consiste nella cattiva informazione sulle CER. Sebbene le informazioni reperibili (soprattutto online) sulle CER siano abbondanti e in costante aumento, si rileva una scarsa comprensione dei reali vantaggi. Le comunità energetiche vengono spesso presentate come semplici strumenti per risparmiare sulla bolletta, piuttosto che motori di un cambiamento di paradigma economico e sociale caratterizzato da innovazione sociale, condivisione ed economia circolare.

L’ostacolo temporale riguarda invece la distanza tra il tempo di attivazione di una CER e il tempo utile per quantificare le ricadute positive sul territorio verificabili nel medio termine; risultati su una lunga durata possono invece smorzare l’interesse dei soggetti coinvolti.

Un terzo elemento critico va ricercato nel ruolo della pubblica amministrazione: i Comuni possono essere un attore importante nelle CER, ma  finorea sono emerse tante difficoltà nel ricoprire un ruolo di gestore della comunità sia a causa delle scarse risorse disponibili che per limitate competenze interne. Il 57% degli intervistati ha infatti dichiarato di avere difficoltà nell’individuazione di attori che possano svolgere il ruolo di gestore.

Difficoltà tecniche e normative

Rispetto agli ostacoli tecnici, il 40% degli intervistati ha dichiarato di avere difficoltà nel reperimento dei dati delle curve orarie di carico e di produzione, necessari per il dimensionamento degli impianti. Queste azioni possono ovviamente essere più semplici per le grandi aziende e per le energivore, ma per i cittadini e per le PMI risultano dispendiose.

Anche l’ottenimento dei dati delle cabine di trasformazione è un altro aspetto non poco problematico, sia per quanto riguarda i flussi di informazione, sia per le tempistiche di ricezione dei dati da parte dei distributori (DSO).

Il 62% dei partecipanti considera critico il tema della disponibilità di superfici utili su cui realizzare impianti fotovoltaici.

Rispetto al dimensionamento di ogni singolo impianto che compone la CER, esiste ad oggi il limite massimo di 1 MW di potenza: l’impossibilità di aggregare alla CER impianti di dimensione superiore può disincentivare la creazione di alcune comunità, soprattutto se basate su impianti diversi dal fotovoltaico. Tuttavia, si ricorda che si possono associare più impianti da 1 MW ciascuno.

Un altro aspetto rilevante riguarda l’utilizzo dei sistemi di accumulo: uno dei principali limiti all’installazione di questi sistemi è il loro costo elevato (€ per kWh di capacità) e l’assenza di specifici incentivi.

L’incertezza normativa, per il 40% degli intervistati, stata causata finora dal ritardo nel recepimento dei decreti attuativi.

Anche nelle tempistiche burocratiche sono emerse forti criticità: i lunghi tempi e le procedure necessarie per la creazione della CER, come la scelta del modello giuridico (es. associazione o cooperativa), sono state ritenute molto problematiche in quanto richiedono competenze specifiche.

A partire da queste considerazioni, l’indagine suggerisce alcune raccomandazioni che potrebbero aoutare lo sviluppo delle CER in Emilia-Romagna, così come in altre parti delle penisola, provando innanzitutto a superare le difficoltà gestionali e tecniche.

Raccomandazioni gestionali

Per superare l’ostacolo culturale, una prima raccomandazione riguarda la corretta comunicazione dei benefici legati alle CER, che non deve focalizzarsi solo sugli aspetti economici. La divulgazione può essere facilitata da:

  • creazione di spazi di co‑progettazione
  • sportelli di informazione pubblici, anche finalizzati ad accrescere la consapevolezza sui consumi e le modalità di consumo
  • pacchetti informativi (come i documenti pubblicati da AESS, ANCI e ART-ER)
  • messa a sistema e capitalizzazione delle esperienze esistenti
  • formazione di Community Manager per la gestione delle comunità.

Tutto questo risulta più semplice se si parte dai piccoli comuni e condomini, dove l’applicazione sembra essere più fluida.

Per superare la difficoltà del ruolo della pubblica amministrazione in qualità di gestore della CER, lo studio suggerisce di assegnare alla PA un ruolo centrale nelle azioni di divulgazione, facilitazione, innesco e promozione della creazione delle CER.

Aggiunge, inoltre, che possono essere gestori della comunità, i soggetti con una formazione specifica e che abbiano sviluppato competenze trasversali in ambito economico, sociale e ambientale: le società ESCo – che avrebbero queste competenze – al momento non hanno incentivi e benefici nel metterle a disposizione.

Le ESCo e le aziende potrebbero beneficiare di incentivi fiscali, nel caso in cui agiscano in qualità di finanziatori, così da poter inserire nel loro business plan questo tipo di ritorno economico alternativo, oltre all’aspetto di “ritorno di immagine”.

Raccomandazioni per gli aspetti tecnici e normativi

Per superare le difficoltà per il reperimento dei dati, secondo gli autori del documento sarebbe utile istituire una modalità di gestione dei dati di consumo da utilizzare per profilare le utenze e raccoglierle in tipologie adeguate al dimensionamento e allo sviluppo di Business Plan più solidi.

Un settore da cui partire potrebbe essere quello artigianale-industriale perché il tempo di ritorno dell’investimento su sistemi di monitoraggio e automazione è più contenuto rispetto al settore residenziale, che comunque dispone di alcuni strumenti di supporto come il “Portale dei Consumi” di Arera.

Riguardo alla modellizzazione e previsione del comportamento della CER, si prospetta l’uso di strumenti analitici per individuare indicatori significativi al fine di ottimizzare i flussi energetici della CER e creare una simbiosi energetica all’interno della Comunità stessa.

Questo obiettivo può essere raggiunto anche con il supporto di sistemi di premialità che possono stimolare i membri della comunità a modificare i loro stili di consumo.

Sempre per facilitare la reperibilità dei dati, ma relativi alle cabine di trasformazione, il white paper raccomanda di incrociare il concetto di cabina con il concetto di area attraverso un Database Open, prevedendo delle modalità per gestire il flusso dei dati.

Suggerisce anche un’azione più incisiva del legislatore e delle autorità di gestione per un’efficace messa a disposizione dei dati di monitoraggio che comunque già oggi vengono raccolti, ma non resi disponibili in modalità adeguate a un trattamento automatico.

La difficoltà dell’accumulo energetico secondo gli autori è attualmente poco affrontata, ma dovrebbe diventare fondamentale perché può favorire, soprattutto in ambito industriale, azioni di Sector Coupling, cioè la combinazione di  settori che si integrano tra loro come l’elettrico, il termico e la mobilità.

Sempre per quanto riguarda gli aspetti tecnici, il Clust-ER Greentech ritiene che si potrebbe agire prevedendo:

  • la predisposizione di quaderni che illustrino possibili modelli di gestione legale e giuridica, tra cui le Benefit Corporation
  • la mappatura delle superfici utili (misura già prevista dalla legge regionale per quanto riguarda le superfici pubbliche)
  • raccomandazioni specifiche sulle altre metodologie di produzione di energia rinnovabile (impianti agrivoltaici, off-shore, eolici e a biomasse)
  • investimenti attraverso il “match funding”, ovvero la compatibilità tra CER e crowdfunding equitylendingreward, attraverso piattaforme certificate.

Per concludere, le criticità legate alla diffusione delle CER in Emilia Romagna, così come nelle altre regioni italiane, sono ancora numerose e tante le sperimentazioni ancora da fare.

Ma le raccomandazioni del white paper sono suggerimenti semplici e chiari che potrebbero aiutare a costituire queste comunità, non solo perché offrono benefici economici ma anche perché possono essere motori di innovazione dal punto di vista sociale.

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