In Spagna, il 50% dei contributi statali a sostegno delle CER è finito nelle mani di grandi imprese, utilities e gruppi di PMI classificate come “cacciatrici di sussidi”.
Lo rivela un’inchiesta di Publico, piattaforma giornalistica spagnola indipendente che, tracciando i sussidi concessi dalle PA nel 2023, ha concluso che sono state le imprese energetiche le maggiori beneficiarie degli aiuti.
Secondo quanto riportato, Repsol uno dei principali gruppi spagnoli del settore oil & gas, gestisce oltre il 30% dei sussidi europei alle comunità energetiche. In particolare, ben 24,3 milioni di euro dei fondi Next Generation destinati in Spagna alle CER sono andati a progetti in cui compaiono alcune filiali della stessa compagnia petrolifera.
Le cacciatrici di sussidi, invece, hanno monopolizzato il 18,4% degli aiuti concessi dall’Istituto per la Diversificazione e il Risparmio dell’Energia (IDAE), ente pubblico spagnolo che si occupa di efficienza energetica ed energie rinnovabili alle dipendenze del Ministero per la Transizione Ecologica e la Sfida Demografica (MITECO).
IDAE, infatti, ha concesso più di 77,6 milioni di euro dal 2022 nei quattro bandi CE-Implementa, misura del PNRR spagnolo destinata a sostenere la realizzazione di progetti pilota di CER.
A questi bandi, oltre ai gruppi di cittadini hanno risposto anche grandi aziende e altri attori privati gestendo 28 dei 151 progetti finanziati. Nello specifico, la divisione rinnovabile di Repsol, Edinor, gestisce 15 delle comunità sovvenzionate, mentre Ekiluz, frutto dell’alleanza di Repsol con il gruppo Mondragón, promuove 13 iniziative.
Tutto legale. Infatti, Edinor ed Ekiluz non ricevono direttamente i contributi in quanto non sono membri di dette comunità energetiche, alle quali partecipano in qualità di gestori, promotori, progettisti o partner tecnologici ma, rileva Publico, si tratta di una distorsione del modello di transizione energetica che, attraverso le CER, dovrebbe essere destinato in primis ai cittadini e agli Enti Locali per generare in via prioritaria benefici socio-economici e ambientali per le comunità, come previsto dalla Direttiva UE.
Oltre a Repsol, si sono interessate alle CER anche i giganti spagnoli dell’elettricità, le quattro aziende che controllano il settore della distribuzione in una situazione che la testata giornalistica descrive come un oligopolio zonale: Endesa, EDP, Iberdrola e Naturgy. I quattro, sintetizza Publico, “approfittano del quadro e del concetto di comunità energetica, con o senza sussidi, per unirsi a un concetto energetico presumibilmente nelle mani della gente che ha poco a che fare con ciò che è approvato dall’Europa”.
Chi finanzierà e gestirà le CER in Italia?
Nella fase iniziale, ad agevolare la realizzazione di studi di fattibilità per la progettazione di CER ci hanno pensato le Regioni.
Non molte a dire il vero, non tutte e non subito. Alla regione Emilia Romagna, che ha stanziato cifre anche importanti per i promotori di CER che si sono candidati al bando, hanno fatto seguito Campania e Basilicata, entrambe con piccoli contributi a pioggia.
Una strada diversa quella intrapresa dalla Lombardia, che ha offerto un servizio di Assistenza Tecnica erogata anche attraverso Fondazione Cariplo, e dalla Liguria dove questo compito è erogato da IRE, l’agenzia regionale per l’energia, ente partecipato al 100% dalla Regione e che da poco ha aperto un bando per cercare gli advisor.
Un importante contributo è inoltre arrivato dalle Fondazioni di Origine Bancaria. Oltre a Cariplo, si è distinta per solerzia la Fondazione Compagnia San Paolo che, giunta al terzo bando, ha sostenuto prima il percorso di progettazione e, infine, quello di realizzazione di CER promosse da Enti Locali delle regioni Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta.
Più o meno celermente e con diverse modalità si sono attivate poi le Fondazioni di Origine Bancaria della Toscana (Casse di Risparmio di Firenze, di Pistoia, di Livorno), del Veneto (Casse di Risparmio di Verona e di Venezia), dell’Emilia Romagna (Casse di Risparmio di Parma e di Imola). Si tratta di fondi pubblici e privati destinati prevalentemente ai beneficiari effettivi, Enti locali, gruppi di cittadini e imprese, che hanno così potuto finanziarsi l’avvio del percorso.
Ruolo di PMI, energetici e utility: opportunità o perversione dello spirito delle CER?
La posta in gioco è alta. Infatti, ai 2,2 mld € del PNRR bisogna aggiungere 3,5 miliardi di incentivi oltre alla dotazione a disposizione delle Regioni che finanzieranno a loro volta CER e nuova produzione rinnovabile.
Già un anno fa, quando si è cominciato a capire che difficilmente le grandi imprese avrebbero potuto partecipare alle CER, uno studio Agici-Accenture intitolato “Modelli per promuovere le comunità energetiche: un’opportunità per le utilities” raccomandava di puntare anche su due nuovi modelli – in aggiunta alle configurazioni esistenti – che prevedessero un ruolo più centrale delle utility energetiche e quindi una maggiore scalabilità delle iniziative (Comunità energetiche rinnovabili, ecco perché le utility possono avere un ruolo chiave).
Le imprese, tuttavia, si erano già mosse, pur con diversi approcci.
Tra le esperienze che abbiamo variamente documentato, quella di Bryo. Partita nel 2021 finanziando gli impianti di quattro imprese della meccanica (Un progetto di Comunità energetica nella zona industriale di Imola), ora rilancia e diventa produttore esterno di una nuova CER, la Comunità Energetica Cooperativa Ravenna, che comprende sei cabine primarie i cui fondatori sono nove soggetti aderenti a Legacoop Romagna.
I big player energetici non sono certo stati a guardare e hanno elaborato proposte per le CER di Enti Locali, imprese e condomini. Peraltro, dopo il tetto imposto alla distribuzione degli incentivi a favore delle imprese, le CER sono tutte diventate CERSolidali (Il punto sulle Comunità energetiche… che verranno?).
L’offerta per gli Enti pubblici prevede quasi sempre il pacchetto completo: finanziamento, progettazione, realizzazione e gestione della CER.
È il caso di Edison Next, la società costituita nel 2022 da Edison (controllata al 100% da Edf, a sua volta controllata dallo Stato francese) e specializzata nella fornitura di servizi legati alla transizione energetica, che integra l’offerta CER con interventi di efficentamento energetico, rigenerazione urbana e mobilità sostenibile.
Allo stesso modo Enel X, Gruppo Enel, con un sistema di offerta che prevede la costituzione di CER e la realizzazione di impianti con affidamento diretto, project financing e partnership pubblico-private. Anche ENI Plenitude propone sul suo sito servizi legati alle CER pur senza pacchetti specifici. Infine, le multiutility partecipate dai comuni, A2A, IREN, HERA, si muovono nella stessa logica.
Anche in Italia, come in Spagna, il recepimento della direttiva UE sulle CER ha visto un fiorire di società collegate ai big player e dedicate alle CER, probabilmente, vecchie e nuove PMI che parteciperanno alle CER come produttori ed eventualmente gestori.
Si tratta di una opportunità, come suggerisce lo studio Agici-Accenture, o di una “perversione dello spirito con cui sono nate le comunità energetiche e, nel peggiore dei casi, di accaparramento di fondi pubblici”, come ipotizzato nella inchiesta di Publico?
Sappiamo che grandi imprese e imprese del comparto energia non possono far parte delle CER né beneficiare dei contributi destinati ai suoi membri, ma anche che il finanziamento degli impianti e la gestione delle CER produrranno profitti importanti che potrebbero andare in larga misura ad incrementare i bilanci di grandi imprese e PMI costituite allo scopo.
Per non dire dei casi di CER in cui il fornitore di energia dovesse finanziare gli impianti con restituzione rateizzata in bolletta, acquisendo in tal modo nuovi clienti.
Ci sarà, infine, tutta la ricchezza prodotta dal controllo di importanti quantità di flussi energetici, quelli della CER, da valorizzare sul mercato della flessibilità.
Ecco, se tutta questa ricchezza finisse, ancora una volta, nelle mani di pochi, avremmo mancato un obiettivo importante, peraltro peculiare della direttiva sulle CER: la democratizzazione del sistema elettrico attraverso la distribuzione alle comunità locali della ricchezza che ne deriva e il perseguimento di rilevanti scopi sociali a beneficio della collettività.