Come noto, l’impegno ufficiale dell’Ue al 2030 prevede una riduzione delle emissioni climalteranti del 40% rispetto al 1990.
Ma si sa già che questo obbiettivo sarà alzato, e non di poco. I nuovi target 2030 sui fronti dell’efficienza energetica e delle rinnovabili comportano automaticamente una riduzione delle emissioni attorno al 45%.
Inoltre, il Parlamento europeo a marzo aveva approvato, in coerenza con l’accordo sul clima di Parigi, una risoluzione per alzare al 55% l’obbiettivo 2030. E il 18 luglio, a Strasburgo di fronte al nuovo Parlamento, Ursula von der Leyen si è impegnata ad alzare l’asticella al 50-55%.
Questa accelerazione è legata anche alla sessione del prossimo 23 settembre delle Nazioni Unite nella quale i vari paesi sono invitati a presentare nuovi obbiettivi climatici.
La vera sfida comunque si avrà alla COP 26 a Londra a fine 2020, perché in quella sede, cinque anni dopo la firma dell’Accordo di Parigi, verranno formalizzati i nuovi target.
Da sottolineare poi che la pre-COP 26 si terrà in Italia, e quindi il nostro paese ci terrà a fare bella figura con obbiettivi più ambiziosi, a partire dal Piano Energia Clima presentato a gennaio, che prevede una riduzione delle emissioni al 2030 limitata al 37%.
In questi mesi i Ministeri sono all’opera per adeguare il testo finale in base alle osservazioni dell’Europa e a quelle presentate da vari soggetti del paese. È dunque auspicabile un innalzamento degli obbiettivi. Gli scenari che usciranno a dicembre saranno, infatti, molto importanti sia per i target che per le misure che verranno introdotte, in quanto il mondo imprenditoriale orienterà investimenti di grande portata proprio in base a questi scenari.
Riguardo alle dichiarazioni della nuova presidentessa della Commissione, è chiaro che l’Europa alzerà la sua ambizione climatica, cosa che Juncker non aveva voluto. Nei prossimi mesi verrà dunque approvato il nuovo target al 2030 su un livello compreso tra il 50 e il 55% e sarà riproposto lo scenario carbon neutral al 2050, bloccato poche settimane fa da Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca ed Estonia.
Adeguare l’obbiettivo 2030 all’attuale nuovo contesto è un passaggio necessario. Siamo infatti di fronte ad un forte calo dei prezzi delle tecnologie green, ad una rapida evoluzione della crisi climatica e ad una crescente pressione dei giovani in tutto il mondo.
Il Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha auspicato che l’Europa punti ad una riduzione del 55%, mentre per il Climate Action Network, che raggruppa le associazioni ambientaliste europee, il target deve essere alzato almeno al 65%.
Tornando all’Italia, la definizione di un obbiettivo climatico adeguato, certo ben più ambizioso dell’attuale 37%, si rifletterà nell’accelerazione della transizione in vari ambiti: dalla riqualificazione spinta degli edifici, alla mobilità elettrica, dal biometano alle pompe di calore.
Ma c’è un settore in particolare che dovrà rivedere verso l’alto il suo contributo ed è quello delle rinnovabili elettriche che dal 55,4% dei consumi dovrà passare ad oltre il 60%. E considerando che, oltre all’eolico, la tecnologia che più facilmente potrà aumentare la produzione è il fotovoltaico, il nuovo target solare al 2030 potrebbe venire alzato di almeno una decina di TWh rispetto ai 74 indicati attualmente nel Piano.
A maggior ragione diventa urgente l’anticipazione delle regole che consentano di far decollare le Comunità energetiche, mentre diventeranno sempre più decisivi i progetti PPA in grado di produrre elettricità senza incentivi (a tal proposito Kyoto Club organizzerà il 23 e 24 ottobre un seminario a Milano sui Power Purchase Agreements).
Insomma, obiettivi più ambiziosi comporteranno l’apertura di nuovi fronti di lavoro, dall’edilizia alle rinnovabili.
Un recente studio di Motus-e evidenzia inoltre come il fatturato del comparto della mobilità elettrica nel nostro paese potrebbe raggiungere i 93 miliardi di euro al 2030.
Dunque, coraggio! Considerata l’accentuazione della frequenza e della gravità dei fenomeni estremi, il Governo deve dichiarare lo stato di Emergenza Climatica e rendere più ambizioso il PNIEC.
La conversione ecologica dell’economia deve vedere, anche in Italia, una decisiva accelerazione.