CER, CACER, PNRR: impianti ammissibili, beneficiari e altre questioni da chiarire

In attesa della prossima pubblicazione delle regole tecniche, già approvate da Arera, continuiamo a discutere di comunità energetiche e dintorni. Lo abbiamo fatto in un confronto con Fabio Minchio, EGE esperto del settore.

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Delle novità e dei chiaroscuri emersi dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del decreto Mase 414/23 che stabilisce l’accesso agli incentivi per le Configurazioni di Autoconsumo per la Condivisione dell’Energia Rinnovabile (CACER) e al PNRR per le CER e i Sistemi di Autoconsumo Collettivo, abbiamo già scritto in un precedente articolo (Decreto Cer, le novità su grandi imprese ed entrata in esercizio degli impianti).

Al momento permangono tutti i dubbi già esposti non avendo avuto chiarimenti dal GSE, che abbiamo interpellato su tutte le questioni. L’ufficio stampa del GSE invita a “considerare quanto già diffuso dal Mase e in particolare le FAQ pubblicate dal Ministero”.

Nello specifico del contributo PNRR, il GSE conferma che è scritto che “il soggetto beneficiario del contributo PNRR è colui che sostiene l’investimento per la realizzazione dell’impianto di produzione a fonte rinnovabile di potenza fino a 1 MW, inserito in CER, ubicato in Comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti” e che “ulteriori dettagli saranno riportati nelle regole tecniche”.

Regole tecniche che sono state approvate ieri da Arera (Deliberazione 15/2024/R/eel del 30 gennaio, Modifiche al Testo Integrato Autoconsumo Diffuso e verifica delle Regole Tecniche per il servizio per l’autoconsumo diffuso predisposte dal Gestore dei Servizi Energetici S.p.A.).

Con l’ambizione e la speranza di alimentare un dibattito che possa eventualmente sensibilizzare anche il GSE a fare precisazioni, anche prima del termine dei 30 giorni dal 24 gennaio, scadenza entro la quale dovranno essere pubblicate le regole operative (anche se potrebbero essere pubblicate molto prima), intendiamo condividere alcune riflessioni sulle implicazioni derivanti dalle diverse interpretazioni delle ultime e delle precedenti novità introdotte.

Ne abbiamo parlato con Fabio Minchio, ingegnere ed EGE certificato oltre che direttore tecnico di Estproperty srl (nella foto), che si occupa di consulenza energetica e aspetti normativi e regolatori. Nello specifico delle CER, in qualità di esperto tecnico ha seguito per conto del comune di Milano il progetto europeo NRG2peers, conclusosi lo scorso novembre, che mette a disposizione interessanti tools.

Soggetti beneficiari e requisiti per l’accesso agli incentivi

Daniela Patrucco (DP) – Il primo passaggio controverso qui riguarda quanto riportato all’art. 3 c2 lettera c) del decreto. Secondo quanto si legge, solo gli impianti entrati in esercizio dopo la costituzione della CER, possono accedere agli incentivi.

Fabio Minchio (FM) – Si tratta di un problema importante perché taglia fuori tutti coloro che hanno realizzati gli impianti dal 16/12/2021 in vista della successiva costituzione di una CER. Apparentemente il decreto pone la costituzione della CER come prerequisito per definire gli impianti che hanno diritto all’incentivo.

DP – Ma se per ipotesi un prosumer avesse realizzato in impianto dopo la legge 199/21 come avrebbe potuto metterlo in relazione con la CER eventualmente costituita? L’impianto avrebbe dovuto essere di proprietà del soggetto giuridico CER? Non ancora registrato al GSE? Peraltro, un contatto di linkedIn che ha posto il quesito al GSE ha ricevuto questa risposta rispetto all’accesso agli incentivi: “appartenere a configurazioni di CER, Gruppi di autoconsumatori o di Autoconsumatore a distanza; – avere potenza massima di 1 MW; – essere entrati in esercizio a partire dal giorno successivo alla data di entrata in vigore del D.Lgs. 199/2021 (quindi a partire dal 16 dicembre 2021); essere stati realizzati tramite intervento di nuova costruzione o di potenziamento di impianti esistenti; …”

FM – La risposta non è coerente con quanto dice il decreto. Solo le regole applicative, speriamo, potranno chiarire.

DP – C’è poi la questione del 30% di potenza di impianti preesistenti alla legge 199/2021 che, secondo la medesima, possono essere ammessi agli incentivi.

FM – In quanto già in esercizio, secondo la logica del decreto l’energia elettrica condivisa da questi impianti non dovrebbe poter essere incentivata. Peraltro, ho pensato fin da subito che tali impianti, pur potendo far parte della CER e aver accesso alla valorizzazione Arera secondo il TIAD, non potessero invece avere accesso all’incentivazione.

Sottolineo inoltre che il TIAD prevede che l’energia elettrica condivisa possa essere suddivisa, ove necessario, per impianto di produzione, a partire dalle immissioni degli impianti di produzione entrati prima in esercizio. Paradossalmente, pertanto, gli impianti più vecchi sarebbero i primi a cui sarebbe associata l’energia condivisa; per questa ragione, fino a che il GSE non chiarirà il criterio di calcolo dell’incentivo assegnato ai diversi impianti appartenenti ad una CER, potrebbe risultare persino controproducente inserire impianti vecchi all’interno della configurazione qualora una CER non sia ancora in grado di raggiungere percentuali molto elevate di condivisione.

Cap del 45-55% per gli incentivi alle imprese

DP – Passando al Cap del 45-55% per l’incentivo alle imprese, all’art. 3 comma 2 lettera g) leggiamo che “l’eventuale importo della tariffa premio eccedentario, rispetto a quello determinato in applicazione del valore soglia di quota energia condivisa espresso in percentuale di cui all’Allegato 1, sia destinato ai soli consumatori diversi dalle imprese e/o utilizzato per finalità sociali aventi ricadute sui territori ove sono ubicati gli impianti per la condivisione; …”. Qui interpreto che, fatto 100 l’incentivo maturato da una PMI grazie al prelievo di energia in condivisione, il 45-55% deve essere ceduto alla CACER per finalità sociali. Concorda?

FM – Premetto che il criterio che definisce le modalità di determinazione di tale percentuale non è chiaramente definito dal decreto. A mio avviso si parla sì di condivisione superiore ad una certa percentuale, ma in riferimento alla CACER, non alla specifica impresa. Quindi secondo me va calcolata come percentuale (Energia elettrica condivisa della CACER/Totale energia immessa in rete potenzialmente condivisibile). La quota che supera il 55% deve essere destinato alle finalità previste e non alla redistribuzione alle Imprese. Ricordo peraltro che il TIAD non definisce l’energia condivisa per singolo soggetto o membro, ma unicamente l’energia condivisa per impianto di produzione.

DP – Quindi, mentre io considero come imponibile l’energia condivisa dalle imprese, e quindi l’incentivo maturato dalle stesse, lei ragiona sull’energia immessa in rete e condivisa.

FM – Nella mia interpretazione, il Cap svilisce il senso dell’autoconsumo a distanza perché pone un limite alla quantità di energia condivisa su cui è calcolato l’incentivo. Con questo Cap tante imprese stanno riconsiderando l’opportunità di fare una configurazione di autoconsumo individuale diffuso.

Mentre in una CER questo tipo di limite ha un senso anche in relazione alle finalità delle stesse, fatico a comprenderne le ragioni in riferimento alle configurazioni individuali. Probabilmente si tratta di motivazioni connesse alle normative sugli aiuti di stato.

Grandi Imprese fuori dalle CER, ma incluse negli autoconsumatori di energia rinnovabile

DP – Se vogliamo introdurre il tema delle Grandi Imprese, che a una migliore rilettura del decreto e in coerenza con le FAQ, potrebbero partecipare a un gruppo di autoconsumatori di energia rinnovabile, vedo che ad esempio un porto potrebbe condividere fino al 100% dell’energia immessa in rete e destinare il 45-55% dell’incentivo a finalità sociali. Essendo in generale partecipato da aziende energivore avrebbero comunque un vantaggio importante potendo, inoltre, incamerare anche tutto il beneficio di Arera per l’energia immessa in rete.

FM – Se l’interpretazione corretta fosse la sua, la presenza di una percentuale determinata sul prelievo della singola azienda non dovrebbe porre particolare freno, trattandosi di imprese in genere energivore, fermo restando che in un’area portuale non tutti i soggetti presentano consumi elevati a prescindere dalla dimensione d’impresa. Se la percentuale di energia elettrica condivisa fosse invece calcolata sulla massima condivisibile invece il discorso cambia. Tornando al ruolo delle Grandi Imprese, nonostante l’esclusione dalle CER, vi sono contesti quali i centri commerciali, in cui è presente la GDO o gli interporti logistici, in cui è potenzialmente possibile implementare configurazioni di autoconsumo collettivo. Va infine ricordato, perché spesso è aspetto che viene dimenticato, che secondo la legislazione comunitaria tutte le società con partecipazione pubblica superiore al 25% sono di default grandi imprese. L’esclusione delle stesse dalle CER può condizionare soprattutto le grandi realtà municipali in cui alle partecipate sono assegnati ruoli di gestione di alcuni asset del patrimonio o di determinati servizi.

Chi sono i beneficiari del PNRR?

DP – Un altro tema scottante riguarda i beneficiari del PNRR: sono le “comunità energetiche rinnovabili e i sistemi di autoconsumo collettivo da fonti rinnovabili ubicati in Comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti”, come all’articolo 7 del decreto? Oppure, come dicono le FAQ “Il soggetto beneficiario del contributo PNRR è colui che sostiene l’investimento per la realizzazione dell’impianto di produzione a fonte rinnovabile di potenza fino a 1 MW, inserito in CER, ubicato in Comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti.” E quindi un qualsivoglia membro della CER che realizza un impianto con quegli stessi requisiti?

FM – Qui sembrerebbero chiaramente sbagliate le FAQ. Anche se credo che sarebbe stato più semplice, anche per un più agevole accesso al credito, far beneficiare del contributo PNRR i singoli soggetti che realizzano un impianto in CER.

DP – Quanto all’accesso al credito, quel che rilevo è che diverse banche sono disponibili a finanziare, essendo l’impianto che viene finanziato e non tanto la CER. Anche secondo me sarebbe stato meglio dare accesso ai singoli membri. Tuttavia, il punto ora è che da un anno tutti gli studi di fattibilità hanno ragionato in termini di CER come beneficiario del contributo e se così non fosse dovremmo potenzialmente buttare via tutto il lavoro fatto. Conforta, in questo senso, che tutti i bandi regionali sono rivolti alle CER e questo, in qualche modo, fa pensare effettivamente a una FAQ sbagliata.

Cosa sarà dello scambio sul posto?

DP – C’è poi il tema dello Scambio sul Posto di cui avevo scritto lo scorso settembre (Comunità energetiche: cosa manca e quell’ennesimo problema irrisolto). Gli impianti in SSP che non abbiano rinunciato entro il 16 gennaio 2022 non hanno potuto accedere alle CER di cabina secondaria. Ai tanti che avevano fatto rilevare il problema, il Gse aveva promesso di riconsiderare le istanze rigettate ma ora, con l’entrata in vigore definitiva della 199/2021, quegli impianti saranno automaticamente esclusi dalle nuove configurazioni. Le risulta?

FM – Le condizioni del decreto di incentivazione in regime transitorio erano probabilmente pensate per una durata molto più limitata dello stesso regime; il ritardo dell’avvio della configurazione a regime ha generato purtroppo un buco normativo penalizzante. Pensando all’attuale contesto, invece, l’incompatibilità fra scambio sul posto e partecipazione a configurazioni di autoconsumo diffuso è ben chiarita anche dal TIAD (punto 4.1). Resta il tema degli impianti che, entrati in esercizio successivamente al 16 dicembre 2021 e dopo la costituzione della CER, pur avendo inizialmente optato per l’accesso all’SSP, rinunciano allo stesso per entrare a far parte di una CACER. Mentre nel precedente decreto in regime transitorio le condizioni di ammissibilità erano ben chiare, per quanto molto penalizzanti, in questo caso non vi sono indicazioni in merito.

Non è chiaro, pertanto, cosa succederà ora o quando lo SSP cesserà, ossia dal dicembre 2024.

Quanto vale il kWp fotovoltaico?

FM – C’è però un ultimo punto che a mio avviso andrebbe affrontato e riguarda il valore economico attribuito nel PNRR per i costi di realizzazione degli impianti rispetto ai valori degli impianti a computo metrico determinati a partire dai prezzari di molte regioni; riferimento obbligatorio nell’applicazione del Codice Appalti. Nel secondo caso, a quadro economico si raggiungono in alcuni casi valori anche superiori a 3000 euro/kWp. Molti prezzari fanno riferimento a norme tecniche obsolete e superate da un decennio, o a caratteristiche di moduli e inverter oggi fuori mercato.

Se a base di gara si pongono valori del genere, per quanto le imprese possano ribassare, c’è il rischio concreto di realizzare impianti con valori decisamente superiori a quelli inseriti nel PNRR generando, paradossalmente un danno economico nel rigoroso rispetto del Codice Appalti. In tali casi sarebbe ideale operare con nuovi prezzi.

DP – Mi pare un buon punto, in assoluto. Tuttavia, se saranno le CER ad accedere al PNRR il problema non si porrà perché queste potranno operare su valori di mercato non avendo l’obbligo di rispetto del Codice Appalti. Certo è, però, che per le PA resta un bel problema anche per i bandi regionali o altre forme di incentivazione a loro dirette. Va anche posta attenzione a come si configurerà una CER partecipata da un ente pubblico. Ad esempio, nel caso di Fondazione di Partecipazione, la presenza di un Comune come socio fondatore la fa diventare un soggetto di diritto pubblico e quindi sottoposto al Codice degli Appalti.

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