Caro energia, Bankitalia chiede misure più selettive e che incentivino l’efficienza energetica

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Le misure taglia bollette previste dal ddl Bilancio potrebbero costare 3,5 punti di Pil, stima la Banca d’Italia, intervenuta in audizione sulla manovra.

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Contro il caro-bollette servirebbero misure “più mirate e selettive”, collegate “all’effettivo impatto dello shock energetico” affrontato dalle imprese e che preservino “entro limiti ragionevoli” segnali di prezzo, in modo da incentivare il risparmio energetico.

Questo, in estrema sintesi, il suggerimento dato al governo dalla Banca d’Italia, intervenuta ieri in audizione sul Ddl Bilancio davanti alle Commissioni di Camera e Senato.

Nella sua relazione, Fabrizio Balassone, capo del Servizio struttura economica di Bankitalia, stima che, qualora gli interventi a favore di imprese e famiglie dovessero essere rinnovati fino alla fine dell’anno alle stesse condizioni previste per il primo trimestre, il costo complessivo per il 2023 sarebbe dell’ordine del 3,5% del Pil, sostanzialmente in linea con quello del 2022.

A partire dal secondo trimestre del 2021, si ricorda, per mitigare l’impatto della crisi energetica, sono state destinate risorse pari a circa il 5% del Pil del 2022, di cui circa un terzo per il contenimento dei costi delle bollette di famiglie e imprese e altrettanto per crediti di imposta per le imprese.

“In questo scenario sarebbe importante rendere le misure ancora più mirate e selettive nonché finanziarle prioritariamente ricorrendo a risparmi di spesa o a maggiori entrate”, osserva Bankitalia.

Al momento, circa il 40% delle risorse stanziate contro il caro energia per imprese e famiglie è destinato a misure “mirate” e Bankitalia suggerisce che questa percentuale aumenti.

“Andrebbe valutata con attenzione la possibilità di collegare meglio il sostegno alle imprese all’effettivo impatto dello shock energetico sul loro conto economico”, si spiega, aggiungendo che “è auspicabile che i segnali di prezzo siano preservati, entro limiti ragionevoli, in modo tale da incentivare l’adozione di comportamenti virtuosi di risparmio energetico, laddove possibile”.

Questo, ricordiamo, è quanto ha scelto di fare ad esempio la Germania, che ha fissato tariffe calmierate solo sull’80% dei consumi dell’anno precedente, mentre su ogni surplus rispetto a questa soglia si pagherà il prezzo di mercato. In Italia, invece, sconti su Iva e oneri, così come i crediti d’imposta su luce e gas, aiutano indifferentemente sia chi risparmia energia sia chi non lo fa.

La relazione è interessante anche per avere un quadro degli interventi in arrivo con il ddl Bilancio e delle risorse che muovono.

L’estensione al primo trimestre del 2023 dei crediti d’imposta a favore delle imprese per l’acquisto di energia elettrica, gas naturale e carburanti costerà 10 miliardi di euro; la riduzione dell’Iva sul gas e degli oneri generali sul suo consumo e su quello di elettricità peserà per 5,6 miliardi; il potenziamento del “bonus sociale” vedrà invece uscite per 2,5 miliardi.

Tra le coperture, l’entrata principale viene dai prelievi temporanei sulle imprese energetiche: 4 miliardi nel 2023, cioè lo 0,2% del Pil.

Circa 2,6 miliardi di euro sono attesi dalla nuova tassa sugli extraprofitti, che si applica all’aumento nel 2022 del reddito determinato ai fini dell’Ires (a differenza dall’analoga misura introdotta dal decreto legge n. 21 del 2022 per l’anno in corso, che faceva riferimento al saldo tra operazioni attive e passive ai fini Iva).

Altri 1,4 miliardi, si stima, verranno dal tetto a 180 euro/MWh ai ricavi degli impianti inframarginali.

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