Cambiare la potenza del contatore: quanto costa e come scegliere lo scaglione giusto

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I “normali” 3 kW sono troppi o troppo pochi per voi? Fino al 31 dicembre 2019, modificare la potenza elettrica impegnata costa meno.

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La lavatrice sta girando, il forno si sta scaldando, quando ecco che si attiva il boiler elettrico o accendiamo un phon e…. “tac”: scatta la leva del contatore e si interrompe la corrente.

Quasi sicuramente vi sarà capitato e il motivo è che i contatori dell’energia elettrica sono dotati di un meccanismo che interrompe momentaneamente la fornitura quando, accendendo contemporaneamente più elettrodomestici, si supera il limite previsto di prelievo definito nel contratto di fornitura, che per oltre il 90% delle case italiane è di 3 kW di potenza impegnata.

Fino al 2017 questo valore ha rappresentato la “normalità”, perché la ‘storica’ granularità della potenza per i piccoli clienti in bassa tensione (fino a oggi era 1,5; 3; 4,5; 6 kW) offriva alternative o troppo restrittive (impegnare solo 1,5 kW avrebbe comportato il rischio di frequenti “scatti” del contatore), o troppo costose (impegnare 4,5 kW avrebbe comportato un deciso aumento della bolletta) e quindi poco convenienti.

Dal 1° gennaio di due anni fa però è divenuto possibile scegliere tra un numero molto più ampio di livelli di potenza, con passaggi di 0,5 kW per le fasce più popolate dell’utenza domestica, rispetto al passato e fino alla fine di quest’anno cambiare la potenza impegnata è meno costoso.

Più scelte e costi ridotti

Il cliente oggi può scegliere: da 0,5 kW fino a 6 kW di potenza impegnata a ‘scatti’ di 0,5 (0,5 – 1 – 1,5 – 2 – 2,5 – 3 – 3,5 – … – 6 kW) e a scatti di 1 kW da 6 a 10 kW (7 – 8 –9 – 10 kW); per valori superiori si scatta di 5 kW in 5 kW.

Ogni kW di potenza impegnata pesa in bolletta per circa 23-24 euro/anno e quindi questa è l’entità del risparmio che si può ottenere se si riduce di 1 kW, oppure il rincaro in cui si incorre se si aumenta di 1 kW.

Un’altra novità introdotta nel 2017 riguarda i costi una tantum richiesti per compiere la variazione contrattuale sull’impegno di potenza. Per i clienti domestici, dal 1° aprile 2017 e fino alla fine del 2019, cambiare costa meno: viene eliminato il contributo fisso amministrativo di circa 27 €, viene ridotto di circa il 20% il contributo previsto per ogni kW di potenza aggiuntiva e viene introdotto una sorta di “diritto di ripensamento”: il contributo in euro/kW non sarà dovuto qualora l’aumento di potenza sia successivo a una precedente riduzione effettuata sullo stesso contatore in questi 2 anni o verrà restituito qualora il cliente decida di rinunciare alla potenza aggiuntiva precedentemente richiesta.

Qualche esempio

Fino al 31 marzo 2017 se il cliente avesse richiesto un aumento di potenza impegnata da 3 a 4 kW nel servizio di maggior tutela, per 1 kW di potenza in più a disposizione, avrebbe dovuto pagare come costi fissi una tantum: 23 euro contributo fisso al venditore + 26,48 euro contributo amministrativo al distributore + 76,53 euro per il kW di potenza disponibile aggiuntiva (in questo caso da 3 a 4 kW) = 126,01 euro

Oggi e fino a dicembre 2019: 23 euro contributo fisso al venditore + 0 euro contributo amministrativo al distributore 60,86 euro per il kW di potenza aggiuntiva = 83,86 euro.

Per quanto riguarda invece le riduzioni di potenza, l’unico costo applicabile nel mercato di Maggior Tutela sono i 23 euro una-tantum dovuti al venditore. D’altro canto, individuando la potenza del contatore più adatta a soddisfare i propri fabbisogni può oggi consentire di risparmiare tra 23 e 24 euro/anno IVA inclusa per ogni kW a cui si rinuncia, come mostrato nella tabella seguente, (tratta da una documento dell’Autorità per l’Energia sul cambio di potenza aggiornato a maggio 2019):

Anche per i clienti del mercato libero il contributo al distributore viene azzerato, mentre il contributo fisso al venditore e il costo per kW di potenza aggiuntiva dipenderà da quanto previsto nei singoli contratti.

I vantaggi

Le ragioni principali per apportare queste variazioni contrattuali possono essere due: 1. perché si vuole migliorare il proprio comfort e/o la propria efficienza energetica, installando nuovi apparecchi elettrici o riducendo il numero di occasioni in cui “scatta” il contatore; 2. perché si vuole risparmiare in bolletta, a fronte del fatto che non si utilizza a pieno la potenza che è stata contrattualmente impegnata.

Potrebbero ad esempio trarre vantaggio da una riduzione di potenza tutti coloro che abitano in una casa piccola e/o con un numero limitato di elettrodomestici e per i quali, quindi, 3 kW potrebbero essere anche troppi (anche ad esempio le seconde case di vacanza); in questi casi 2 o 2,5 kW potrebbero essere sufficienti e consentirebbero un risparmio annuo anche superiore a quello che oggi si può ottenere per effetto delle tariffe biorarie.

Potrebbero invece trarre vantaggio da un aumento di potenza più modulabile coloro che vogliono installare apparecchi elettrici ad alta efficienza in sostituzione di altri apparecchi alimentati a gas, come ad esempio i fornelli. Si pensi ai casi di appartamenti nei quali acqua calda e riscaldamento sono già forniti dal condominio e quindi il gas viene utilizzato solo per la cottura; la sostituzione dei fornelli con modelli elettrici a induzione consentirebbe di ridurre i costi ed aumentare efficienza e sicurezza (vedi infografiche, da documento Arera).

Come scegliere la potenza giusta

Ma come fa il cliente a sapere che “taglia” di potenza scegliere rispetto a quella più comune di 3 kW? Per aiutare a fare questi calcoli e compiere scelte informate sulla potenza impegnata ottimale, nella nuova Bolletta 2.0 è stato inserita l’indicazione del “livello massimo di potenza prelevata” per ogni mese oggetto di fatturazione e, almeno una volta all’anno, il dettaglio dei livelli massimi di potenza prelevata mensilmente negli ultimi 12 mesi.

Ogni venditore può utilizzare modalità di presentazione diversa, ma il dato deve essere disponibile, come mostrato negli esempi seguenti:

Verificare dal contatore intelligente

Per visualizzare sul contatore elettronico la potenza istantanea assorbita, basta premere quattro volte il tasto sulla destra del display. È bene precisare che l’apparecchio rileva e aggiorna il dato ogni due minuti.

Continuando a premere il tasto, il display mostrerà, oltre ai consumi di energia elettrica, anche la potenza massima richiesta nelle diverse fasce orarie (quindi P1, P2, P3) nel periodo di fatturazione attuale e in quello precedente.

In questo modo, l’utente può verificare se il numero di kW previsti dal contratto di fornitura è sovra/sotto dimensionato rispetto alle sue esigenze. Ricordiamo poi che la nuova bolletta 2.0 indica i valori di potenza massima prelevata nei vari mesi.

Tenere sotto controllo  la potenza assorbita

Se ci si vuole accontentare di una potenza impegnata minore, l’aspetto più importante da considerare è il numero e il tipo di elettrodomestici che si vuole tenere accesi contemporaneamente, escludendo l’illuminazione dal nostro ragionamento, che ormai grazie ai led ha un impatto molto limitato sul carico elettrico totale.

Forno, ferro da stiro, phon, lavatrice, lavastoviglie, aspirapolvere, sono tra gli apparecchi domestici di potenza maggiore, fino a 1.800-2.800 watt, ma in alcuni casi è possibile ridurre il loro “peso” sul contatore impostando un livello di funzionamento intermedio (sull’aspirapolvere ad esempio) o un eco-lavaggio.

Griglie e stufe elettriche, scaldabagni elettrici, climatizzatori, asciugatrici, sono altri apparecchi molto energivori. Di norma, quindi, chi ha un contratto standard da 3 kW, deve prestare molta attenzione a non accendere insieme due o più elettrodomestici, ad esempio forno e lavastoviglie.

Tra gli strumenti necessari a compiere misurazioni più precise, segnaliamo innanzitutto il wattmetro, che rileva la potenza istantanea prelevata dall’apparecchio cui è collegato e il relativo consumo in kWh (su Amazon si trovano wattmetri plug-in a 10-20 euro).

Poi ci sono i kit per monitorare potenza e consumi in tempo reale dell’intera abitazione, facili da installare grazie al sensore-clip da agganciare al cavo di alimentazione del contatore e al piccolo display portatile wireless. In questo caso, la spesa è maggiore, perché si parte da circa 50 euro, in base ai modelli.

Ci sono alcune funzioni particolarmente utili, ad esempio si può impostare un allarme sonoro che avverte quando si sta per superare la potenza massima preimpostata.

Per avvicinarsi al concetto di “casa intelligente”, senza eseguire interventi più invasivi sull’impianto elettrico, con poche decine di euro si possono acquistare delle prese smart che si connettono in Wi-Fi al cellulare con un’applicazione.

Queste prese consentono non solo di monitorare potenza assorbita e consumi degli apparecchi collegati, ma anche di comandare da remoto gli elettrodomestici, ad esempio programmando accensioni e spegnimenti.

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