Caldo estremo in Europa: dove e perché colpisce il cambiamento climatico

Uno studio preliminare quasi in tempo reale del World Weather Attribution Network ha esaminato le probabili cause dell’ondata di calore nell’Europa settentrionale. Secondo gli scienziati, gli eventi climatici di questo tipo diventeranno sempre più ravvicinati. Dati e tendenze in sintesi.

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Le ondate di calore sono diventate e diventeranno sempre più frequenti a causa del mutamento globale del clima, anche nelle regioni più settentrionali dell’Europa.

Questa la conclusione di uno studio preliminare condotto dal World Weather Attribution Network, un gruppo di scienziati di varie università e centri meteorologici internazionali, che cerca di approfondire i possibili legami tra i cambiamenti climatici e i singoli eventi “estremi” come alluvioni, siccità, caldo anomalo-persistente su intere zone geografiche (single-event attribution).

Lo studio (in fondo il link all’analisi completa), precisa una nota, è una valutazione preliminare, elaborata molto velocemente in tempo quasi-reale, non ancora vagliata dalla comunità scientifica (not peer-reviewed). I dati quindi sono parziali, anche se basati su modelli climatici molto “solidi”.

Gli autori hanno cercato di attribuire le cause delle temperature particolarmente elevate che si sono registrate finora vicino al circolo Artico, di cui molto ha parlato la stampa italiana ed estera negli ultimi mesi, nell’ambito del dibattito che riguarda più in generale il surriscaldamento terrestre, l’aridità che ha colpito vaste regioni in tutto il mondo, gli incendi – scoppiati con più facilità anche in Scandinavia, per esempio, oltre che in Grecia e California – e le eventuali responsabilità umane del global warming.

Da maggio a luglio 2018, l’Europa è stata caratterizzata da alcune ondate di calore con temperature fuori scala in diversi paesi.

Gli scienziati del World Weather Attribution Network hanno utilizzato le osservazioni e le previsioni di sette stazioni meteorologiche in Danimarca, Irlanda, Olanda, Norvegia, Finlandia e Svezia.

La mappa sotto confronta i tre giorni più caldi dell’estate 2018 (fino al 31 luglio) con i tre giorni più caldi di un’estate media nel periodo 1981-2010. Le aree arancioni e rosse evidenziano le temperature sopra la media, al contrario di quelle azzurre e blu.

Qual è la probabilità che simili ondate di calore avvengano nuovamente in Europa? In altre parole: quanto il cambiamento climatico sta influenzando il ripetersi di eventi estremi?

Gli autori di queste recentissime analisi hanno stimato che la probabilità di avere un caldo talmente intenso, soprattutto nell’emisfero settentrionale, è più che doppia con il clima di oggi, rispetto ai decenni passati, quando le alterazioni provocate dalle attività umane (rilascio di gas-serra nell’atmosfera) non erano ancora così marcate.

Dai diversi modelli esaminati, precisano gli scienziati (traduzione nostra dall’inglese), “crediamo che la probabilità che avvenga un’ondata di calore di queste proporzioni sia aumentata ovunque nella regione considerata, a causa del cambiamento climatico originato dall’uomo, anche se in Scandinavia tale incremento non è stato riscontrato finora per via del clima molto variabile nei mesi estivi”.

Le ondate di calore così intense, spiegano poi gli autori, diventeranno sempre meno eccezionali con la salita continua delle temperature medie globali: in altri termini, diventeranno la “nuova” normalità, perché saranno più frequenti e ravvicinate.

D’altronde, è bene ricordare che è molto difficile stimare con precisione come risponderà il Pianeta alle crescenti concentrazioni di anidride carbonica nell’atmosfera. Le stime divergono moltissimo, ma c’è un punto su cui tutti gli scienziati concordano: bisogna ridurre rapidamente e in modo consistente le emissioni di sostanze climalteranti (vedi QualEnergia.it per le ultime valutazioni dell’IPCC in questo campo).

Intanto, l’ENEA ha elaborato delle nuove mappe che mostrano le aree costiere italiane che rischiano di essere inondate dall’innalzamento del livello del Mar Mediterraneo, nei prossimi anni, come conseguenza di diversi fattori climatici, tra cui la fusione dei ghiacci artici, l’espansione termica di mari e oceani, l’intensificarsi di fenomeni meteorologici estremi e così via (vedi QualEnergia.it).

L’ENEA, infatti, in collaborazione con il MIT di Boston, sta lavorando a un nuovo modello climatico molto dettagliato, su scala regionale, per comprendere nel modo più accurato possibile gli impatti del surriscaldamento terrestre sul bacino mediterraneo.

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