Auto elettrica, la crescita del mercato italiano è ancora troppo lenta

Pesano le storture degli incentivi attuali e la mancanza di una politica fiscale mirata per le flotte aziendali. Gli ultimi dati e commenti di Unrae e Motus-E.

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Incentivi che non funzionano come dovrebbero, fiscalità da rivedere per le flotte aziendali, necessità di accelerare la diffusione dei punti per la ricarica.

Sono i principali motivi che spiegano perché l’auto elettrica stenta ancora a decollare in Italia.

Dagli ultimi dati di mercato arrivano segnali di una crescita che però è troppo lenta rispetto agli altri principali Paesi europei. Tanto da mettere a rischio il raggiungimento dei traguardi fissati dal nuovo Piano nazionale su energia e clima, dove si parla di 6,6 milioni di vetture plug-in al 2030, un traguardo che sembra comunque piuttosto “timido” (si veda anche Il nuovo Pniec: un regalo alle società del gas e scritto guardando indietro).

A giugno, si veda la tabella sotto dell’Unrae (Unione Nazionale Rappresentanti Autoveicoli Esteri), in Italia si sono immatricolate 6.159 vetture elettriche “pure” (full-electric), in lieve calo dello 0,5% in confronto allo stesso mese di un anno fa.

È bene precisare che invece Motus-E per giugno parla di 6.156 auto elettriche immatricolate, contro le 5.975 dello stesso mese 2022, quindi con un aumento del 3% circa.

Guardando poi al primo semestre 2023 nella tabella Unrae, le elettriche vendute sono state 32.831, con una crescita superiore al 30% rispetto a gennaio-giugno 2022.

Tuttavia, la quota complessiva di mercato dei modelli 100% elettrici non riesce a superare il 4% nei primi sei mesi dell’anno (3,9%), con un leggero recupero a giugno (4,4%). Contando anche le vetture ibride plug-in, ricaricabili alla presa di corrente, la quota totale dell’elettrico sale a quasi il 10% a giugno (8,5% nel semestre).

Nel complesso, sono quasi 200mila le auto elettriche pure circolanti nel nostro Paese a fine giugno.

Con questi numeri, commenta il segretario generale di Motus-E, Francesco Naso, “è indispensabile aprire una riflessione seria e condivisa sulla modifica degli attuali strumenti incentivanti, che evidentemente non sono in grado di supportare il mercato delle auto elettriche come avviene negli altri Paesi competitor dell’Italia”.

Naso ricorda che in Germania le auto elettriche circolanti sono già oltre un milione, con una quota di mercato sopra il 15%, così come in Francia e nel Regno Unito.

Secondo l’associazione che promuove la mobilità elettrica in Italia, per far decollare il mercato delle auto full electric “sarebbe sufficiente una rimodulazione dei meccanismi di incentivazione per renderli realmente appetibili, a partire dall’eliminazione degli attuali cap di prezzo e aprendo completamente anche alle imprese”.

In particolare, occorre definire una politica fiscale mirata per favorire l’uso di vetture elettriche aziendali, cosa che consentirebbe anche di alimentare il mercato delle auto elettriche usate.

Anche l’Unrae sottolinea che bisogna intervenire su fiscalità e incentivi, oltre che sul potenziamento delle reti di ricarica.

Per quanto riguarda le auto aziendali, si chiede di introdurre aliquote fiscali per la detraibilità dell’Iva differenziate secondo le emissioni di CO2: 100% per la fascia 0-20 g/km, 80% per la fascia 21-60 g/km e 50% per le auto che emettono oltre 60 grammi di CO2 per km.

Andrebbe poi aumentato il tetto di deducibilità dei costi dei nuovi veicoli, in base alle fasce di emissione di CO2 sopra citate; altra richiesta è ridurre a 3 anni il periodo di ammortamento.

In tema di incentivi all’acquisto, si parla di “storture” nell’attuale schema dell’ecobonus auto.

Peraltro, l’ecobonus continua a incentivare anche l’acquisto di veicoli che emettono 61-135 g/CO2 per km, classificati “a basse emissioni” anche se sono modelli con motori endotermici tradizionali.

Serve insomma una spinta più decisa verso l’elettrico, ad esempio alzando il tetto di prezzo (ora pari a 42.700 euro Iva inclusa) e destinando alle auto a batteria le risorse avanzate dai fondi 2022. Difficile però che questa spinta arrivi dall’attuale governo che ha fatto della “neutralità tecnologica” la sua bandiera.

Mentre per le infrastrutture di ricarica, secondo Michele Crisci, presidente Unrae, “ormai da troppo tempo si attende l’emanazione delle norme da parte del Mimit per l’acquisto e l’installazione di colonnine di ricarica da parte di privati e condomini che auspichiamo arrivi a brevissimo”.

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