Auto elettrica, cosa va e cosa non va dopo un’esperienza di guida e ricarica

  • 12 Luglio 2018

Siamo stati a Bolzano, per approfondire i dati e le tendenze della mobilità 100% elettrica in Italia e in Alto Adige, poi per guidare un nuovissimo modello a zero emissioni. A che punto è la tecnologia? Quali prospettive offre e quali problemi restano da risolvere? Le nostre impressioni.

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Piace, incuriosisce, la sua tecnologia sta migliorando continuamente e rapidamente, ma presenta alcuni limiti al suo utilizzo “senza pensieri”: dopo due giorni di prove sulle strade dell’Alto Adige, l’auto elettrica suscita impressioni tra l’entusiasmo e la prudenza.

Un mercato ancora di nicchia

Le prospettive attuali e future dei veicoli a zero emissioni sono nei dati diffusi da Eurac Research, il centro di ricerca altoatesino, con sede a Bolzano, che ha indagato su come preparare un territorio alla rivoluzione della mobilità elettrica.

Il mercato, evidenzia il rapporto presentato dalla ricercatrice Giulia Isetti, nella conferenza stampa a Castel Firmiano, resta molto circoscritto in Europa – con qualche eccezione, come il 40% di auto elettriche vendute in Norvegia – soprattutto in Italia, dove le vetture da ricaricare alla presa di corrente non arrivano all’uno per cento delle nuove immatricolazioni (vedi anche QualEnergia.it).

E le barriere all’acquisto, in molti casi, sono le stesse di sei-sette anni fa: ricordo una presentazione di Renault a Milano, a dicembre 2011, in cui ascoltai previsioni molto ottimiste sulla diffusione delle auto alimentate al 100% dalle batterie e sull’installazione delle colonnine, ma nel 2018 restano diverse incognite.

Gli incentivi statali, ricorda lo studio, annunciati a più riprese, non si sono mai concretizzati – vedremo se il nuovo governo cambierà rotta, dopo le dichiarazioni del ministro dell’Ambiente Sergio Costa – mentre lo sviluppo della rete nazionale di prese di ricarica accessibili al pubblico è stato frammentario, con una molteplicità di gestori e sistemi di pagamento che può rendere un po’ complicato fare il pieno di elettricità (vedi l’intervista a Giuseppe Mauri di RSE, Quant’è difficile fare il pieno all’auto elettrica in Italia).

Intanto i modelli elettrici disponibili nei concessionari sono abbastanza pochi e non certo a buon mercato, senza dimenticare che l’autonomia delle batterie, pur essendo molto migliorata rispetto a pochi anni fa, costringe l’automobilista a pianificare in dettaglio i viaggi più lunghi, individuando i luoghi in cui doversi fermare per la ricarica.

Anche in Alto Adige, che si propone come un territorio particolarmente “verde” e attento alla sostenibilità ambientale dei trasporti, la mobilità elettrica deve ancora decollare.

Difatti, nel 2017, si legge nel rapporto di Eurac Research, si sono vendute 228 auto elettriche, con una tendenza in notevole aumento (erano 103 l’anno prima e una dozzina nel 2012) anche se i numeri assoluti parlano di una realtà che non può essere, ancora, realmente significativa.

Per quanto riguarda le infrastrutture di ricarica, il direttore generale dell’utility altoatesina Alperia, Johann Wohlfarter, ha ricordato l’ambizioso piano di Smart Mobility per realizzare una rete di 5.000 colonnine pubbliche e private entro il 2021 in Alto Adige. Ora i punti di rifornimento gestiti da Alperia sono poco più di un centinaio.

Tra l’altro, un punto sottolineato durante la presentazione dello studio è che l’incentivo economico all’acquisto, che nella Provincia di Bolzano è pari a 4.000 euro per un BEV (Battery Electric Vehicle), oltre ai mille euro previsti per chi vuole installare una colonnina privata e l’esenzione totale dalla tassa automobilistica per cinque anni, è solo uno degli elementi presi in considerazione da chi pensa di abbandonare l’auto tradizionale per guidare un’elettrica.

Altrettanto importanti sono gli incentivi “di contorno”, tra cui la possibilità di accedere alle zone a traffico limitato e parcheggiare gratuitamente in città, così come la capillarità delle stazioni di ricarica.

La prova su strada

Per tradurre dati e analisi nella realtà, non restava che guidare un’auto a zero emissioni.

L’occasione è stata fornita da Jaguar, che ha messo a disposizione di QualEnergia.it la nuovissima I-PACE, la prima vettura 100% elettrica del marchio inglese di auto sportive (nella foto).

Parliamo di un modello che costa più di 100.000 euro Iva inclusa, con prestazioni notevoli: trazione integrale, due motori elettrici sincroni a magneti permanenti per complessivi 400 CV di potenza, accelerazione 0-100 km/h in meno di cinque secondi.

La batteria al litio da 90 kWh garantisce un’autonomia massima dichiarata di 480 km.

Certo, non sarà la lussuosa Jaguar I-PACE a proiettare la mobilità elettrica verso l’auspicabile futuro mercato “di massa” dei veicoli che non producono emissioni di sostanze inquinanti.

Tuttavia, provarla è servito a capire a che punto è l’elettrico puro e quali scenari apre. L’impressione generale è di una tecnologia matura sotto molti punti di vista, con qualche elemento da affinare.

Al di là delle prestazioni – l’accelerazione è fulminea, se si schiaccia a fondo il pedale, con una coppia istantanea che incolla letteralmente al sedile – a colpire positivamente l’esperienza della guida elettrica è la fluidità di marcia, il silenzio assoluto del propulsore.

Grazie alla frenata rigenerativa, quando si rilascia il pedale dell’acceleratore, entra in funzione un freno motore che ricarica la batteria, facendo rallentare il veicolo. Impostando il livello “alto”, la decelerazione in fase di rilascio è molto pronunciata, tanto che diventa possibile rinunciare, in parecchie situazioni, all’utilizzo del pedale del freno (single pedal driving).

I limiti maggiori s’incontrano in autostrada, perché appena si viaggia intorno a 130 km orari, la carica della batteria diminuisce molto più rapidamente rispetto alla guida urbana o su strade statali.

L’auto elettrica è ideale sui percorsi misti, con frequenti accelerazioni e frenate, salite e discese, o tratti da percorrere a velocità costante non troppo elevata, così da gestire nel modo più efficiente l’autonomia complessiva della batteria e la possibilità di rigenerarla durante la guida.

Poi è fondamentale pianificare con attenzione il viaggio: qual è la mia destinazione? Dove posso ricaricare? Come devo comportarmi in caso di deviazioni? Quanto dovrò aspettare per il rifornimento?

Tempi e modi di ricarica

L’esperienza della ricarica è stata in chiaroscuro: la colonnina prescelta, di Alperia, non ha funzionato come avrebbe dovuto, molto probabilmente per un’errata comunicazione tra il software della colonnina e quello della Jaguar. Dopo aver avvicinato la tessera del gestore al display e aver innestato la presa DC a 50 kW nella presa dell’auto, in pochi secondi compariva una spia rossa con segnalazione di errore.

Abbiamo chiamato il servizio clienti, che ha confermato l’impossibilità di utilizzare il punto di ricarica, perché i tentativi non andati a buon fine avevano bloccato la colonnina (in altre parole: come se fosse scattato il salvavita sul contatore elettrico) e quindi sarebbe dovuto intervenire un tecnico.

Così ci siamo diretti a un punto di rifornimento ABB sull’autostrada A22, con accesso libero e gratuito, che per fortuna ha consentito di rifornire in circa 10-15 minuti la vettura per raggiungere la nostra destinazione. È bene precisare che la breve sosta ha ricaricato solo in minima parte la batteria. Per arrivare al 100% avremmo dovuto aspettare ben di più.

In definitiva, sono tre gli obiettivi fondamentali che le aziende che investono nella mobilità elettrica devono perseguire, per evitare ogni inconveniente agli automobilisti: aggiornare in modo tempestivo i software che permettono a vetture e colonnine di “dialogare” tra loro, rendere più facili le procedure, prevedendo un unico portachiavi/portafoglio elettronico con cui accedere alle differenti stazioni di ricarica (la cosiddetta interoperabilità), integrare nelle mappe dei navigatori delle applicazioni per individuare le colonnine pubbliche e anche quelle private di alberghi, ristoranti, esercizi commerciali.

In una parola: semplificare il più possibile quell’ecosistema elettrico che, in questo momento, appare ancora piuttosto disomogeneo, tanto da costringere chi guida a programmare ogni sua mossa e viaggiare senza avere troppa fretta di giungere a destinazione.

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