Costi elevati, mancanza di spazio, inadeguatezza dell’impianto elettrico esistente, mancanza di consenso degli altri proprietari, ambienti e impianti non a norma per ottenere l’autorizzazione: sono questi i principali ostacoli che frenano lo sviluppo della ricarica per le auto elettriche negli edifici condominiali.
Il “diritto a collegare” un veicolo a batteria è quindi ancora lontano dall’essere condiviso e attuato, in Italia come negli altri Paesi Ue, anche a causa del gap normativo della nuova direttiva EPBD sulla performance energetica degli edifici (si veda la nostra mini-guida sul tema).
Lo riferisce l’organizzazione indipendente Transport & Environment (TE) in un briefing (pdf) intitolato appunto “Right to plug”, dedicato alla ricarica elettrica condominiale.
I punti deboli della direttiva EPBD
L’articolo 14 della direttiva EPBD – anche nota come direttiva sulle “case green” – stabilisce requisiti per l’installazione di punti di ricarica per veicoli elettrici in edifici nuovi e in quelli sottoposti a importanti ristrutturazioni, oltre che in immobili non residenziali esistenti.
Tuttavia, osserva TE, la direttiva “non fornisce disposizioni concrete” per gli edifici residenziali esistenti.
Inoltre, realizzare infrastrutture di ricarica per veicoli elettrici può essere particolarmente impegnativo in stabili multifamiliari o condominiali, “a causa della loro struttura proprietaria” che spesso rende il processo decisionale più complesso.
La direttiva (art. 14 comma 8) richiede agli Stati membri di semplificare e accelerare la procedura per installare le colonnine, sia per gli inquilini sia per i proprietari, salvo che ci siano “motivi seri e legittimi” per rifiutare la loro richiesta.
Ma i requisiti di questo articolo, si spiega, “sono troppo deboli per essere considerati un ‘diritto alla spina’ robusto ed efficace: non esiste una definizione di quali possano essere i motivi seri e legittimi, né alcun altro obiettivo vincolante per pre-attrezzare gli edifici multifamiliari per la ricarica dei veicoli elettrici”.
Come attuare il “diritto alla ricarica”
La principale barriera all’installazione di punti di ricarica negli edifici multifamiliari è la complessità e la lunghezza del processo per ottenere l’approvazione da parte degli altri proprietari.
Secondo TE, recependo negli ordinamenti nazionali le disposizioni della direttiva EPBD, gli Stati membri dovrebbero implementare un “diritto alla ricarica” chiaro e semplice, articolato come segue:
- il diritto dovrebbe applicarsi sia ai proprietari sia agli inquilini e richiedere solo una notifica agli altri proprietari;
- gli altri proprietari non dovrebbero essere in grado di opporsi al progetto a meno che vi siano ragioni serie e legittime, chiaramente definite dalla legge;
- tali ragioni dovrebbero comprendere solo problemi di sicurezza, mancanza di disponibilità di energia, preesistenza o impegno a installare infrastrutture di ricarica collettiva entro un lasso di tempo prestabilito.
È poi fondamentale, prosegue TE, garantire che tutti i nuovi edifici residenziali e quelli ristrutturati siano completamente cablati per la ricarica dei veicoli elettrici: in particolare, occorre pre-cablare il 100% dei posti auto, anziché il 50% richiesto dalla direttiva.
Entro il 2026 gli Stati membri dovrebbero anche elaborare strategie e obiettivi per pre-cablare gli edifici esistenti, in linea con la prevista adozione locale dei veicoli elettrici.
Altro punto essenziale è che i governi aiutino a finanziare la realizzazione di punti di ricarica negli edifici residenziali, tramite bonus per l’acquisto/installazione (come il bonus colonnine italiano, citato come buona pratica) e incoraggiando modelli aziendali innovativi che coprano i costi iniziali senza finanziamenti pubblici.
Infine, bisognerebbe rendere obbligatoria la predisposizione di tutte le colonnine negli edifici alla cosiddetta “ricarica bidirezionale”, per consentire ai conducenti di veicoli a batteria di ridurre la bolletta elettrica ricaricando nelle ore “non di punta”, quando i prezzi sono più bassi, e rivendendo alla rete l’energia immagazzinata in precedenza nel veicolo durante i picchi di domanda, quando i prezzi del kWh sono più alti (Auto elettrica e V2G, potenzialità e ostacoli della ricarica “intelligente”).
Come sbloccare gli investimenti nelle colonnine pubbliche
Guardando alle infrastrutture di ricarica aperte al pubblico, un position paper pubblicato dal Laboratorio REF Ricerche (pdf scaricabile con registrazione gratuita) si focalizza su come accelerare gli investimenti degli operatori in questo settore.
L’Italia, affermano gli esperti, “seppur a un buon livello di diffusione di infrastrutture di ricarica, è ancora indietro rispetto ad altri Paesi europei come Francia e Germania, sia per diffusione di veicoli elettrici che come livello di utilizzo dell’infrastruttura pubblica”.
Ciò dipende anche “dai tempi di rientro dell’investimento incerti o molto lunghi, e dalla poca informazione degli utenti finali nelle potenzialità dei veicoli elettrici a cui guardano ancora con forte scetticismo”. Finora i bandi Pnrr per realizzare colonnine pubbliche nei centri urbani e sulle strade extraurbane hanno riscontrato molte criticità.
In sostanza, per raggiungere gli obiettivi europei, è necessario un intervento legislativo nazionale per implementare quanto previsto dal regolamento Afir (anche in tema di semplificazione dei pagamenti) e dalla direttiva Red 3, per quanto riguarda le fonti rinnovabili nei trasporti.
Sono infine necessari “interventi rivolti a sostenere le vendite di auto elettriche, per esempio attraverso meccanismi di incentivi per le flotte aziendali, e meccanismi di sostegno economico per gli operatori che stanno investendo in infrastrutture di ricarica”.