Africa Climate Summit, sarà cruciale migliorare l’accesso al credito

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Come sbloccare gli investimenti in Africa? Qualche idea nel nuovo report Iea. Intanto Ursula von der Leyen auspica che nel continente si creino nuovi mercati per la CO2 e gli Emirati annunciano investimenti.

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Secondo la Commissione Europea, la transizione dell’Africa verso un’economia a basse emissioni di carbonio trarrebbe grandi benefici dai meccanismi che diano un prezzo alle emissioni, che incoraggino l’innovazione e sblocchino entrate da investire nelle energie pulite.

Sta per entrare in vigore la tassa europea alle frontiere sulla CO2 (il cosiddetto CBAM, che partirà con gradualità dal prossimo primo ottobre), che potrebbe complicare i rapporti con vari paesi africani. Questo è il messaggio portato ieri all’Africa Climate Summit dalla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen.

Intervenendo all’evento, parte della più ampia African Climate Week delle Nazioni Unite in corso a Nairobi, von der Leyen ha rimarcato anche che servono “veri carbon credit”, sottolineando che lo sviluppo dei mercati delle emissioni consentirebbe all’Africa di attingere a nuove entrate per i suoi carbon sink, come le foreste.

Finora nel continente solo il Sudafrica ha adottato una tassa sulla CO2, ma l’interesse c’è. Tanto che gli Emirati Arabi Uniti il 4 settembre hanno annunciato di voler investire 450 milioni di dollari per acquistare crediti di carbonio generati in Africa entro il 2030, nell’ambito della African Carbon Markets Initiative lanciata alla COP27.

I modi per sbloccare gli investimenti in transizione energetica in Africa sono anche al centro del nuovo report Iea Financing Clean Energy in Africa” presentato oggi, sempre in occasione dell’evento.

Il continente ospita quasi il 20% della popolazione mondiale e dispone di ampie risorse, ma pesa solo per il 2% della spesa globale per l’energia pulita. Gli investimenti in energia, anche per garantire l’accesso universale ai servizi energetici, in Africa devono essere più che raddoppiati entro il 2030, destinandone circa due terzi alle rinnovabili, raccomanda la Iea.

A frenare lo sviluppo dell’energia pulita ci sono una serie di rischi, sia reali che solo percepiti, che gravano sui progetti in Africa: il costo del capitale è almeno due o tre volte superiore a quello delle economie avanzate.

Il rapporto esplora una serie di strumenti che possano facilitare i finanziamenti per la transizione energetica in Africa. Fornire energia “moderna” a tutti gli africani, si premette, richiederà una spesa di quasi 25 miliardi di dollari l’anno fino al 2030.

Si tratta di una piccola somma nel contesto della spesa energetica globale, ma con particolari sfide sul lato finanziario, dato che si stratta soprattutto di progetti su piccola scala, spesso in aree rurali e per utenti con capacità finanziaria limitata.

Secondo il rapporto, i finanziamenti agevolati – o finanziamenti da parte di istituzioni finanziarie e donatori per lo sviluppo – possono fungere da catalizzatore cruciale.

Lo studio rileva che per mobilitare 90 miliardi di dollari di investimenti nel settore privato entro il 2030 è necessario un capitale agevolato di circa 28 miliardi di dollari all’anno, cioè un aumento di oltre dieci volte rispetto a oggi.

Le implicazioni geopolitiche e le dinamiche in atto in tanti e specifici contesti africani non sono certo semplificabili solo con l’accesso al credito, perché le variabili da affrontare per costruire un modello energetico non basato sulle fonti fossili sono molteplici e complesse. Per questo motivo QualEnergia.it proverà a parlare sempre di più di questi temi nei prossimi mesi, sentendo anche chi opera in questo ambito in Africa.

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