Ottimizzare la produzione di un impianto fotovoltaico è un fattore sempre più importante. Le cause di perdite sono varie: problemi elettrici, invecchiamento dei moduli, ombreggiamento, elevate temperature e l’effetto soiling, oggetto del presente articolo poiché è un fattore di disefficienza potenzialmente recuperabile.
La letteratura scientifica prodotta intorno a questo fenomeno è abbondante e autorevole. Esiste però una chiara difficoltà nel quantificare la mancata produzione elettrica per effetto del soiling, che risiede nel fatto che si tratta di un fenomeno molto variabile, sito-specifico e dipendente da fattori ambientali inquinanti differenti per ogni area geografica del pianeta.
Può raggiungere valori anche del 25%, come calcolato da un recente studio “Large Reductions in Solar Energy Production Due to Dust and Particulate Air Pollution”, pubblicato su QualEnergia.it, soprattutto in zone con condizioni ambientali critiche come quelle desertiche, dove l’accumulo di sabbia provoca l’oscuramento parziale o totale delle celle.
Il maggior danno economico ricade soprattutto sugli impianti di maggiori dimensioni, i quali perdono ingenti somme di denaro anche a fronte di una disefficienza minima.
La consapevolezza della problematica esiste forse più tra gli operatori del settore che tra i proprietari di impianti.
Sicuramente sono i proprietari di impianti di taglia commerciale e utility scale i più attenti all’efficientamento: maggiore è l’attenzione all’ottenimento del massimo delle prestazioni delle installazioni fotovoltaiche, ottimizzando produzione e rientro dell’investimento.
È possibile recuperare il decadimento produttivo dovuto all’impatto degli agenti ambientali
Non esiste una risposta univoca per affrontare il problema della manutenzione e del recupero della disefficienza degli impianti fotovoltaici: generalmente si adotta un piano periodico di pulizia.
Se pur importante, questa soluzione non fornisce una risposta soddisfacente, in quanto i pannelli, una volta puliti mantengono i benefici solo per un tempo determinato, spesso molto breve (esempio figura 1).
Molti gestori per questo motivo scelgono di non eseguire le pulizie periodiche, tagliando le spese di gestione, ma accontentandosi di un parco fotovoltaico che rende meno del suo potenziale.
Sul mercato esistono una serie di prodotti che vantano la capacità di minimizzare l’accumulo di sporco sui pannelli, attraverso la realizzazione di un coating a protezione del prisma frontale dei pannelli.
Molti di questi utilizzano un veicolo a base Siliconica, altri sono invece a base di precursori Silicei, altri ancora ricorrono a polimeri perfluorurati, cercando di donare al prisma proprietà di idrofobicità piuttosto che oleofobicità, agendo sulle proprietà interfacciali.
Esistono poi una serie di prodotti che puntano sulle proprietà fotocatalitiche di alcuni ossidi, in capo a tutti il Biossido di Titanio, nati per svariate applicazioni ma senza un focus preciso legato al fotovoltaico.
Dalle ricerche iniziate nel 2010, condotte in ambito accademico dal gruppo di ricerca del Professor Norberto Roveri dell’Università degli Studi di Bologna, è stato invece sviluppato il prodotto nanotecnologico Pannel Plus®, partendo da una sintesi innovativa ed esclusiva del Biossido di Titanio, per applicazione specifica sul pannello fotovoltaico.
Massimo Masetti, Consigliere Delegato alla Divulgazione Tecnico-Scientifica di DIVE Group, racconta: “Lo studio, inizialmente teorico e focalizzato sulla sintesi di fotocatalizzatori ad elevata efficienza, ha quasi subito sposato il tema delle energie rinnovabili grazie all’intuizione del Prof. Roveri, Presidente Onorario di DIVE Group e Professore Ordinario presso il Dipartimento di Chimica all’Università di Bologna, e del suo team di ricerca. Lo sviluppo e l’ottimizzazione del prodotto è proseguito accompagnandosi in parallelo a numerosi test sul campo, che hanno permesso di perfezionare Pannel Plus® basandosi su osservazioni e dati reali, cosa che oggi ci permette di parlare con orgoglio di innovazione scientifica e di solidità industriale”.
Il principale vantaggio del prodotto risiede nelle sue specificità bio-mimetiche: le sue particelle fotocatalitiche sono pensate, sintetizzate e stabilizzate con il preciso focus dell’applicazione fotovoltaica.
Interagendo con la radiazione luminosa il prodotto reagisce modificando le proprie caratteristiche superficiali, in particolare l’energia acquisita dalla porzione ultra violetta della radiazione solare, grazie alla sintesi non convenzionale del biossido di titanio, caratteristiche idrofiliche, normalmente a lui non apparenti.
Grazie alla presenza e persistenza dell’umidità sulla superficie del materiale durante il giorno è possibile solubilizzare inquinanti idro-solubili oltre a catturare gli ossidrili prodottisi grazie all’azione foto catalitica.
Durante la notte, in assenza di luce, cambia la tensione superficiale del materiale riacquistando la caratteristica idrofobica, dove le singole particelle d’umidità diventano sferiche e scivolando via dal pannello portano con sé lo sporco accumulato (effetto autopulente).
L’innovazione “strutturale” del prodotto Pannel Plus® consiste anche nella sua applicazione: il prodotto aderisce alla superficie vetrosa esterna del modulo con un legame elettrostatico, che non crea interazioni chimiche di alcun tipo con il pannello, dettaglio rilevante per la validità della copertura assicurativa dei moduli. Inoltre, grazie all’innovativa sintesi, la struttura cristallina del biossido di titanio acquisisce caratteristiche di back-scattering, riflettendo gran parte della radiazione infrarossa incidente e riducendo in maniera significativa la temperatura superficiale del pannello fotovoltaico.
È inoltre rilevante citare che il processo di sintesi e il prodotto finito è stato sviluppato dando grande importanza alla sostenibilità e all’impatto ambientale.
Il Chief Commercial Officer di DIVE Group, Andrea Pezzoli, aggiunge: “Ci tenevamo a proporre un prodotto ad elevata sostenibilità ambientale. Inoltre, viviamo in una realtà internazionale per cui la sicurezza e facilità di trasporto del prodotto sono un vantaggio competitivo rispetto alla concorrenza”.
In un processo di trasferimento tecnologico, DIVE Group ha acquisito i diritti del prodotto e a breve lancerà sul mercato anche un software, basato su un modello di calcolo predittivo, capace di quantificare la possibilità di recupero di produzione di un impianto, partendo dalla caratterizzazione ambientale del relativo sito di localizzazione.
Ripristinare e mantenere le prestazioni ottimali di efficienza
Ad oggi sono numerosi gli impianti trattati, in varie parti d’Italia, e con le più diverse condizioni di manutenzione e di inquinamento ambientale.
Per questo i risultati ottenuti, sempre positivi, differiscono in modo sostanziale: ci sono impianti che hanno recuperato il 3-4% di produzione mentre altri sono andati anche oltre il 18%.
Diventa quindi impossibile standardizzare il dato atteso, prescindendo dalla conoscenza del sito di localizzazione e dalla sua caratterizzazione ambientale, che tiene conto delle varie dinamiche di soiling oltre che delle caratteristiche tecniche dell’impianto.
“È esattamente per questo motivo che abbiamo iniziato a sviluppare il modello predittivo di calcolo; in questo modo siamo in grado di fornire una risposta più obiettiva ai nostri clienti su quanto potrebbe essere il loro guadagno e il tempo di break even per l’investimento effettuato. Sicuramente zone ad elevato inquinamento ambientale e impianti con valori di Performance Ratio inferiori all’80%, hanno dimostrato percentuali di recupero d’efficienza produttiva significativamente più elevate”, spiega Pezzoli.
Solo a titolo di esempio, facendo una proiezione su un impianto di 1 MW, sito in Puglia in zona industriale con 1.889 ore d’irraggiamento medio annuo, tariffa del conto energia di 0,31 €/kWh, è stato possibile stimare, partendo dall’analisi dei dati storici e dalla caratterizzazione ambientale sito-specifica, attraverso le valutazioni effettuate dal modello di calcolo, una perdita produttiva dovuta al soiling di circa il 7,25% annuo.
Il modello ci consente quindi di determinare anche la performance “star” e la performance attesa nel biennio rispetto all’utilizzo di Pannel Plus® pari, quest’ultima, ad un incremento del +6,91%, corrispondente a +196,04 MWh e un guadagno economico di 55.130 euro, con break even al 5° mese.
Tuttavia, ipotizzando che Pannel Plus® riesca a recuperare anche solo il 3,5% della mancata produzione, questo si traduce in 48,4 MWh per un guadagno economico di circa 5.630 € nel primo anno, già detratto l’investimento necessario per il trattamento che osserva il suo break even al 7° mese. Considerando il biennio, il guadagno totale atteso sarebbe di circa 25.190 €.