Una sentenza per superare l’attuale modello di gestione dei rifiuti

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Il Consiglio di Stato "etichetta" gli impianti di pirolisi o gassificazione (a caldo) programmati in Val D’Aosta come "ormai superati" dai nuovi impianti di trattamento dei rifiuti “a freddo”. Ripercorriamo una storia locale con conseguenze interessanti per tutto il territorio nazionale.

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Il Consiglio di Stato “etichetta” gli impianti di pirolisi o gassificazione precedentemente programmati in Valle D’Aosta come “ormai superati” dai nuovi progetti di trattamento dei rifiuti “a freddo”.

La decisione del Consiglio di Stato

È datata 21 aprile 2016 la sentenza del Consiglio di Stato che considera legittima la delibera di Giunta che approva il nuovo programma regionale di gestione dei rifiuti che privilegia la prevenzione, la preparazione al riutilizzo, il riciclaggio e il recupero, incrementando le percentuali di raccolta differenziata e valorizzando il residuo indifferenziato con gli impianti per il trattamento “a freddo”.

I giudici sono stati chiamati a pronunciarsi sul ricorso proposto dal presidente della Regione Valle D’Aosta contro la società Noy Ambiente, per la riforma della sentenza del Tar n.88/2015. Quest’ultima obbligava l’amministrazione regionale a concludere la procedura per l’affidamento in concessione del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani, e la realizzazione di un impianto di trattamento rifiuti “a caldo”, ritenendo che le delibere di “revoca” e “conferma di revoca” della procedura di appalto, avessero reintrodotto il divieto di realizzare e utilizzare in tutto il territorio regionale impianti di trattamento “a caldo”.

Il divieto a cui fa riferimento il TAR era in effetti previsto nella legge regionale n. 33/2012 che la Corte Costituzionale nel 2013 aveva dichiarato illegittimo, considerandolo un limite assoluto non di competenza della regione, che precludeva allo Stato l’individuazione degli impianti di preminente interesse nazionale con la tecnica del trattamento “a caldo” dei rifiuti nell’intera regione.

Ma la regione intanto – pur non avendo elaborato un nuovo piano regionale di gestione dei rifiuti – si è dotata di nuovi indirizzi e orientamenti formulati dal consiglio regionale, rivisitando il programma generale di gestione dei rifiuti con scelte operative che superano il sistema della termovalorizzazione e che il Consiglio di Stato considera “coerenti o quantomeno non incompatibili” con la Direttiva europea 98/2008 sui rifiuti.

E in particolare con l’art. 4 che per la prevenzione e gestione dei rifiuti individua una gerarchia con al primo posto la prevenzione e solo all’ultimo l’avvio allo smaltimento; e l’art. 11 sulle misure che gli Stati devono adottare per promuovere il riutilizzo dei prodotti sostenendo le reti di riutilizzo e riparazione.

Le deliberazioni regionali contestate sono state recepite, come si legge nella sentenza del Consiglio di Stato, nella Legge regionale n. 22/2015 sull’approvazione dell’aggiornamento del piano regionale di gestione dei rifiuti per il periodo 2016/2020.

Per i giudici il testo di legge “non trova disarmonie con le norme statali” e per rafforzare tale posizione citano l’accordo – raggiunto il 6 febbraio 2016 nella Conferenza delle Regioni e delle Province autonomesullo schema di D.P.C.M. che individua la capacità degli impianti di incenerimento con recupero energetico di rifiuti urbani assimilati esistenti e ancora da realizzare delle necessità del fabbisogno residuo nazionale. E proprio nella macro area del Nord Italia, di cui fa parte la Valle D’Aosta, non è prevista la realizzazione di termovalorizzatori.

Revoca dell’aggiudicazione provvisoria

Con questa decisione il Consiglio di Stato dunque revoca l’aggiudicazione provvisoria per l’affidamento del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani sul territorio regionale, con processo di pirolisi e gassificazione, e conferma l’orientamento giurisprudenziale sull’atto di revoca come diniego dell’aggiudicazione provvisoria: la possibilità che all’aggiudicazione provvisoria della gara d’appalto non segua l’assegnazione definitiva è un evento del tutto fisiologico che non può generare affidamento meritevole di tutela con l’obbligo del risarcimento, sempre che l’operato dell’amministrazione non sia illegittimo.

L’origine della vicenda

La vicenda ha inizio qualche anno fa, nel 2010, quando la regione Valle D’Aosta ha indetto una procedura aperta ex art. 153 del D.Lgs. n. 163/2006 (Codice degli Appalti) per l’affidamento in concessione del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani prodotti sul territorio regionale.

Il bando prevedeva anche la progettazione e la realizzazione di un impianto di trattamento rifiuti “a caldo”, nello specifico con un processo di pirolisi e gassificazione che puntava alla valorizzazione energetica dei rifiuti urbani indifferenziati.

Il servizio veniva provvisoriamente aggiudicato alla Ati, con mandataria la società Noy Ambiente, ma con delibera di Giunta, datata dicembre 2012; l’aggiudicazione provvisoria veniva revocata e successivamente, nel 2014, si confermava la revoca.

Cosa era successo nel frattempo? Un approccio dal basso

La cittadinanza allarmata e preoccupata dalle notizie sulla progettazione e realizzazione del pirogassificatore fece di tutto per informarsi sui pericoli derivanti dal trattamento “a caldo” dei rifiuti e soprattutto provò a individuare possibili soluzioni alternative.

I cittadini capirono subito che non sarebbe stato sufficiente puntare sull’atteggiamento “nymby” (not in my back-yard), limitandosi ad ostacolare la realizzazione degli impianti previsti. E del resto la Corte Costituzionale con la sentenza n. 62 del 2005 non “premia” queste posizioni tipiche delle comunità locali, le considera comprensibili, ma non insormontabili per la realizzazione di impianti necessari.

Fu dunque costituita l’associazione “Valle virtuosa” e si intensificarono i rapporti e i confronti soprattutto con la rete nazionale della strategia “Rifiuti Zero” che attraverso 10 passi punta alla riduzione dei rifiuti e prevede il trattamento “a freddo” per la parte residua.

Seguì un’importante campagna di raccolta firme che portò alla promozione del referendum propositivo, di iniziativa popolare, e alla promulgazione della Legge regionale n. 33 del 2012 che con un unico articolo modificava la Legge regionale n. 31 del 2007 in materia di gestione dei rifiuti:

In considerazione delle ridotte dimensioni territoriali della regione e dei limitati quantitativi di rifiuti prodotti, in conformità agli obiettivi di cui all’articolo 10, comma 1, al fine di tutelare la salute e di perseguire criteri di economicità, efficienza ed efficacia, nel ciclo integrato dei rifiuti solidi urbani e dei rifiuti speciali non pericolosi non si realizzano né si utilizzano sul territorio regionale impianti di trattamento a caldo quali incenerimento, termovalorizzazione, pirolisi o gassificazione.

Ma la disposizione normativa regionale contenente il divieto generale di utilizzare sul tutto territorio della regione gli impianti di trattamento “a caldo” fu dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale, con la sentenza n. 285 del 2013. La disciplina della gestione dei rifiuti rientra infatti nella materia “tutela dell’ambiente e dell’ecosistema” che a norma dell’art. 117 della Costituzione è riservata alla competenza esclusiva dello Stato. E la Regione non può introdurre limiti assoluti alla localizzazione di un impianto.

Nelle more di questi giudizi, la Giunta regionale avviava un nuovo programma di gestione dei rifiuti diverso dal precedente, incrementando la raccolta differenziata e riducendo progressivamente il quantitativo di rifiuti da conferire in discarica. Sono questi i passaggi che hanno consentito alla Giunta regionale di deliberare nel 2014, confermando la revoca della procedura di gara in quanto il sistema della gestione “a caldo” con l’impianto di pirolisi era stato superato dai nuovi indirizzi di gestione.

Possibili conseguenze sul territorio nazionale

La sentenza del Consiglio di Stato lancia segnale ben preciso dichiarando il superamento del trattamento “a caldo” della frazione residua dei rifiuti a favore di metodi più sostenibili come il trattamento “a freddo”, nel contesto della programmazione della Regione Autonoma Valle D’Aosta.

Una programmazione regionale che modificando il vecchio orientamento ha dato priorità all’incremento delle percentuali di raccolta differenziata, alla prevenzione dei rifiuti, valorizzando l’indifferenziato con impianti per il trattamento “a freddo”.

La sentenza, considerando la nuova pianificazione regionale in linea con le disposizioni della direttiva europea 98/2008, lancia indubbiamente anche un messaggio in generale sulla possibilità di gestire i rifiuti con metodi non convenzionali e sostenibili come il trattamento “a freddo”.

Posizione che sembrerebbe, invece, in contrasto con l’art. 35 del cosiddetto “Sblocca Italia”, che prevede trattamenti termici per il rifiuto urbano residuo.

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