Un’altra strada per le rinnovabili europee

L'Europa è in ritardo sugli obiettivi 2010 e deve raddoppiare gli investimenti per raggiungere quelli del 2020, avverte la Commissione. Ma uno studio mostra come si possa e convenga puntare ancora più in alto già al 2020 e arrivare al 40% di rinnovabili e 57% in meno di CO2 al 2030, risparmiando centinaia di miliardi di import energetici.

ADV
image_pdfimage_print

Più della metà degli Stati membri europei ha mancato il proprio obiettivo sulle rinnovabili per il 2010. Per raggiungere il traguardo del 20% sui consumi finali di energia al 2020 l’Europa deve accelerare e raddoppiare gli investimenti in energie pulite, ha avvertito il commissario per l’energia Günther Oettinger. Ma –  spiega un report commissionato dai Verdi europei – per raggiungere l’obiettivo a lungo termine sulle emissioni e contenere il riscaldamento globale entro i 2°C, occorre puntare ancora più in alto: per tagliare le emissioni del 90% al 2050 si deve e si può ridurle del 35% al 2020, arrivando al 2030 al 40% di rinnovabili sul fabbisogno totale. Si risparmierebbero così 260 miliardi di euro all’anno di combustibili importati.

Venerdì i ministri e i capi di stato europei si riuniranno a Bruxelles per un vertice sull’energia e nei giorni scorsi dalla Commissione è arrivata la fotografia dei progressi dei vari Stati sulle rinnovabili ad oggi (vedi allegato). Solo 7 tra gli Stati membri si aspettano, stando ai rispettivi piani nazionali per le rinnovabili, di raggiungere l’obiettivo 2010: Danimarca, Germania, Ungheria, Irlanda, Lituania e Polonia e Portogallo. La Commissione ha forti dubbi che questi ultimi 3 paesi ce la facciano realmente. L’Italia invece non raggiungerà l’obiettivo 2010 del 22,5% dell’elettricità, ma si fermerà al 19%, segnando un progresso scarso, mentre sui trasporti arriverà al 3,5%, anziché al 5,75% dell’obiettivo.

Una fotografia che mostra la necessità di un cambio di marcia: bisogna raddoppiare gli investimenti nelle energie pulite nei prossimi anni, portandoli da 35 a 70 miliardi di euro, ha avvertito Oettinger. Occorre dunque mettere in pratica i piani nazionali con incentivi che offrano finanziamenti semplici, chiari e certi; serve poi – ha sottolineato il Commissario – più cooperazione tra gli Stati e una migliore integrazione negli investimenti e nei regimi di sostegno all’interno del mercato continentale. Per fare in modo che l’energia pulita circoli in Europa dai paesi che ne producono di più e a più buon mercato a quelli in deficit.


La Commissione indica la strada, che però, per rallentare il cambiamento climatico e migliorare economia e sicurezza energetica, secondo alcuni andrebbe percorsa molto più in fretta. Uno studio commissionato dai Verdi europei e realizzato dall’Oko-Institut (vedi allegato), fresco di pubblicazione, mostra come si può fare.


Se lo scenario di riferimento, basato sugli impegni attuali e su quel che si sta facendo per onorarli, parla di riduzioni della CO2 in Europa del 19% al 2020, del 25% al 2030 e del 38% al 2050, quello proposto punta a tagliare le emissioni del 35% al 2020, del 57% al 2030 e del 95% al 2050 (nel grafico qui sotto la riduzione delle emissioni proposta divisa per settori).



Per farlo le rinnovabili dovrebbero arrivare a soddisfare il 20% del fabbisogno energetico totale al 2020, il 40% al 2030, e il 90% al 2050 (nel grafico in basso il mix energetico proposto),  mentre la traiettoria attuale, secondo lo studio, ci porterebbe solo al 13% al 2020, al 16% al 2030 e al 24% al 2050. Per quel che riguarda il mix elettrico, invece, le fonti pulite nello scenario proposto in Europa arrivano al 39%, al 2020 al 60%, nel 2030 e al 94% in 2050, mentre il nucleare viene abbandonato entro il 2040.



Tre i pilastri della strategia proposta. L’efficienza energetica innanzitutto: fondamentale ripensare la mobilità e introdurre standard di risparmio energetico più severi per edifici, veicoli, elettromestici. Secondo punto, il passaggio a modi puliti di produrre l’energia, fondamentale anche per l’elettrificazione dei trasporti che è stata prevista. Nello scenario al 2030 il 60% dell’elettricità verrebbe dalle rinnovabile, mentre il 30% sarebbe ottenuto da centrali a gas. Basilare, come in tutti gli scenari che vedono protagoniste le fonti pulite, è un ammodernamento della rete elettrica, che permetta di gestire l’energia in maniera flessibile. Infine, una serie di azioni per arrivare a tagliare di oltre il 90% i gas serra al 2050 dovranno essere intraprese nella gestione del suolo (agricoltura), dei rifiuti, nei processi industriali energivori (cemento, acciaio, ecc.) che dovranno essere più efficienti, alimentati in parte a biomasse e prevedere il sequestro della CO2.


Se si riesce a fare quanto proposto i vantaggi ci sono – mostra lo studio – e non sono solo ambientali. Oltre al fatto che queste politiche renderebbero l’Europa il centro del mondo della green economy, a giovarne sarebbe soprattutto l’indipendenza energetica del vecchio continente e dunque la resilienza alla probabile futura crisi energetica. Puntando a questi obiettivi l’Europa infatti eviterebbe di pagare ai paesi produttori di combustibili fossili e uranio circa 130 miliardi all’anno al 2020, 260 al 2030 e 455 al 2050.

ADV
×