Non che Poste Italiane sia stata completamente con le mani in mano e non si sia mossa per ridurre il suo impatto. Anzi, l’azienda dichiara di essere quella con la flotta più sostenibile in Europa: un incremento del 66% dei mezzi a metano dall’anno scorso a quest’anno e un’interessante sperimentazione sui mezzi elettrici condotta in collaborazione con le poste di Belgio e Ungheria, con il Comune di Perugia, Legambiente, Ducati Energia e i Politecnici di Perugia e di Rousse (Bulgaria). Se si guardano i numeri però ci si rende conto di quanto poco si stia facendo rispetto alle potenzialità.
I mezzi a metano sono infatti 1.300 su una flotta di 43mila. Quelli elettrici invece solo 30: un unico progetto pilota, iniziato nel gennaio 2008 a Perugia, dove parte dei motorini sono stati rimpiazzati con quadricli a trazione elettrica e ibrida che vanno ad aggiungersi a un furgone ibrido impiegato presso i centri di meccanizzazione postale di Firenze e Milano-Peschiera Borromeo. Eppure l’azienda dichiara un grande interesse per i nuovi mezzi meno energivori e starebbe definendo uno specifico “progetto sul trasporto sostenibile” che ha “l’obiettivo di definire criteri e metodologie precise nella scelta dei mezzi in vista dei prossimi rinnovi della flotta aziendale.”
Intanto Poste Italiane – una s.p.a. nella forma, ma una società pubblica nella sostanza, visto che le azioni sono divise tra lo Stato italiano che ne detiene il 65% e la Cassa depositi e prestiti, titolare del rimanente 35% – continua a presentare un bilancio ambientale che non sarebbe difficile migliorare. Sono 20.465.000 i litri di gasolio e 9.717.000 quelli di benzina che Poste dichiara di consumare ogni anno. Se sostituisse benzina e gasolio con il meno impattante metano l’azienda risparmierebbe rispettivamente il 51% rispetto alla benzina e il 25% rispetto al diesel. Senza contare la riduzione delle emissioni di CO2, attualmente pari a circa 83mila tonnellate all’anno. Ancora di più si potrebbe fare con i mezzi elettrici, che sembrano nati apposta per l’utilizzo che ne fanno i portalettere: percorrenze giornaliere che non superano i 40 km, per lo più in ambito urbano e in centri abitati, dove è ancora più importante avere mezzi non inquinanti e silenziosi.
Chilometri che tra l’altro vengono percorsi di giorno, mentre i mezzi avrebbero il tempo necessario per ricaricarsi la notte, quando il chilowattora costa meno e la domanda di elettricità è al minimo. Permettendo così, magari, di non sprecare l’energia di fonti non programmabili come l’eolico, che spesso producono troppo rispetto alla domanda o a quello che la rete è in grado di accogliere. E qui il pensiero va ai progetti di “vehicle to grid”, come quelli che si stanno sperimentando in Danimarca (vedi Qualenergia.it), in cui i mezzi elettrici fanno da accumulatori diffusi di una rete intelligente. Progetti per i quali una grande flotta di auto elettriche di proprietà di un gestore unico semi-pubblico come Poste Italiane sarebbe ideale. Ma qui la fantasia sta correndo troppo e la fermiamo, aspettando di poter scrivere presto di cambiamenti più sostanziosi per le migliaia di auto e moto che ogni giorno ci portano la posta a casa.
Giulio Meneghello