Investitori per il clima

  • 13 Novembre 2008

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Una coalizione di 135 gruppi di investimento presenta un documento ai decisori politici di tutto il mondo affinché si muovano con tempestività contro il global warming e per un'economia low-carbon. "Troppo costoso non agire", dicono.

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Che la lotta la global warming sia una necessità non solo per il pianeta, ma anche per il sistema economico è un concetto sempre più diffuso. Basti pensare all’enorme impatto negativo che il cambiamento climatico non contrastato avrebbe sul Pil mondiale, quantificato nel famoso rapporto Stern in una percentuale tra il 5 e il 20%. Oppure come gli investimenti necessari per cambiare il sistema energetico possano essere la spinta che serve per fare ripartire l’economia in crisi.
Questa settimana a ribadire che è urgente per l’economia una politica mondiale chiara, forte e di lungo termine per ridurre le emissioni è un fronte compatto che riunisce 135 fondi di investimento capaci di muovere capitali per circa 6,4 trillioni di dollari, coordinato in tre grandi network: lo statunitense US-based Investor Network on Climate Risk, l’europeo Institutional Investors Group on Climate Change e l’Investors Group on Climate Change per Australia e Nuova Zelanda.

In un documento inviato ai capi di stato del pianeta e agli altri coinvolti nei negoziati internazionali sul clima gli investitori hanno evidenziato l’impatto che il cambiamento climatico potrebbe avere sul loro portafoglio di investimenti e sottolineato come sia necessario individuare al più presto un percorso definito per il post Kyoto, anche al fine di permettere di dislocare gli enormi capitali necessari alla transizione verso l’economia low-carbon. Nell’ Investor Statement on a Global Agreement for Climate Change – questoil titolo del documento – vengono elencate richieste precise per l’accordo post-Kyoto che dovrà essere discusso l’anno prossimo a Copenhagen e il cui iter inizierà il mese venturo a Poznan.

Occorre, scrive il network di fondi d’investimento, seguire le indicazioni dell’IPCC per limitare a un livello “accettabile” i danni del global warming, cioè tagliare le emissioni almeno dal 50 all’85% rispetto ai livelli del 2000. Servono obiettivi a medio e a lungo periodo per i vari paesi; aiuti per i paesi in via di sviluppo, compresa una riforma e un ampliamento dei Clean Development Mechanism (progetti che compensano le emissioni dei paesi ricchi con progetti che aiutano a ridurle nei Pvs); misure per combattere la deforestazione; un mercato delle emissioni mondiale vincolante e, infine, sforzi economici per l’adattamento e la mitigazione dei danni che causerà il cambiamento climatico.

Tutte misure, sottolinea il documento redatto dalla rete di fondi d’investimento – la maggior parte dei quali  di previdenza sociale o istituzionali – essenziali per la resa degli investimenti a medio e lungo termine. “Il nostro portafoglio – spiega Anne Kvam, amministratrice del fondo Norges Bank Investment Management – è molto esposto agli effetti del cambiamento climatico. Come molti altri fondi che fanno investimenti differenziati, la mitigazione e l’adattamento agli effetti dei cambiamenti climati sono essenziali per NBIM; ecco perché è urgente un accordo mondiale”. Dalle parole degli investitori del network traspare d’altra parte un bisogno di sicurezza frutto anche della “scottatura” presa nella crisi dei subprime, conseguenza di un modo di investire che insegue il massimo profitto a breve termine, come dichiara Jack Ehnes, amministratore delegato del California State Teachers’ Retirement System: “L’interdipendenza delle economie mondiali è stata dolorosamente resa evidente dalla crisi, dovuta anche alla ricerca di profitti immediati. Ora scegliamo di guardare lontano e prevenire il rischio dei cambiamenti climatici per i membri del nostro fondo pensionistico”.

Questa volta dunque , circostanza singolare, pare sia la finanza – seppure quella semi-istituzionale – a invitare la politica ad alzare lo sguardo e a ragionare sul lungo termine, sottolineando che la crisi non può essere una scusa per rallentare la lotta al global warming. Come conclude infatti Mindy Lubber, direttrice dell’ Investor Network on Climate Risk : “i leader del pianeta devono accantonare la scusa che combattere il cambiamento climatico è troppo costoso. Troppo costoso è non agire“.

GM

13 novembre 2008

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