La Palin insomma non è esattamente l’eroina degli ambientalisti americani. Il futuro per lei è legato alle fonti fossili, e lo ha detto chiaramente anche nel suo discorso alla convention repubblicana di mercoledì 3 settembre: più trivellazioni, carbone pulito, centrali nucleari, nuovi oleodotti e tagli al costo dell’energia, specie alla benzina per i consumatori, riducendo, le tasse federali. Certo, nel frattempo bisogna anche “andare avanti con le rinnovabili”, ma l’indipendenza energetica del paese – ha spiegato – passa per nuove trivellazioni. Di Obama ha detto: “il nostro paese ha bisogno di più energia e il nostro avversario si oppone a produrne di più”.
Dunque, posizioni più conservatrici in materia ambientale rispetto a quelle del candidato presidente, che però non stupiscono chi conosceva la Palin da prima. Lotta al riscaldamento globale e tutela della biodiversità nella sua esperienza politica sono stai vissuti più che altro come scomodi ostacoli. Il petrolio, invece, è sempre stato da lei considerato un pilastro della società. Il rapporto di Sarah Palin (il cui marito è un dipendente BP) con le multinazionali del petrolio in realtà è complesso: le conosce molto bene essendo stata presidente di Alaska Gas and Oil Conservation Commission dal 2003 al 2004, in quella veste ha lottato contro la corruzione e la contiguità di Big Oil con i suoi colleghi repubblicani. In seguito, come governatore dell’Alaska ha colpito i grandi del petrolio con nuove tasse i cui ricavi sono stati usati per dare agli abitanti dello Stato aiuti per affrontare il caro-energia, un provvedimento simile a quello che Obama propone a livello federale.
Ma petrolio e gas rimangono il fulcro del suo modo di concepire l’energia: il gasdotto realizzato sotto la sua amministrazione ha dichiarato “è nato dalla volontà di Dio” e perfino George W. Bush è stato da lei criticato perchè ha posto troppi limiti alle trivellazioni. La Palin, come si intuisce, è favorevole a sospendere la moratoria sulle trivellazioni off-shore, una posizione recentemente abbracciata anche da Mc Cain, che fino a pochi mesi fa si era dichiarato invece contrario.
Insomma, la vice scelta non è mai stata vista di buon occhio dagli ambientalisti: tra tutela della biodiversità e interessi dei vari business ha finora sempre scelto questi ultimi. Nella primavera scorsa, in contrasto con gran parte della comunità scientifica dell’Alaska, si è opposta al Dipartimento degli Interni che aveva dichiarato l’orso polare specie protetta: un provvedimento che secondo la Palin rischiava di compromettere lo sviluppo dell’industria petrolifera e del gas naturale.
Critiche, infine, le sono venute anche per la sua politica sul controllo dei predatori: la Paulin in Alaska è stata fautrice di regole più permissive (si può ad esempio sparare ai lupi dagli elicotteri) con lo scopo dichiarato di ridurre la popolazione di orsi e lupi in modo che aumentasse quella di caribu e alci che attirano un gran numero di cacciatori nel paese. Un modo singolare di concepire l’equilibrio di un ecosistema. Non a caso la possibile futura vicepresidente è una appassionata cacciatrice e una sostenitrice della NRA l’associazione che negli Usa difende il commercio libero delle armi.
GM
5 settembre 2008