Il vento del mercato

  • 13 Dicembre 2006

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L'introduzione delle rinnovabili cambia i mercati energetici.  L'analisi di un articolo sull'argomento uscito su Windpower Monthly di G.B. Zorzoli

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Il pezzo comparso su Windpower Monthly di dicembre 2006 col titolo “L’energia eolica spinge al ribasso il prezzo all’ingrosso dell’elettricità” fornisce un’informazione esatta, ma ne dà un’interpretazione a mio avviso imprecisa. Nei mercati elettrici liberalizzati il prezzo del kWh richiesto dai produttori in quella che impropriamente viene chiamata Borsa elettrica (in realtà, salvo il caso inglese, si tratta di un’asta pubblica), è differenziato per fasce orarie: ora per ora, come in Italia, mezz’ora per mezz’ora, come in Inghilterra. Il perché di questa scelta è evidente: vi sono ore della giornata in cui la domanda di energia è alta, mentre in altre tende a scendere, raggiungendo un minimo intorno alle 2-3 di notte. Semplificando brutalmente la realtà, possiamo dire che, tenendo conto dei fine settimana e dei periodi dove la maggior parte delle persone va in ferie, le ore con domanda ragionevolmente elevata (ore “piene”)sono circa 3.500 sulle 8.760 ore di cui si compone un anno non bisestile.
Nelle ore “vuote” (o per lo meno in quelle con domanda particolarmente bassa) la competizione fra un’offerta sovrabbondante e una domanda ridotta fa sì che per riuscire a collocare l’energia elettrica un produttore è costretto a praticare prezzi molto bassi, tendenti al costo proporzionale di ciascun impianto (ad esempio in una centrale che funziona a gas, il costo proporzionale è uguale al costo del metano bruciato). Poiché il costo proporzionale di un impianto eolico è nullo (il vento è gratuito), se la potenza eolica installata copre una quota sufficientemente elevata della potenza totale e sono garantiti significativi regimi di vento abbastanza stabili nel tempo, nelle ore vuote potrà praticare prezzi in grado di mettere fuori gioco diversi impianti che bruciano combustibili fossili. Operazione tanto più agevole quanto maggiore è l’incentivazione di cui gode l’energia eolica. Ad esempio nel caso italiano la produzione di un impianto eolico nel 2005 ha goduto di un incentivo (certificati verdi) di 125,28 €/MWh e un ricavo medio per l’energia venduta di circa 65 €/MWh, per cui nelle ore vuote può abbassare tranquillamente il prezzo dell’energia venduta, ricavando comunque da ogni MWh non meno di 150 euro.
Viceversa nelle ore di punta lo stesso effetto lo si può ottenere solo se la sovracapacità produttiva è molto elevata, fenomeno che proprio la competizione provocata dalla liberalizzazione in mercati ancora molto ristretti a causa della limitata capacità di interconnessione fra i diversi Paesi (non esiste nemmeno un mercato europeo, ma solo alcuni mercati regionali) tende a ridimensionare. Dato però il numero molto maggiore di ore vuote rispetto a quelle piene, una forte presenza di impianti eolici può comunque abbassare il prezzo medio annuo del kWh.
Attenzione, però. Innanzi tutto questo ragionamento non vale nel caso del fotovoltaico (il sole c’è solo nelle ore piene) e delle biomasse (che hanno un non piccolo costo proporzionale), mentre è applicabile al geotermico e all’idroelettrico. In secondo luogo laddove, come in Germania, l’incentivo all’energia eolica è dato sotto forma di conto energia, il relativo sovraonere viene caricato sui costi di trasmissione dell’elettricità, che gravano sulla maggior parte dell’energia elettrica utilizzata dal consumatore finale. Il quale, nel caso di un abbondante apporto dell’eolico, alla fine si ritrova a pagare un prezzo composto da una quota mediamente diminuita (prezzo di vendita all’ingrosso) e da una aumentata (costo di trasmissione), quindi con un risultato finale meno eclatante di quanto appaia considerando soltanto i prezzi all’ingrosso.

G.B. Zorzoli

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13 Dicembre 2006

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