Quanto costerà la transizione energetica? E quali cambiamenti comporterà?
Sono le due domande al centro del nuovo rapporto di McKinsey, intitolato “The net-zero transition” (link in basso), dove si analizzano le sfide che ci aspettano per sviluppare un sistema economico, energetico e sociale compatibile con gli obiettivi climatici internazionali (+1,5 °C di surriscaldamento).
Vediamo le stime più rilevanti di McKinsey con un paio di grafici tratti dallo studio.
Per quanto riguarda gli investimenti, la transizione net-zero richiederà di spendere circa 275mila miliardi di dollari cumulativi a livello mondiale tra 2021 e 2050 (275 trilioni), con una media annua di circa 9.200 miliardi di $.
In particolare, bisognerà investire 3.500 miliardi di $ in più in media ogni anno, rispetto a oggi, in tecnologie e infrastrutture low carbon a basse emissioni di CO2, dalle rinnovabili alla mobilità elettrica, passando per tutti gli altri settori (industrie, edifici, agricoltura, produzione di idrogeno, gestione di suoli e foreste).
Per dare un termine di paragone, McKinsey evidenzia che questi 3.500 miliardi aggiuntivi equivalgono a circa metà di tutti i profitti delle aziende globali nel 2020.
Per quanto riguarda, invece, i posti di lavoro, gli analisti ritengono che la transizione energetica pulita potrebbe creare circa 200 milioni di occupati diretti e indiretti al 2050 nelle varie filiere (costruzione di impianti e infrastrutture, operatività, manutenzione), mentre si perderanno circa 185 milioni di occupati.
Ci sarebbe quindi un guadagno netto di 15 milioni di nuovi posti lavorativi.
Nel rapporto si evidenziano anche i tanti rischi di un’eventuale transizione “disordinata“, cioè gestita con troppa lentezza da governi, istituzioni e imprese.
Si parla di carenza delle forniture energetiche, maggiore volatilità dei prezzi, maggiori costi economici e sociali soprattutto per le fasce più deboli di popolazione, per i Paesi emergenti e quelli maggiormente agganciati alle industrie fossili.
Al momento il 20% circa del Pil globale deriva da attività ad alte emissioni di gas-serra, ma lo scenario net-zero richiede una fortissima riduzione di tutti i combustibili fossili entro metà secolo.
Ad esempio, secondo McKinsey, ci sono asset per la produzione di energia per un valore complessivo di oltre 2.000 miliardi di $ che potrebbero diventare “stranded” entro il 2050, trasformandosi in impianti non più remunerativi perché troppo inquinanti e quindi messi fuori gioco dalle tecnologie più efficienti e pulite.
Dal rapporto emergono considerazioni analoghe a quelle pubblicate recentemente dal World Economic Forum nel Global Risks Report 2022.
In definitiva, bisogna anticipare i cambiamenti e adattarsi a essi il più in fretta possibile, guidare la transizione e non subirla passivamente. Chi rimarrà fermo più a lungo, infatti, correrà maggiori rischi di essere travolto e di fallire, come già successo alle aziende che hanno ritardato la corsa verso la transizione digitale.
- Link al rapporto di McKinsey (scaricabile con registrazione gratuita)