Bankitalia: una transizione non governata può essere “dirompente per la stabilità”

È necessario governare l'uscita dai combustibili fossili per mantenere la stabilità del sistema finanziario. Il documento.

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Possibile aumento dei prezzi energetici per famiglie e imprese e conseguente perdita di benessere (per le famiglie) e competitività (per le imprese): ecco cosa rischia il sistema economico-finanziario italiano con la transizione energetica, se questa non sarà governata in modo efficace dalle istituzioni e dalle stesse aziende.

Lo sostiene la Banca d’Italia in un documento che approfondisce diversi temi legati alla finanza sostenibile e alla de-carbonizzazione del mix energetico, intitolato Banche centrali, rischi climatici e finanza sostenibile (link in basso).

Il documento, innanzi tutto, per quanto riguarda i rischi climatici, distingue tra rischi fisici del cambiamento climatico, dovuti a eventi estremi (alluvioni, frane, ondate di caldo e così via) e rischi di transizione correlati agli impegni presi dai diversi paesi, per contenere il surriscaldamento globale entro i limiti fissati dagli accordi di Parigi.

Il punto, osserva la Banca d’Italia (neretti nostri nelle citazioni), è che “una transizione non governata verso un’economia ​low-carbon potrebbe ridurre bruscamente il valore delle riserve energetiche e delle infrastrutture legate allo sfruttamento, la trasformazione e l’utilizzo dei combustibili fossili (carbone, petrolio e gas)”.

Pertanto, si legge nel documento, il rischio di transizione “potrebbe essere dirompente per la stabilità del sistema finanziario”.

Difatti, osservano gli autori, “data la rilevanza dei settori coinvolti e la pervasività dei prodotti energetici, un improvviso calo nel valore delle riserve e delle infrastrutture connesse, potrebbe innescare una corsa alla cessione dei titoli delle società energetiche con conseguenze che potrebbero incidere sul sentiero di crescita economica globale”.

Il riferimento è alla possibilità che si accumulino i cosiddetti stranded asset: impianti, infrastrutture, progetti, investimenti, legati a doppio filo ai combustibili fossili, non più in grado di produrre profitti e quindi inutili, costosi da mantenere e schiacciati dalla concorrenza delle energie pulite.

Inoltre, precisa il documento, la transizione “porterà probabilmente a un aumento dei prezzi, in quanto le politiche climatiche richiedono l’impiego di fonti energetiche alternative al momento più costose o l’introduzione di sistemi di​ carbon pricing che internalizzano dei costi attualmente non sostenuti dalle imprese e dai cittadini, influenzando i prezzi e l’attività economica”.

E poiché la domanda di energia è nel breve termine inelastica, scrivono gli autori, “un brusco aumento dei prezzi dell’energia accrescerebbe la vulnerabilità finanziaria delle imprese e delle famiglie, attraverso la maggior spesa che queste dovrebbero destinare per l’acquisto di beni energetici​”.

Secondo la Banca d’Italia, in conclusione, “il paradigma della finanza verde si fonda sulla constatazione che attività con punteggi di sostenibilità più elevati siano, nel lungo periodo, più resilienti agli shock e, di conseguenza, possano garantire migliori combinazioni di rischio e rendimento, con benefici per gli investitori e per la società nel suo complesso”.

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