Alla transizione il 3% dei fondi per la ripresa: la Iea accusa i governi di “bla bla bla”

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L’avvertimento alla vigilia di G20 e CoP 26. Urgente sostenere soprattutto i paesi in via di sviluppo.

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Solo il 3% dei 16,9 trilioni di dollari che i governi hanno messo in campo finora per la ripresa post Covid-19 andrà all’energia pulita.

La quota è aumentata dal 2% circa di luglio, e questo è il secondo aumento anno-su-anno più grande nella storia degli investimenti low carbon, ma siamo ancora nettamente fuori strada rispetto a quanto dovremmo fare per limitare il riscaldamento globale a livelli non disastrosi.

L’avvertimento, diffuso a tre giorni dall’inizio della CoP 26 e alla vigilia del G20, arriva dalla Iea, l’Agenzia internazionale per l’energia.

Secondo nuove stime del Sustainable Recovery Tracker pubblicato dall’Agenzia (link in basso), negli ultimi tre mesi i governi hanno aumentato del 20% la spesa per la ripresa economica destinata agli investimenti in energia pulita. Ma la spesa è fortemente squilibrata verso le economie avanzate e carente nei paesi in via di sviluppo, restando così ben al di sotto di quanto necessario per ridurre le emissioni globali di CO2.

“Stiamo assistendo a una ripresa diseguale e insostenibile dalla crisi economica dello scorso anno, una ripresa che consiste in un’enorme crescita del consumo di combustibili fossili, lasciando indietro quasi l’80% della popolazione mondiale nel passaggio a un’economia energetica nuova e più pulita”, ha affermato il direttore esecutivo della Iea, Fatih Birol.

“Alla vigilia del vertice dei leader dei G20 e della conferenza sui cambiamenti climatici CoP 26, i governi delle principali economie devono dimostrare di essere pronti a disporre un massiccio aumento degli investimenti nell’energia pulita a livello globale e a guidare il mondo su un percorso più sicuro. Il fatto che non spendano come predicano potrebbe far sfumare l’opportunità di limitare il riscaldamento globale a 1,5 °C”, sottolinea Birol.

La Iea ha introdotto a luglio il Sustainable Recovery Tracker per valutare quanto le misure per la ripresa siano coerenti con la roadmap che l’Agenzia ha pubblicato lo scorso anno, il Sustainable Recovery Plan.

Il piano della Iea raccomandava 1 trilione di dollari di investimenti annuali globali nell’energia pulita per tre anni, per essere coerenti con gli obiettivi climatici, stimolando la crescita economica e l’occupazione. In totale, ad oggi, i governi hanno stanziato circa 470 miliardi di dollari per investimenti in energia pulita da qui al 2030, mostra il Sustainable Recovery Tracker, lanciato come contributo alla presidenza italiana del G20 e che continuerà ad essere aggiornato regolarmente.

Anche se le economie avanzate “si stanno muovendo con decisione” verso una ripresa sostenibile, si sottolinea, gli investimenti globali si fermano a circa il 40% del livello richiesto dalla Iea nel suo Sustainable Recovery Plan.

Alcuni paesi ricchi, tra cui Francia, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti, stanno elaborando e approvando nuovi programmi di investimento: questo potrebbe allineare le economie affermate alla traiettoria raccomandata dalla Iea, se tutto andrà bene, viste le difficoltà politiche (si veda il caso Usa) e i problemi nelle filiere delle tecnologie chiave (si veda quanto sta succedendo nel FV).

Il problema maggiore è nelle economie emergenti e in via di sviluppo: è lì che si dovrebbe investire di più in energia pulita nel prossimo decennio, ed è lì che invece si sta facendo meno. Se guardiamo solo a quelle economie, gli investimenti oggi sono al 20% del livello raccomandato dalla Iea, con poche nuove spese in cantiere a causa dell’inasprimento dei vincoli fiscali dovuto alla pandemia (si veda l’articolo che abbiamo pubblicato stamattina in proposito).

“La carenza di spesa per la ripresa sostenibile nelle economie emergenti e in via di sviluppo è un problema globale che richiede una soluzione globale. Questi paesi non hanno il lusso di finanziamenti a basso costo di cui godono molte economie avanzate. Il mondo ha urgente bisogno di elaborare misure coraggiose per mobilitare e convogliare investimenti in energia pulita verso le economie emergenti e in via di sviluppo su vasta scala. È qui che ridurre le emissioni è più necessario e ha un miglior rapporto costi benefici”, sottolinea Birol (mentre invece sappiamo che i paesi ricchi non stanno onorando gli impegni che hanno preso in merito).

Per la prima volta, il Sustainable Recovery Tracker ha anche valutato gli impatti sull’occupazione: si stima che gli attuali piani governativi creeranno ulteriori 5 milioni di posti di lavoro nell’energia pulita a livello globale entro il 2023, la maggior parte nell’edilizia, nonché nelle infrastrutture elettriche, nelle rinnovabili e nei veicoli elettrici. La mancanza di lavoratori qualificati per riempire queste posizioni, si avverte, potrebbe essere un grosso collo di bottiglia.

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