Tassa alla frontiera sulla CO2, al Parlamento Ue c’è chi la vuole prima e più estesa

Partenza nel 2025, azzeramento delle quote gratuite Ets nel 2028, nuovi settori colpiti. Le proposte del capo negoziatore Mohammed Chahim nella bozza di rapporto.

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La futura tassa Ue sulle importazioni di prodotti ad alto contenuto di CO2 potrebbe cambiare volto, se passeranno le richieste del Parlamento europeo per modificare la proposta originaria di Bruxelles, accelerando i tempi della sua entrata in vigore e allargando il perimetro di applicazione.

Lo scorso luglio 2021, la Commissione Ue ha presentato un testo sul cosiddetto “meccanismo di aggiustamento della CO2 alla frontiera”, noto come Cbam, Carbon border adjustment mechanism.

È una sorta di dazio ambientale, un prelievo alla frontiera con cui colpire dal 2026 (dopo una fase di transizione) le importazioni di alcuni beni a elevata intensità di emissioni inquinanti, come acciaio, alluminio, cemento e fertilizzanti.

Questo meccanismo dovrebbe diventare un pilastro del Green Deal europeo e del pacchetto Fit for 55, contribuendo alla riduzione delle emissioni di anidride carbonica nei settori industriali che consumano molta energia.

La proposta della Commissione Ue è stata peraltro oggetto di diverse critiche, con la levata di scudi delle potenze economiche straniere, Cina e Russia in primis, e le incognite sulla compatibilità del nuovo meccanismo con le regole del commercio internazionale.

Ora la palla è in mano al Parlamento Ue.

Il capo negoziatore (rapporteur) su questo tema è il socialista Mohammed Chahim, per conto della Commissione parlamentare su ambiente, salute pubblica e sicurezza alimentare (Commissione Envi).

Chahim ha appena diffuso una bozza di relazione che servirà come base per le prossime discussioni.

Il testo, come evidenzia una analisi della agenzia Euractiv, prevede diversi cambiamenti rispetto alle idee della Commissione europea.

Innanzi tutto, il prelievo alla frontiera sarebbe esteso alle importazioni di prodotti chimici organici, polimeri e idrogeno. Il meccanismo, inoltre, dovrebbe coprire, dopo la fase pilota, anche le emissioni indirette di CO2 associate ai diversi prodotti importati, come le emissioni derivanti dalla produzione di energia elettrica.

Si prevede una più rapida attuazione del meccanismo, facendolo entrare pienamente in funzione un anno prima, nel 2025 anziché 2026, accorciando da tre a due anni la fase pilota.

La bozza di relazione affronta anche un tema molto controverso, quello delle “free allowances”, le assegnazioni gratuite di quote di CO2 alle industrie più energivore e inquinanti, in ambito del sistema europeo Ets (Emissions trading scheme), allo scopo di evitare che tali industrie spostino le loro produzioni in Paesi con minori restrizioni ambientali.

Occorre, infatti, coordinare le assegnazioni gratuite sul mercato Ets con la tassa alla frontiera, in modo da garantire una competizione equa tra aziende europee e aziende straniere per quanto riguarda le regole ambientali.

In altre parole, occorre evitare un doppio vantaggio per le imprese Ue, dato dalle quote gratuite assegnate in casa e dalla tassa alla frontiera sui prodotti concorrenti.

Gli importatori, ricordiamo, secondo il provvedimento tracciato da Bruxelles a luglio, dovranno acquistare un certo numero di certificati digitali, equivalente alla quantità di anidride carbonica incorporata nei beni importati. Ogni certificato corrisponderà a una tonnellata di CO2 e il suo prezzo sarà correlato al prezzo medio settimanale della CO2 sul mercato europeo Ets.

Quindi nella relazione di Chahim si propone di accelerare la riduzione delle free allowances, con una completa eliminazione dei permessi gratuiti alle industrie entro il 2028, diversi anni prima rispetto alla proposta della Commissione europea (2036).

Chahim, infine, propone di istituire una autorità centrale a livello Ue, con il compito di gestire, al posto dei singoli governi nazionali, la riscossione dei prelievi sulle importazioni.

La bozza di rapporto sarà ora discussa tra i diversi relatori dei gruppi politici (shadow rapporteurs): si dovrà trovare una posizione comune prima di avanzare con i negoziati finali sul testo con gli Stati membri e la Commissione europea.

La sensazione, sottolinea Euractiv, è che Chahim abbia scelto un punto di partenza ambizioso per avere maggiore spazio di contrattazione, ma è probabile che diversi punti del rapporto saranno ostacolati dalle associazioni industriali e che si perda il sostegno di parte del Parlamento.

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