Poste Italiane è “pienamente disponibile” a qualunque confronto per aiutare a sbloccare la cessione dei crediti legati al Superbonus.
Per le case popolari non sembra possibile al momento una proroga dei termini per la detrazione fiscale del 110% sugli interventi di efficientamento energetico.
Sono queste, in estrema sintesi, le indicazioni fornite dal ministero dell’Economia (Mef) in risposta a due interrogazioni parlamentari in Commissione Finanze alla Camera.
La prima delle due interrogazioni, presentata dal deputato di Forza Italia Francesco Maria Rubano, chiedeva “quali iniziative urgenti il Governo intenda adottare per rimuovere gli ostacoli che limitano le cessioni dei crediti fiscali già consolidati, relativi ai bonus edilizi, a esempio semplificando ulteriormente le quarte cessioni delle banche o consentendo a queste di frazionare le somme da cedere, in relazione alle capacità d’acquisto del cessionario, o avviando un’interlocuzione con le società controllate dallo Stato, quali Poste o Cassa depositi e prestiti per l’acquisizione dei crediti fiscali che oggi non trovano sbocco”.
Circa le varie possibilità di sblocco elencate nell’interrogazione, il sottosegretario al Mef, Federico Freni, ha risposto che le prime sono già previste, per quanto possibile, nelle misure introdotte col DL Rilancio (“quarta cessione” da parte delle banche a correntisti business) e col DL Aiuti Quater (fruizione dei crediti in 10 anni invece che cinque).
Circa l’ultima possibilità menzionata nell’interrogazione, quella relativa ad un maggiore coinvolgimento di società di Stato, come Poste Italiane o Cassa Depositi e Prestiti (Cdp), nella sua risposta il Mef non ha fatto menzione della Cdp, ma ha indicato che “Poste Italiane si rende pienamente disponibile ad ogni tipo di confronto nell’intento di addivenire ad una soluzione equilibrata, condivisa e che tenga conto di tutti gli interessi dei soggetti coinvolti al fine di fornire un contributo utile alla definitiva stabilizzazione del processo di acquisto e cessione dei crediti fiscali”.
Da parte loro, i promotori forzisti dell’interrogazione hanno affidato il loro commento a una nota, in cui si legge che “la risposta del Governo non è apparsa del tutto soddisfacente, in quanto non è stata considerata percorribile né l’ipotesi di consentire alle banche di frazionare le somme da cedere, in relazione alle capacità d’acquisto del cessionario, né quella di prevedere un maggiore coinvolgimento delle partecipate pubbliche”.
Poste Italiane, si legge nella risposta del Mef, “non ha fatto venire meno il proprio sostegno”. Ma nei giorni scorsi la società partecipata dal ministero del Tesoro ha annunciato di aver sospeso l’accettazione di nuove pratiche di cessione del credito, senza fornire particolari spiegazioni.
Alla luce anche di questi ultimi eventi, è difficile stabilire in che misura l’indicazione del Mef emersa in Commissione Finanze possa aprire a una ripresa massiccia o a una accelerazione degli acquisti di crediti da parte di Poste. O se sia una semplice riproposizione di un ruolo di Poste tarato sull’andamento storico dei suoi acquisti.
Se si trattasse di una accelerazione, sarebbe una novità rispetto a quanto affermato dal ministro Giancarlo Giorgetti in audizione sulla Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza (Nadef), dove aveva escluso che il Mef potesse in qualche modo convincere le imprese a sbloccare i crediti se questo non rientrava tra le politiche aziendali.
L’annunciata sospensione delle nuove pratiche di cessione del credito, secondo ricostruzioni giornalistiche, potrebbe dipendere dalla possibile scelta di Poste di prendere tempo, in attesa di eventuali e ulteriori, modifiche normative su bonus e cessioni che potrebbero arrivare con la prossima legge di Bilancio. Oppure, alla base della sospensione, potrebbero esserci i sequestri preventivi dei crediti acquisiti dalla stessa Poste, da Cassa Depositi e Prestiti e da diverse banche operanti in Italia e legati ad operazioni sospette.
Vedremo nel proseguo se Poste e Mef apriranno veramente le porte a maggiori volumi di acquisti dei crediti legati al Superbonus e alle altre detrazioni.
La seconda interrogazione, presentata dal deputato del PD Virginio Merola, chiedeva se fosse possibile studiare una proroga della detrazione al 110% per gli Iacp e gli enti pubblici economici ex Iacp, sia “del termine del 30 giugno 2023, relativo all’esecuzione dei lavori per almeno il 60% dell’intervento complessivo, sia del termine finale per beneficiare della detrazione fissato al 31 dicembre 2023” e comunque se fosse possibile allineare gli incentivi con la scadenza del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) al 2026.
La risposta del Mef è risultata abbastanza sfuggente e non particolarmente incline a dichiarazioni di impegno. Pur non escludendo in linea di principio la possibilità di una proroga, il Mef ha sottolineato che “ogni iniziativa concernente le proroghe del cosiddetto Superbonus potrà essere valutata in coerenza con i vincoli imposti dal rispetto dei saldi programmati di finanza pubblica”.
In altre parole, se ne riparlerà eventualmente alla luce di eventuali, abbastanza improbabili, disponibilità di bilancio nel proseguo delle politiche di finanza pubblica del governo.
Si veda anche: Tutto sul Superbonus 110%, la raccolta di QualEnergia.it