Il Superbonus non fa abbastanza contro la povertà energetica

Il monitoraggio di Legambiente sugli edifici italiani nel rapporto Civico 5.0: il nodo irrisolto dell'edilizia popolare e i punti critici della maxi detrazione 110%.

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Nell’Italia del Superbonus la precarietà energetica è un fenomeno in costante crescita che colpisce oltre due milioni di famiglie: a incidere particolarmente sui loro bilanci è la spesa termica, che può arrivare, in casi eccezionali, a superare 3.000 euro annui.

Sebbene dall’inizio del 2021 gli interventi di efficientamento siano cresciuti del 514%, questi hanno interessato le categorie di famiglie più agiate, procedendo a ritmi troppo lenti nell’edilizia pubblica e, soprattutto, nelle periferie. Altrettanto lenti, se non del tutto inesistenti, gli strumenti per facilitare l’accesso agli incentivi delle famiglie in difficoltà, non in grado di sostenere i costi extra bonus.

È il quadro che emerge dal terzo rapporto di Civico 5.0: edizione edilizia popolare di Legambiente.

Il report contiene i risultati dei monitoraggi effettuati nell’ambito della campagna nazionale di Legambiente, nata per promuovere un nuovo modo di vivere in condominio, che quest’anno ha coinvolto 38 famiglie, di cui 9 in edilizia popolare, nelle città di Torino, Modena, Roma, Napoli e Reggio Calabria. Sotto la lente d’ingrandimento dei tecnici di Legambiente dispersioni termiche, sprechi elettrici, inquinamento indoor e acustico e, in questa edizione, uno speciale focus sull’edilizia popolare per toccare con mano le criticità dell’abitare.

Gli immobili considerati, osserva Katiuscia Eroe, responsabile Energia di Legambiente, “restituiscono un quadro d’inefficienza a più livelli, che si ripercuote soprattutto sulle famiglie in condizioni di maggiore disagio abitativo. Il Superbonus al 110%, che potrebbe giocare un grande ruolo nell’efficientamento degli edifici e dunque nel miglioramento della qualità dell’ambiente e della vita dei cittadini, è utile per far partire i cantieri e dare sollievo al comparto edile, non altrettanto nel ridurre i consumi, dato che per accedervi è richiesto il salto di sole due classi energetiche, e ancor meno nella riduzione dei gas climalteranti e nell’innovazione del settore. Mancano interventi e politiche focalizzati sugli edifici con residenti in povertà energetica, senza dimenticare scuole e uffici dove i processi sono più lenti”.

In Italia, ricorda Legambiente, tra edilizia pubblica e privata si contano oltre 12 milioni di edifici a uso residenziale, il 60% dei quali ha più di 45 anni ed è stato realizzato prima di ogni normativa sulla sicurezza statica e l’efficienza energetica. Un settore, quello civile, da cui derivano il 27% delle emissioni climalteranti e il 28% dei consumi, con 47 Mtep di energia (in crescita) e una spesa di 40,8 miliardi di euro per le famiglie.

Edilizia popolare ed efficienza energetica

Sono 836.000 gli alloggi di edilizia popolare in Italia, l’80% dei quali è gestito da aziende pubbliche costituite in forma societaria, le Aziende Casa: la maggior parte si trova nel Nord Italia (il 45,2%), il 34,4% al Sud, il 20,3% al Centro. Il 32,6% della popolazione residente nelle case popolari è anziana, il 28% in particolare ultra 75enne: soggetti dunque maggiormente a rischio con il freddo, l’eccessivo caldo e le ondate di calore legate ai cambiamenti climatici. I nuclei familiari che vivono negli edifici popolari, inoltre, hanno un reddito medio annuale inferiore a 10.000 euro che per il 10% viene impegnato per i consumi energetici (fonte Federcasa 2016).

In questo contesto di vulnerabilità e difficoltà economica, i monitoraggi di Legambiente evidenziano ancora una volta un patrimonio vetusto, poco curato anche dai residenti stessi che quasi mai conoscono l’anno di costruzione delle loro abitazioni e che difficilmente investono in un loro miglioramento. Nello specifico, si riscontrano dispersioni termiche, elevati consumi elettrici, scarso ricambio d’aria, umidità, perdite delle reti idriche, sistemi elettrici obsoleti e precari che acuiscono le disuguaglianze già vissute prima dell’emergenza sanitaria.

Per quanto riguarda la gestione dei servizi energetici, spesso è la stessa Azienda a farsene carico, ripartendo poi i costi agli utenti, con tassi di morosità altissimi, tant’è che nell’83% dei casi (secondo Nomisma) i fondi derivanti dalle politiche d’inclusione sociale finiscono per pagare i costi dell’energia.

Vivere in edifici poco efficienti si traduce in un aumento del rischio di povertà: 2,2 milioni le famiglie che vivono in condizioni di precarietà energetica, costrette a rinunciare cioè ai loro fabbisogni energetici per limitare la spesa. Una condizione in netto peggioramento a causa della pandemia da Covid-19. Gli edifici popolari sono inoltre solitamente collocati ai margini delle città, slegati da infrastrutture culturali e poco serviti da mezzi di collegamento efficienti con il centro: e laddove non si creano senso di comunità e vicinanza, aumentano ghettizzazione, disuguaglianze e fragilità.

Monitoraggi in edilizia privata

Anche nell’edilizia privata, da Nord a Sud, si evidenzia una situazione di edifici disperdenti e poco efficienti, a partire dalle temperature disomogenee che obbligano i cittadini a un sovrautilizzo dei sistemi di riscaldamento, tanto che la bolletta termica può arrivare, in casi eccezionali, a superare 3.000 euro all’anno.

Dai rilevamenti di Legambiente, il 20% delle famiglie ha registrato un eccessivo caldo e/o freddo a seconda della stagione, dunque una difficoltà a raggiungere il livello di comfort senza un esborso importante in bolletta. Sul fronte consumi elettrici – che, come ci ricorda l’Istat, nel 2019 hanno inciso per il 35% sul bilancio energetico familiare – Legambiente registra una spesa media di 557 euro l’anno, con casi limite che arrivano a mille euro in appartamenti dove sono installati sistemi di condizionamento. Tra gli elettrodomestici che più incidono sulla media dei consumi, troviamo l’asciugatrice (che copre oltre 10% dei consumi annui totali), la lavasciuga (7,4%) e il frigorifero (7,2%).

Superbonus, le criticità da superare

Per cambiare passo, serve anzitutto risolvere le criticità che impediscono il boom degli interventi di efficientamento degli edifici: la prima è legata alla durata del Superbonus, a oggi prorogata fino al 2023, un lasso di tempo insufficiente.

Insufficiente è poi il salto di appena due classi di livello energetico richiesto per accedere alla misura, mentre rappresenta un nonsense l’accesso agli incentivi anche per l’installazione di caldaie a gas. Emerge poi la difficoltà di realizzare gli interventi previsti dal Superbonus a causa della mancanza di attestati di conformità amministrativa, difficili da reperire persino in casi in cui siano stati realizzati interventi minori.

Altra criticità riguarda la strutturazione degli strumenti finanziari connessi alla cessione del credito, con situazioni molto differenziate in termini di percentuali di anticipazioni riconosciute, asseverazioni assicurative, costi aggiuntivi, servizi integrati: un’offerta a tutto vantaggio dei ceti medi e più ricchi, in grado di anticipare parte delle spese nelle fasi iniziali e durante le opere di manutenzione.

Infine, un’ulteriore problematica riscontrata riguarda la capacità di offerta del sistema delle imprese, sia di costruzione sia di fornitura dei materiali: sono tante, infatti, le aziende che denunciano carenza di figure tecniche e di operai specializzati, preparati su nuove tecniche, materiali e gestione.

Efficienza energetica, dieci proposte

Legambiente quindi propone:

  • una proroga del Superbonus almeno fino al 2025;
  • politiche di spinta a riqualificazioni profonde, ritenendo necessario a tal fine legare l’accesso all’incentivo a una riduzione dei consumi energetici di almeno il 50% o al raggiungimento della classe A, coordinandolo con interventi di miglioramento antisismico e con l’uso di sistemi per produrre energia a emissioni zero;
  • eliminare l’incentivazione di sistemi alimentati da fonti fossili;
  • semplificare gli iter burocratici;
  • creare un fondo di credito a tasso agevolato per le famiglie in difficoltà, così da evitare il peso delle spese iniziali e quello delle spese non coperte dagli incentivi, rateizzando la spesa in 10 anni e ripagandola con il risparmio dei consumi energetici;
  • sviluppare una pianificazione coordinata, ricordando che interventi trainanti, al centro del Superbonus, sono l’efficientamento energetico e la messa in sicurezza sismica del patrimonio edilizio;
  • migliorare la capacità di offerta del sistema imprese, attraverso un collegamento tra istruzione-cultura-gestione del progetto di edilizia, sia introducendo nella formazione una competenza volta all’efficienza, sia incentivando le aziende a trasformare o innovarsi in questa direzione;
  • dare priorità all’edilizia residenziale pubblica e ai quartieri disagiati;
  • allargare l’incentivo agli edifici privi d’impianti, permettendo l’accesso anche a riqualificazioni energetiche realizzate in alloggi senza sistemi di riscaldamento, con impianti non fissi come le caldaie a gas, molto frequenti al Sud e in abitazioni occupate da persone in difficoltà.

Il video della presentazione:

Il rapporto Civico 5.0 (qui il pdf):

 

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