È sempre più in bilico il regolamento europeo che prevede di azzerare le emissioni di CO2 di auto e furgoni dal 2035, imponendo di fatto di registrare solo nuovi modelli 100% elettrici.
Oggi, venerdì 3 marzo, era atteso il parere – già posticipato dal 1° marzo – degli ambasciatori degli Stati membri presso la Ue, riuniti nel Comitato dei rappresentanti permanenti (Coreper I), sullo stop alla vendita di nuovi veicoli diesel e benzina. Poi il 7 marzo era previsto il voto al Consiglio Ue come punto “A”, cioé formale e senza ulteriore discussione.
Ma tutto è saltato a data da destinarsi.
Lo ha comunicato su Twitter il portavoce del Coreper, Daniel Holmberg.
Questo rinvio, afferma in una nota il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, “tiene giustamente conto di una forte resistenza di alcuni Paesi europei, con l’Italia in prima fila, a un’impostazione del regolamento troppo ideologica e poco concreta” (neretti nostri).
La posizione italiana è infatti “molto chiara: l’elettrico non può essere l’unica soluzione del futuro, tanto più se continuerà, come è oggi, ad essere una filiera per pochi. Puntare inoltre sui carburanti rinnovabili è una soluzione strategica e altrettanto pulita, che consente di raggiungere importanti risultati ambientali evitando pesanti ripercussioni negative in chiave occupazionale e produttiva”.
Mentre Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy, scrive su Twitter che “l’Italia ha svegliato l’Europa” commentando la decisione di rinviare il voto.
Incognite e possibili scenari
Erano troppe le incognite su un tema che ha visto la crescente opposizione di Italia e Germania, che chiedono più spazio per biocombustibili e carburanti alternativi “puliti”.
Il nuovo regolamento, ricordiamo, è stato approvato in via definitiva in plenaria dal Parlamento europeo a metà febbraio, dopo che lo stesso Parlamento e il Consiglio avevano raggiunto un accordo a ottobre 2022.
In teoria, tutto avrebbe dovuto filare liscio.
Invece negli ultimi giorni la situazione è precipitata. Il “no” italiano e le minacce di astensione della Germania si sono uniti alle opposizioni di Polonia e Bulgaria, quindi rischiava di mancare la maggioranza qualificata al Consiglio: 55% degli Stati membri (in pratica 15 Stati su 27) che devono rappresentare almeno il 65% della popolazione; la minoranza di blocco deve comprendere almeno quattro Paesi. Ecco perché la presidenza svedese di turno della Ue ha deciso di prendere tempo.
Ora il futuro del regolamento sulle auto è più incerto che mai. Germania e Italia, con la scusa della “neutralità tecnologica”, puntano a frenare la corsa elettrica e salvaguardare le industrie automotive tradizionali, legate ai motori endotermici.
Il nodo da sciogliere è soprattutto quello dei carburanti alternativi a basse emissioni di CO2, di origine rinnovabile, cosiddetti e-fuel.
Questi ultimi, ricordiamo in breve, sono idrocarburi sintetici, che possono sostituire benzina e diesel tradizionali. La “e” significa che il carburante deriva dall’elettrolisi dell’acqua, che a sua volta, per essere green, deve essere alimentata con energia elettrica 100% rinnovabile. Gli elettrolizzatori producono idrogeno, che poi va combinato con CO2 o altre molecole, per sintetizzare gli e-fuel con una complessa reazione chimica e successivi processi di raffinazione.
I limiti degli e-fuel sono diversi, tra cui la scarsa efficienza in confronto alle auto elettriche, i costi elevati e le emissioni allo scarico.
Il ministro tedesco dei Trasporti, il liberale Volker Wissing, aveva annunciato che la Germania si sarebbe astenuta dal voto in Consiglio, se non avesse avuto rassicurazioni sul ruolo futuro di questi carburanti.
Tra i “considerando” del regolamento era stata già inserita, su pressione tedesca, una clausola non vincolante che chiede alla Commissione europea di valutare, entro il 2026, il possibile utilizzo di e-fuel come contributo al target delle zero emissioni.
Ma Berlino vuole più garanzie su questo punto. Difficile però che Bruxelles possa dargliele senza fare una clamorosa retromarcia.
Frans Timmermans, vicepresidente della Commissione Ue e commissario per il Clima, aveva dichiarato a febbraio, a proposito degli e-fuel, che “non dovremmo usarli per il trasporto stradale in alcun modo o forma” (vedi I carburanti sintetici non sono la soluzione per avere auto più pulite).
Inoltre, se anche si arrivasse a un nuovo accordo in tal senso – che dia spazio ai carburtanti alternativi – si dovrebbe rimandare la palla al Parlamento. E difficilmente il Parlamento potrebbe cambiare la sua posizione, dopo aver votato in plenaria per bandire i nuovi motori endotermici dal 2035 senza eccezioni vincolanti per i carburanti alternativi.
Insomma, le prossime settimane saranno decisive: o si comporanno le fratture oppure uno dei capisaldi del Green deal europeo rischia realmente una lunga fase di stallo.