“Senza rinnovabili non ci può essere futuro”: dall’Onu 5 principi per velocizzare la transizione

Dalle Nazioni Unite cinque azioni prioritarie che la comunità internazionale e gli Stati devono fare propri: arrivare almeno al 60% di rinnovabili elettriche al 2030 e al 100% al 2050. Fanno riferimento a studi di livello internazionale che segnaliamo.

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La causa principale dei cambiamenti climatici? È la nostra dipendenza “tossica” dall’energia generata dai combustibili fossili e l’ultimo rapporto dell’Ipcc lo spiega bene.

Per questo va velocizzata la fine delle fonti fossili. Come farlo? Ci sono cinque grandi linee di azione.

A spiegarcelo stavolta, anche se per i nostri lettori non è cosa nuova, sono le Nazioni Unite e in particolare António Guterres, il segretario generale dell’Onu che ha chiarito che le fonti rinnovabili sono pronte: eolico e fotovoltaico sono più economiche in molti casi di carbone e gas e quindi “ora dobbiamo metterle al lavoro, urgentemente, su larga scala e con velocità. Perché senza rinnovabili non ci può essere futuro”, ha detto Guterres (vedi anche videomessaggio del Segretario sul lancio del rapporto sullo stato del clima globale 2021 dell’Organizzazione meteorologica mondiale).

Decarbonizzare i nostri sistemi energetici e passare alle rinnovabili richiederà un lavoro complesso, che comporterà anche una corretta gestione del sistema, infrastrutture, accumuli e digitalizzazione, ma questo è il percorso e non può più essere “dirottato” come accaduto finora da soluzioni anti-economiche o futuristiche, di lungo periodo e utili solo a chi vuole mantenere lo status quo e il controllo sull’energia, come sono ad esempio il tentativo di rinascita del nucleare (in tutte le sue versioni, fusione inclusa), la spinta per la carbon sequestration (CCS) e l’idrogeno non verde.

Dalle Nazioni Unite vengono allora delineate cinque azioni prioritarie, che vogliamo qui riassumere e che fanno riferimento anche a studi di livello internazionale che segnaliamo.

1. Le energie rinnovabili devono diventare un bene pubblico globale

Le tecnologie rinnovabili devono essere un bene pubblico, quindi diffuse, disponibili per tutti e non solo per i ricchi. Per questo vanno rimossi gli ostacoli alla condivisione delle conoscenze e al trasferimento tecnologico, comprese le barriere ai diritti di proprietà intellettuale.

Anche le tecnologie come i sistemi di accumulo saranno fondamentali per rendere favorire le rinnovabili e flessibile la rete elettrica, fornendo elettricità affidabile ed economica anche in reti isolate e a comunità off-grid in località remote (introduttivo e utile sul tema delle tecnologie abilitanti alle rinnovabili, tra i tanti, uno studio di Irena del 2019 dal titolo “Enabling Technologies: Innovation Landscape briefs).

2. Migliorare l’accesso mondiale ai componenti e alle materie prime

Una solida e più diffusa fornitura di componenti per le tecnologie rinnovabili e delle materie prime è essenziale, come il più ampio accesso possibile ai minerali necessari per produrre turbine eoliche, pannelli solari, reti elettriche e veicoli elettrici.

Servirà per questo scopo un notevole coordinamento internazionale per espandere e diversificare la capacità di produzione a livello globale e saranno necessari maggiori investimenti per garantire una transizione giusta, anche nella formazione delle persone, nella ricerca e nell’innovazione, così come specifici incentivi per costruire catene di approvvigionamento che proteggano ecosistemi e culture.

3. Livellare il campo di gioco per le tecnologie energetiche rinnovabili

Sebbene la cooperazione e il coordinamento internazionale siano fondamentali, le politiche nazionali devono essere urgentemente riformate per razionalizzare e accelerare i progetti di rinnovabili e favorire gli investimenti del settore privato.

Vanno messe in campo politiche e processi per ridurre il rischio di mercato, consentire e incentivare gli investimenti, anche attraverso la razionalizzazione dei processi di pianificazione, autorizzazione e regolamentazione, limitando i colli di bottiglia burocratici e assegnando alle rinnovabili gli spazi adeguati per realizzare impianti su grande scala.

Gli obiettivi nazionali e i piani di azione per il clima dei paesi devono fissare target di energia rinnovabile allineati all’aumento di temperatura massimo di 1,5 °C, con una quota di rinnovabili nella produzione globale di elettricità che dovrà essere portata dall’attuale 29% al 60% entro il 2030, come indicato anche dalla Iea. E sappiamo che per l’Europa si dovrà puntare quasi all’80%.

Misure stop and go sono dannose. Servono invece politiche chiare e di lungo periodo, processi trasparenti e sostegno pubblico.

4. Spostare i sussidi dai combustibili fossili alle fonti rinnovabili

I sussidi ai combustibili fossili sono una delle maggiori barriere finanziarie che ostacolano il passaggio alle energie rinnovabili.

Perfino il Fondo monetario internazionale (FMI) fa notare (vedi grafico) che nel solo 2020 sono stati spesi circa 5.900 miliardi di dollari per sovvenzionare l’industria dei combustibili fossili attraverso sussidi espliciti, ma soprattutto impliciti come agevolazioni fiscali, costi per danni alla salute e all’ambiente che vanno compresi nel costo dei combustibili fossili. Si tratta di 11 miliardi di dollari al giorno!

I sussidi alle fonti fossili sono inefficienti e iniqui e secondo l’FMI, nei paesi in via di sviluppo, circa la metà delle risorse pubbliche spese per sostenere il consumo di combustibili fossili va a beneficio del 20% più ricco della popolazione.

In Italia la cifra di sussidi ambientalmente dannosi (Sad) indicata dal MiTE è di 21,6 miliardi di euro (quasi 60 milioni € al giorno).

Spostare i sussidi dai combustibili fossili alle rinnovabili e all’efficienza enegetica riduce le emissioni, contribuisce ad una crescita economica più sostenibile, alla creazione di posti di lavoro, migliora la salute pubblica e consente una maggiore uguaglianza, in particolare per le comunità povere e più vulnerabili.

E se tra il 10 e il 30% dei sussidi alle fonti fossili fosse destinato per sviluppo e ricerca nella fonti rinnovabili, potremmo rendere vicinissima la totale decarbonizzazione del sistema elettrico (vedi studio del think tank statunitense International institute for sustainable development – Iisd).

5. Triplicare gli investimenti nelle rinnovabili

I soldi quindi ci sono, sia pubblici che privati. Almeno 4.000 miliardi di dollari all’anno, se non 5mila mld $, possono e devono essere investiti in fonti rinnovabili fino al 2030, compresi gli investimenti in tecnologie e infrastrutture per consentirci di raggiungere emissioni nette zero entro il 2050 (Per lo scenario net-zero 2050 servono 1.400 GW di rinnovabili ogni anno).

Ma come si può notare sono meno dei sussidi annuali per i combustibili fossili. Investimenti però in grado di dare risultati decisivi: la sola riduzione dell’inquinamento e dell’impatto climatico potrebbe far risparmiare su scala planetaria fino a 4.200 miliardi di dollari all’anno entro il 2030 (vedi il report “The true cost true cost of fossil fuels” di Irena)

E se il denaro si trova (visto che non manca mai per salvare banche e industria degli armamenti), quello che serve è una nuova etica: l’impegno e la responsabilità, in particolare da parte dei sistemi finanziari globali, comprese le banche multilaterali di sviluppo e altre istituzioni finanziarie pubbliche e private, che devono allineare i loro portafogli di prestito nella direzione delle energie pulite.

Queste cinque linee di azione, sebbene molto generali ma non più procrastinabili, ci fanno capire per l’ennesima volta, anche per voce dei vertici della comunità mondiale, che siamo in uno dei momenti più critici della storia umana.

Le decisioni di politica energetica prese o non prese nel prossimo decennio determineranno se saremo in grado di evitare o atteneuare un’emergenza climatica che potrà essere “il problema” delle prossime generazioni.

La storia ci ricorderà che sul banco degli imputati ci saranno i governi, le banche, le compagnie energetiche, la stampa asservita e tutti quegli ipocriti che a parole hanno detto tanto ma non hanno fanno niente o spesso il contrario.

Una battaglia che deve trovare la forza vitale dal basso. Per questi i giovani di tutto i mondo che combattono e dimostrano per la giustizia climatica sono una grande risorsa e vanno aiutati.

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