Scenari a fonti rinnovabili in Sardegna: fattibili, convengono e non prevedono il gas

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Fattibili tecnicamente e con benefici socio-economici gli scenari per una decarbonizzazione del sistema energetico sardo senza usare il gas. Lo dimostrano due studi, uno di Enel e l’altro dell’Università di Padova-Politecnico di Milano.

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Lo sviluppo energetico della Sardegna è un caso di totale dissonanza tra la politica locale e le indicazioni cogenti in termini di decarbonizzazione e di riduzione delle emissioni che sono chiare e ormai sul tavolo a livello internazionale, europeo e nazionale.

Stiamo parlando, come molti sanno, di uno scenario di metanizzazione dell’isola che va, di fatto, in contro tendenza ed è completamente alternativo a un processo di sviluppo di rinnovabili, efficienza energetica e accumuli che dovrebbe invece seguire la regione, parallelamente al completo phase-out del carbone previsto al 2025.

Procedere su questa strada non farà che decuplicare i costi che dovremo affrontare per la decarbonizzazione, che comunque ha dei benefici netti, come dimostrano diverse analisi, come quelle dell’Università di Padova e del Politecnico di Milano, così come quella della stessa Enel presentati, ieri 21 settembre, in un webinar organizzato da Wwf Italia (video in basso) e moderato da Mariagrazia Midulla.

“La Sardegna sta facendo un investimento di miliardi che va in direzione contraria rispetto a quello che andrebbe fatto, ma non si riesce a fermare l’inerzia di tali decisioni che si stanno prendendo anche per la mancanza di una governance capace di collegare il divario tra gli obiettivi internazionali e nazionali con quelli regionali, fornendo soluzioni concrete”, ha detto Matteo Leonardi, Direttore Generale di ECCO, tra i relatori del webinar.

Carmelo Spada, presidente del Wwf Sardegna, ha messo in evidenza l’approccio assurdo della politica sarda e di parte dei sindacati: “sono fossilizzati sul metano e oltre non riescono ad andare; anzi si lamentano per il fatto che non avendo avuto finora il gas, ora lo rivendicano come un diritto”.

Eppure, sarebbe proprio questo aspetto ad aprire oggi delle opportunità, che troverebbero peraltro anche l’appoggio dei cittadini come dimostrano diversi sondaggi e il semplice fatto che al momento sono pochissimi, pare uno su dieci, i condomini disposti a sottoscrivere una fornitura di gas, laddove sono iniziati gli scavi per la rete del metano.

E allora andiamo a vedere quali sono questi possibili benefici per un’isola che punti alla produzione energetica rinnovabili e all’elettrificazione in due studi che confermano la fattibilità e la convenienza della transizione rinnovabile in Sardegna.

Partiamo con lo studio, realizzato per conto del Wwf Italia, dal titolo Una valutazione socio-economica dello scenario rinnovabili per la Sardegna (allegato in basso), curato dal Centro interdipartimentale ‘Giorgio Levi Cases’ dell’Università degli Studi di Padova e dal gruppo ‘RELAB’ del Politecnico di Milano e presentato da Arturo Lorenzoni, docente di Economia dell’Energia ed Electricity Market Economics alla Scuola di Ingegneria Industriale dell’Università di Padova. Ne parlammo anche a luglio nella sua prima uscita (vedi QualEnergia.it).

“Il nostro studio – ha spiegato Lorenzoni – fa riferimento a quello del Gse del luglio del 2020, che dava comunque per scontata la presenza di una rete gas ma con scenari di grande rilevanza per l’elettrificazione, e poi a quello del Politecnico di Milano che dimostrava la tenuta del sistema elettrico sardo con un altissimo livello di penetrazione delle rinnovabili”.

“Ci siamo inseriti in questa analisi di tipo tecnico – ha spiegato – andando a valutare le conseguenze dal punto di vista socio-economico per capire se gli oneri derivanti da uno scenario di decarbonizzazione potessero essere più pesanti rispetto ad uno scenario più business as usual”.

Dall’analisi risulta che dal punto di vista economico non ci sarebbe alcun aggravio sul piano degli investimenti, investimenti che peraltro dovrebbero farsi a prescindere dallo sviluppo spinto in Sardegna delle fonti energetiche rinnovabili.

Lo scenario elaborato prevede un 50% di generazione elettrica da eolico, un 25% da fotovoltaico (17 GW complessivi tra FV ed eolico, con 8,5 TWh di energia elettrica annui), 11% da idroelettrico, 10% di importazioni.

Quindi, non ci sarebbe bisogno di fonti fossili, ma per questo quadro sarà necessario investire sugli accumuli: con l’idrogeno verde prodotto dalla generazione elettrica in eccesso (circa 500 MW di potenza equivalente con una capacità di accumulo di 24 ore equivalenti) o, in alternativa con 550 MW di pompaggi idroelettrici (con capacità di accumulo di 10 ore equivalenti).

Pertanto, il contributo delle fonti rinnovabili alla copertura del consumo interno lordo elettrico del 2030 arriverebbe all’85%, con l’obiettivo del 100% al 2050 secondo una traiettoria compatibile con i potenziali di sviluppo dell’isola.

Nei quattro scenari ipotizzati dallo studio gli investimenti sono stimati tra 350 e 450 milioni di euro l’anno per il decennio (nei due casi in cui non venga riattivata la filiera dell’alluminio); si tratta di risorse che alla fine non si discostano troppo da quelli stimati per altri scenari meno green e che andrebbero comunque messi in cantiere. Complessivamente stiamo parlando di circa 20 miliardi di euro al 2050, cioè in trent’anni.

Al 2030 gli investimenti in nuovi impianti a fonte rinnovabile andrebbero a creare circa 2.000-3.000 nuovi posti di lavoro temporanei nelle attività di costruzione e installazione (occupazione diretta). La gestione e manutenzione degli impianti generano oltre 1.000 posti di lavoro permanenti (occupazione diretta). Mentre al 2050 gli occupati temporanei sarebbero quasi 5.000, e quelli permanenti oltre 4.000.

Gli investimenti nelle rinnovabili, da sole, permetterebbero, quindi, maggiori opportunità occupazionali in grado di compensare le chiusure delle centrali a carbone. Ma gli autori dello studio tengono a precisare che le ipotesi adottate sono state perlopiù conservative.

Sonia Sandei, responsabile dell’unità Elettrificazione nella Sostenibilità e Affari Istituzionali di Enel Italia, ha presentato invece il progetto “Sardegna, isola verde”. La regione, secondo Enel, offre il contesto ideale per provare a saltare la transizione energetica con il gas e passare direttamente all’uso di fonti rinnovabili integrate con lo storage.

Dopo un anno e mezzo di analisi l’utility ha considerato fattibile e attrattivo un modello di elettrificazione per l’isola in modo di accelerare la decarbonizzazione, poiché la Sardegna è oggi già caratterizzata da una scarsa incidenza di settori cosiddetti hard-to-abate rispetto al continente e il metano resta marginale.

In particolare, c’è da rilevare che esiste una elevata elettrificazione degli edifici sardi, pari al 42% (molto usate le pompe di calore), cioè 16 punti percentuali più dell’Italia. Inoltre, lo spazio per un’ulteriore crescita dell’elettrificazione residenziale è importante visto che si potrebbero sostituire facilmente 1,3 TWh di Gpl e 0,8 TWh da gasolio.

In fatto di mobilità, è stato evidenziato da Sandei che 1,1 milioni di auto hanno basse percorrenze, e ciò facilita l’eventuale elevata elettrificazione del parco circolante.

Anche l’industria sarda è notevolmente elettrificata: per il 44% nei settori trainanti come l’alimentare, la manifattura e i macchinari, ed enormi sono gli spazi di miglioramento.

Interessante il caso riportato di una famiglia “tipo” sarda, per una possibile sostituzione della modalità dei consumi di riscaldamento, acqua calda sanitaria, cottura (da gpl a pompa di calore più piano a induzione) e di auto da diesel con una elettrica.

In base agli incentivi attualmente in vigore questi interventi sostitutivi consentirebbe alla famiglia di triplicare l’efficienza energetica, e arrivare ad una riduzione della spesa energetica annuale del 50% e di oltre l’80% di CO2.

Come si immagina la Sardegna con rinnovabili e storage? Per Enel tre sono i pilastri che vanno perseguiti: mobilità elettrica privata e pubblica, pompe di calore, infrastruttura elettrica nei porti (cold ironing): questo scenario comporterebbe un incremento della domanda elettrica di 1,8 TWh al 2030, rispetto agli attuali 8,5-9 TWh.

Per raggiungere la stabilità del sistema servirebbero così circa 10,3-10,8 TWh di generazione da rinnovabili (oggi pari a 4 TWh), ovviamente in un quadro di sviluppo della rete elettrica (inclusa ad esempio l’operatività del cavo Tyrrhenian Link): con 4,4 GW di potenza aggiuntiva da rinnovabili e 0,7 GW da accumuli.

Anche qui gli investimenti in elettrificazione e rinnovabili sono stati valutati in 15 miliardi di euro con importanti benefici locali sia socio-economici che ambientali.

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