Un terzo circa delle risorse europee post Covid dovrà essere speso in interventi green e anche il 25-30% del nuovo bilancio dell’Unione europea 2021-2027 mobiliterà investimenti sostenibili. In totale parliamo di circa 375 miliardi.
Il riferimento al Green New Deal adesso è un prerequisito, non più solo un elemento di punteggio, per l’approvazione dei progetti.
D’altra parte, le indicazioni contenute nel “Piano per il Sud” del ministro Provenzano prevedono che il 34% degli investimenti pubblici vada al Mezzogiorno, invertendo una tendenza che aveva visto un dimezzamento della spesa per gli investimenti ordinari della PA nel Sud, scesi da 21 miliardi nel 2008 a soli 10,3 miliardi nel 2018.
La combinazione della decisa spinta europea verso il Green Deal con la nuova attenzione del Governo per il Sud potrebbe favorire nei prossimi anni un rilancio delle Regioni meridionali caratterizzato dalla sostenibilità sociale e ambientale.
Potrebbe, perché molto dipenderà dalla capacità di individuare obbiettivi, garantire progettualità, indirizzare risorse. Si tratta comunque indubbiamente di un’opportunità unica per il Mezzogiorno e l’auspicio è che venga colta dai territori come dalle istituzioni centrali.
Ci saranno investimenti da veicolare in nuovi comparti industriali – dalla mobilità elettrica alla riqualificazione urbana, dall’agroecologia alle bioraffinerie – ma andranno colte anche le opportunità offerte da nuovi indirizzi nel turismo e nel lavoro. Non vanno infine dimenticate le misure che portano occupazione senza redditività immediata, come quelle contro il dissesto idrogeologico che rischia di peggiorare con la crisi climatica.
La transizione energetica nei prossimi anni sarà impetuosa, in particolare nel Sud. Dai parchi eolici off-shore con centri di produzione dei componenti nei cantieri navali, alle centrali solari agro-fotovoltaiche che riporteranno a coltivare campi abbandonati. Dalla produzione di biometano che consentirà grazie al digestato di riportare fertilità in suoli in via di desertificazione, alla riqualificazione energetica e sismica di interi quartieri.
E gli sgravi contributivi del 30% sul cuneo fiscale per le imprese del Sud, accompagnati al minor prezzo dell’elettricità garantito dal solare e al rientro di aziende dall’estero (il reshoring post Covid) potrebbero premiare le regioni del Mezzogiorno.
Tra le novità consideriamo anche il fatto che una (piccola?) parte delle centinaia di migliaia di giovani che hanno lasciato il Sud potrebbe inoltre tornare in smart working per imprese collocate a centinaia o migliaia di chilometri di distanza.
Certo, per questo occorre una accelerazione nella realizzazione di infrastrutture di trasporto e di quelle digitali. Alcune piccole esperienze sono già presenti e potrebbero estendersi. Ne citiamo una in Sicilia, dove giovani preparati in comunicazione e informatica hanno creato Edgemony, un hub tecnologico volto a reperire esperti che forniscano i loro servizi per aziende italiane e straniere. E sempre in Sicilia è stato lanciato e teorizzato il South working come possibilità di valorizzare talenti che hanno maturato esperienze al Nord o all’estero e intendono lavorare al Sud in connessione con le realtà di provenienza.
Significative, in questo senso, le preoccupazioni per l’impatto negativo del lavoro a distanza per diverse attività economiche locali espresse dal sindaco di Milano, Beppe Sala: “Basta smart working, è il momento di tornare a lavorare”. La riflessione post Covid potrebbe inoltre rilanciare l’interesse per i piccoli centri e per un turismo diffuso.
Ma torniamo alle grandi scelte che dovranno essere fatte.
Il rischio che i Ministeri, le Regioni, i Comuni, oltre ad una serie di soggetti privati, facciano la lista dei “desiderata” e su questa base si imposti la programmazione post Covid, è quanto mai attuale.
Occorre quindi che il governo indichi linee progettuali forti, coerenti con l’attenzione alle tematiche ambientali, digitali e della resilienza, richieste dalla Commissione europea. Certamente devono avere spazio la riforma della Pubblica amministrazione e della giustizia civile, la lotta alle disuguaglianze, il miglioramento del sistema scolastico e sanitario. Ma è importante che anche in Italia si individuino scelte strategiche forti capaci di accompagnare il paese e il Sud nella transizione ecologica dell’economia. Come è importante il coinvolgimento di realtà locali facendole tornare protagoniste.
Prendiamo l’esempio delle Comunità energetiche, con la possibilità di un territorio – enti locali cittadini, aziende – di produrre e scambiarsi l’energia verde prodotta e non consumata. Questa opzione, prevista dalla Direttiva europea sulle fonti rinnovabili che dovrà essere recepita entro giugno 2021, potrebbe divenire un momento importante di partecipazione, garantendo occupazione e ricadute economiche.
Le prime parziali applicazioni sui condomini sono già attivabili grazie ad un provvedimento del 2021 e si sposano con due altri strumenti, l’incentivo 110% per la riqualificazione energetica e sismica degli edifici privati e il Fondo Kyoto per gli Enti locali.
Abbiamo citato questa specifica linea di intervento perché potrebbe rappresentare un’efficace applicazione di un metodo che vede indirizzi chiari dal Centro e un ampio coinvolgimento locale.
Cambieranno molte cose dopo il Covid in giro per il mondo, e auspicabilmente nel nostro Sud.
«Non vogliamo tornare a questa follia», ha dichiarato un famoso opinionista inglese, George Monbiot, riportando i dati di un sondaggio secondo cui otto persone su dieci vogliono che il governo britannico dia la priorità alla salute e al benessere rispetto alla crescita economica.
Ma per evitare il ritorno al passato è indispensabile un ruolo critico, propositivo, attento di tutti coloro che, toccati da questa scioccante esperienza, capiscono che questa occasione di cambiamento non va sprecata.
Estratto da un articolo pubblicato su Infiniti Mondi (n.15-16 2020)