C’è chi dice basta al carbone e chi, al contrario, continua a investire massicciamente nelle fonti fossili.
Un rapporto pubblicato da un gruppo di organizzazioni, tra cui BankTrack, Oil Change International e Sierra Club, Banking on Climate Change 2019 (allegato in basso), rivela che 33 banche tra le più grandi di tutto il mondo, da quando sono stati firmati gli accordi di Parigi sul clima, hanno aumentato i finanziamenti alle società che operano nei diversi settori dei combustibili tradizionali.
Dall’estrazione degli idrocarburi con il fracking (vedi anche qui) alle miniere di carbone, passando per l’esplorazione di nuovi giacimenti di gas e petrolio nell’Artico, nelle acque più profonde e nelle sabbie bituminose, le risorse fossili hanno attirato investimenti per quasi duemila miliardi di dollari negli ultimi tre anni, di cui 654 miliardi nel 2018, in crescita rispetto al 2017.
E circa 600 miliardi di $ in totale, evidenzia il rapporto, sono serviti a finanziare le cento compagnie che più di tutte stanno espandendo la produzione di quelle materie prime (carbone, petrolio, gas) maggiormente responsabili dell’inquinamento atmosferico su scala globale.
Guardando questi dati, in definitiva, si allontana la prospettiva di una rapida uscita dai carburanti fossili, che secondo i più recenti studi sul clima sarebbe indispensabile per avere qualche possibilità di limitare a +1,5-2 gradi centigradi il surriscaldamento terrestre.
Il rapporto di BankTrack chiarisce che le quattro banche che investono di più nel comparto fossile sono tutte americane, rispettivamente JPMorgan Chase, Wells Fargo, Citi e Bank of America.
JPMorgan in particolare, come riassume la tabella seguente tratta dal rapporto allegato (clicca per ingrandire), dal 2016 al 2018 ha destinato circa 196 miliardi di $ alle fonti fossili, il 10% del totale delle 33 banche considerate e il 29% in più dell’istituto in seconda posizione. Di tutti questi soldi “sporchi” di JPMorgan, ben 67 miliardi sono andati alle compagnie che stanno incrementando l’estrazione di carbone, petrolio e gas.
Nel complesso, le sei banche americane presenti nella tabella – ci sono anche Morgan Stanley e Goldman Sachs – sommano il 37% della finanza fossile a livello mondiale e sono quelle che hanno sostenuto maggiormente il potenziamento delle attività minerarie dopo l’adozione degli accordi di Parigi.
Per quanto riguarda l’Europa, la banca peggiore in termini di finanziamenti ai combustibili più inquinanti, secondo la classifica stilata da BankTrack, è Barclays al sesto posto con 85 miliardi di dollari; mentre il primo istituto cinese è la Bank of China al sedicesimo posto con 55 miliardi indirizzati alle fonti fossili in tre anni (2016-2018), di cui ben 16 al carbone, tanto da meritare il titolo di “top banker of coal power”.
Nel gruppo di 33 banche troviamo anche un nome italiano, Unicredit, con 17 miliardi di dollari complessivamente investiti in fonti fossili negli ultimi tre anni.
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